04/01/2008 19:26 |
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Kittel , vol III pp.105-106 riporta tutti gli esempi in cui nel corpus paolino e in quello pseudopaolino θεος sembra essere riferito a Gesù Cristo. Per quanto mi riguarda, paragonare il Kittel a un lavoro apologetico di uno sconosciuto non è cosa seria, questa è l'unica risposta possibile.
In quest'ottica, come θεος è a volte impiegato per descrivere altri soggetti diversi da Dio Padre (ivi compreso satana!), non vedo perché escluderne aprioristicamente l'applicazione a Gesù Cristo.
Del resto Ireneo (che pensava e scriveva in greco, ma che ci è giunto in traduzione) non è il solo a intendere Tito 2,13 secondo il principio di Sharp, ma è una linea ermeneutica che solca trasversalmente tutti i Padri. Gregorio di Nissa, grecofono, usa lo stesso passo a sostegno della divinità di Cristo nei confronti di Eunomio, un altro grecofono (c.Eun.,II,72 e III,9). Se il passo fosse dubbio alle orecchie di un parlante greco, ci sarebbero delle voci dissonanti nella patristica, che invece non esistono. Il brano fu compreso sempre nello stesso modo, e viene difficile pensare che dovevamo aspettare uno scismatico avventista americano dell'ottocento per capire ciò che si era sempre inteso in un modo.
Questo il mio empireo parere.
Cordialità,
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