Caro Mario,
teologi e filologi che si impegnano nella traduzione di determinati passi non hanno nulla da difendere, per loro la deità di Cristo è ovvia, come ti abbiamo scritto sono 1700 anni
Dunque, come abbiamo osservato io e descubridor
non esiste nessuna ragione grammaticale o "regola" che
imponga di leggere il passo in modo da riferire il theos a Gesù piuttosto che, come sarebbe ovvia, a Dio stesso.
Per cui la posizione assurda di Polidori, che contro il consesus accademico e la ragione nega l'ambiguità del passo, è puramemnte dovuta a posizioni teologiche antiariane. Se, puta caso, nel passo si parlasse di Mosè o di Davide, invece che di Gesù, nessuno criticherebbe la traduzione della TNM.
questa si che è stata tradotta in base a dei preconcetti teologici e basta esaminarla per convincersene
Non vedo di quali preconcetti parli, la distinzione tra Dio e Gesù è assolutamente normale nel NT e non presuppone nessun teologia particolare,
piuttosto è identificare Gesù con Dio che richiede il ricorso alla teologia, che deve spiegare come Gesù è Dio e cosa Paolo, un ebreo, intendesse con quella frase, laddove la traduzione della TNM è assolutamente coerente con la distinzione tra Dio e Gesù, che
è la lettura più ovvia e meno teologica in quel contesto.
Comunque ricapitolando a sostegno dell'applicazione del titolo "grande Dio" a Cristo esiste il contesto (epifaneia e il singolare che segue) i padri apostolici preniceni i quali compresero il passo in questo modo, la stragrande maggioranza delle traduzioni moderne ed infine la regola grammaticale di Sharp
Quali Padri preniceni? Ireneo non è detto che citi Paolo. Le traduzioni moderne non provano che sia obbligatorio tradurre iumn quel modo, tanto è vero che alcune se ne scostano. E la fantomatica regola di Sharp è sconosciuta nelle grammatiche.
Saluti