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Dialogo interreligioso

Ultimo Aggiornamento: 12/09/2008 14:38
16/03/2005 21:03
 
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Approfitto di un attimo di tranquillità per postare una mia relazione tenuta ad un incontro di dialogo interreligioso in linea con la mia idea e in linea con il mio comportamento nei riguardi di tutte le fedi. E’ un po’ lunga ma spero che vi faccia piacere leggerla. Per farla ho preso spunto dai testi di diversi teologi che citerò man mano in una nota bibliografica.
Molti si chiederanno perchè in questa sezione e la risposta è che probabilmente è la sezione in cui più si nota una incertezza nel voler affrontare seriamente il discorso "dialogo".
La convinzione abbastanza generalizzata nelle religioni che chi ricerca D-o con sincerità di cuore e adegua la propria vita a quanto ha scoperto circa l'Assoluto si salva, è la premessa di una convivenza pacifica e di un dialogo interreligioso. Non sempre corrisponde tuttavia a tale convincimento un giudizio positivo sulle varie espressioni reli¬giose, perché si ritiene vera solo la propria, con la possibilità di intolleranze e di rifiuti.

a) Ridefinizione dell'universalità
Il pensiero illuminista aveva trovato nella tolleranza una risposta al problema, con una radicale relativizzazione delle religioni fondate su rivelazioni particolari, in base all'unico criterio universale della razionalità, valore umano ritenuto valido per tutti gli uomini. Le religioni storiche non erano quindi che un pregevole mezzo per la gente semplice, ma dovevano essere ricondotte all'unica religione dell'umanità, rappresentata dall'istanza razionale etica. L'ultimo secolo ha dimostrato tuttavia la non percorribilità di tale proposta, sia per i limiti emersi nelle pretese universalistiche della filosofia e delle scienze, sia per 1'irriducibilità delle differenze che non si lasciano omologare dall'imperialismo ideologico della ragione. La convivenza umana richiede inoltre dai singoli un impegno attivo, che solo le religioni storiche sono in grado di fornire in modo universale ed incondizionato (KUNG H., Progetto per un’etica mondiale…, pp 73-77). Si impone pertanto, ai fini di una convivenza pacifica, una ridefinizione da parte delle religioni della propria universalità.
Per il singolo credente l'universalità della propria religione è un fatto irrinunciabile, appartenendo l'assolutezza della scelta all'essenza stessa della fede. Si deve tuttavia osservare che l'annuncio della verità del proprio D-o, non può avvenire se non nel confronto con altre immagini del divino e con altre pretese di verità e di salvezza. Si determina così la possibile chiusura nel proprio orizzonte particolare (integralismo) o della relativizzazione del proprio credo (sincretismo). Il superamento può avvenire solo se ciascuno è capace di andare oltre la semplice universalizzazione del proprio particolare, per trovare una verità e una universalità che è "oltre": «La religione pertanto diverrebbe universale nel movimento, mai compiuto e sempre da realizzare, di andare oltre se stessa. E questo perché la verità della religione è oltre la religione. In essa, nella sua particolarità, si annuncia una verità che essa non possiede, una verità che la supera» (BORTOLIN V., Le religioni tra affermazione della particolarità e apertura all’universalità, in Studia Patavina, nn 63-64, 2001). In altre parole si tratta di far proprio un concetto "inclusivo" di universalità, per cui si scopre che il proprio universo religioso non è estraneo a quello altrui ed anzi da quest'ultimo sollecitato ad allargare il proprio orizzonte. «In questo senso, più una religione va in profondità nella ricerca della propria verità, più è spinta ad andare oltre se stessa, riconoscendo così, anche se sempre dall'interno del proprio orizzonte, la verità delle altre religioni» (BORTOLIN V., Le religioni tra affermazione della particolarità e apertura all’universalità,…) . Ciò non è sincretismo, ma apertura, per cui il proprio particolare diventa luogo simbolico dell'universale presente nelle varie religioni. Le religioni poi, in quanto realtà umana, obbediscono a situazioni particolari, così da innervare la vita concreta, senza pretendere che tali inculturazioni siano definitive.
Si profila di conseguenza un necessario confronto fra le religioni per una continua loro purificazione e per una acquisizione sempre maggiore della propria universalità.
b) Il dialogo fra le religioni
Dialogo significa apertura reciproca senza costrizioni. Questa nuova categoria, caricatasi purtroppo di molti significati, anche spuri, ha avuto piena cittadinanza a partire dal Concilio Vaticano II. Paolo VI, nell'enciclica Ecclesiam suam (1964) tracciò di questa scelta le linee maestre durante lo svolgimento del Concilio, affermando che il concetto di dialogo andava depurato dai possibili equivoci: debolezza, irenismo, sincretismo. Egli disse che non era una moda del tempo, perché "nasceva dall'alto", cioè dal modo con il quale D-o aveva agito con l'umanità. Per questo egli affermò: «La Chiesa deve venire a dialogo col mondo in cui si trova a vivere. La Chiesa si fa parola; la Chiesa si fa messaggio; la Chiesa si fa colloquio».
Dialogo non è ricerca quindi dell'.unità ma confronto, aiuto reciproco ad essere credenti ciascuno nella propria religione; dialogo è aiuto a purificarci dagli elementi spuri che non centrano con la religione; dialogo è cammino verso 1'Assoluto che ci trascende; è spiritualità. È possibile questo? Nella dichiarazione conciliare Nostra aetate si afferma che i cristiani devono dialogare, affinché, «…rendendo testimonianza alla fede e alla vita cristiana riconoscano, conservino e facciano progredire i beni spirituali e morali e i valori socio-culturali che si trovano in essi ». Jacob Neusner precisa che dialogo, come abbiamo detto, significa allargare il proprio orizzonte fino al punto da comprendere l'orizzonte altrui (NUESNER J., Parlare di pace, fare la guerra: il paradosso delle religioni, in Religioni in dialogo per la pace, Morcelliana, Brescia, 1991).

c) Prassi del dialogo
Ci chiediamo ora quali possano essere i presupposti concreti per un rapporto dialogico e quali le forme di dialogo fra le religioni. Le diversità, è bene precisarlo, creano nel primo impatto conflittualità. Esse vengono a scombinare le nostre sicurezze e possono creare conflitti. Questi tuttavia non sono solo distruttivi, ma possono diven¬tare strumento di crescita umana. Come è possibile superare la conflittualità e tra¬sformare le difficoltà in opportunità positive?
Presupposti del dialogo. Il dialogo presuppone una lunga educazione. In primo luogo richiede che si riconosca all'interlocutore lo "statuto teologico", cioè che si consideri il credente di altra fede ricercatore di D-o e della verità come noi, cioè in buona fede (ROSSANO P., Dialogo e annuncio. L’incontro con le grandi religioni, Paoline, Cinisello Balsamo, (Milano), 1993, p 207). In secondo luogo è indispensabile evitare lo spirito proselitista, cioè la tentazione di voler conquistare l'altro con ogni mezzo. Per il cristiano è D-o che si comunica nell'universo, nella storia e nella coscienza di ogni uomo, pur avvalendosi della nostra testimonianza e quindi è indispensabile credere che la parola e la verità si impongono da sole a chi ad esse si apre sinceramente. In terzo luogo dev'essere sempre tenuta presente l'azione dello Spirito Santo, in tutte le culture e le religioni. II cristiano è attento quindi ai percorsi dello Spirito, che dà a tutti la possibilità di venire a contatto con D-o, nel modo che solo D-o conosce .
Forme còncrete di dialogo. Ci chiediamo come sia possibile dialogare. C'è un dialogo della preghiera e un dialogo degli esperti. Più importante di questi è il dialogo della vita, nel quale ci si sforza di interpretare la storia e la quotidianità non materialisticamente ma sulla base del significato che esse hanno. In questo piano è possibile un confronto dialogico fra fedi diverse molto arricchente: pensiamo a come credenti di fedi diverse possano parlare delle vittime della guerra o interpretare il dolore dell'uomo, attingendo dalle rispettive religioni la spiegazione. Affinché questo dialogo si attui però è necessaria una viva coscienza della propria storicità, la capacità di ragionare in termini antropologici e non politici e di estendere la nostra analisi alla globalità delle persone e dei popoli. Aver coscienza della storicità significa non imprigionare D-o nei nostri schemi e sentirsi sempre alla ricerca della verità. Noi non viviamo già nella gloria e dobbiamo camminare ricercando continuamente la verità. Da ciò deriva la convinzione profonda che abbiamo sempre da imparare. Le religioni non possono poi identificarsi con le alternative politiche, perché non appartengono all’egemonia e al potere, essendo proposte di salvezza rivolte alle vittime e a chi le provoca. Esse non agiscono infine in forme giustizialistiche ma di conversione e mirano alla salvezza globale, cioè di tutti e di tutto.
Su questa base Hans Küng ha proposto ripetutamente un’etica universale delle religioni sui grandi problemi della sopravvivenza.

[Modificato da Teo60 16/03/2005 21.12]

18/03/2005 19:50
 
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Beh, se posso dire la mia...ok al dialogo inter-religioso, ma decisamente NO a qualsiasi forma che veda la ricerca della Verità come una "collaborazione" fra le varie religioni.

Questo potrebbe sembrare una forma di intolleranza religiosa o di fondamentalismo.
Ma non lo è... dal punto di vista cristiano.

Il cristianesimo "non nega" ma crede nella salvezza anche al di fuori di esso.
Quindi il discorso non è di salvezza o perdizione.

Il discorso è di "attacco alla Chiesa" da parte di satana.
Satana che non è visto nelle altre religioni in particolare...ma che è visto nel profilarsi, all'orizzonte, della formazione di un unico pensiero "religioso" che ha come obbietivo secondario l'inglobare tutte le religioni...ma come scopo primario subdolo di sconfiggere la Chiesa ed il cristianesimo.
"L'umanitarismo è anch'esso una religione o, meglio, lo sta diventando. E' una religione priva del soprannaturale, è un'altra forma di panteismo" (il "panteismo" è la religione che divinizza tutta la natura: il mondo è Dio, ma naturalmente è Dio soprattutto l'uomo, che è la più alta espressione della natura.
E' quindi una religione priva del "sopra" naturale perchè, essendo la natura stessa Dio, non c'è più la distinzione fra il Creatore e la creatura; la creatura stessa è Dio, perciò è arbitra del suo destino e stabilisce da sè la legge morale."
Dies Irae - Padre Livio Fanzaga

Per capire quello che intendo dire bisognerebbe leggere il libro da me citato ("Dies Irae" di Padre Livio Fanzaga...per l'appunto)in cui Padre Livio analizza 2 testi sull'Anticristo:

"L'Anticristo" di Vladimir Soloviev

e

"Il padrone del mondo" di Robert Hugh Benson

Interrompo qui il discorso perchè lo vorrei affrontare a parte.

Comunque io non sono per una "chiusura" nei confronti delle altre religioni, ma per un'apertura che tenga conto del fatto che la Verità è qualcosa alla quale si giunge solo puntando alla Stella Polare e al vicario in terra di tale Stella...il Papa.

Il compromesso religioso lo vedo come qualcosa di nettamente negativo.
La scoperta della verità di Dio anche nelle altre religioni, invece, la vedo come qualcosa di positivo e da studiare e ricercare.
Quest'ultima, dal punto di vista cristiano, dovrebbe essere l'obbiettivo del dialogo interreligioso.

Ciao
Mauri
-----------------------------------------

Diceva Rabbi Yeudà in nome di Rav:"Dodici ore ci sono nel giorno: nelle prime tre il Santo, benedetto sia, si dedica alla Torà; nelle seconde tre giudica tutto il mondo e, quando vede che questo meriterebbe la distruzione, si alza dal trono del Giudizio e si siede su quello della Misericordia...(b'Avodà zarà 3b)
18/03/2005 20:17
 
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Re:

Scritto da: MauriF 18/03/2005 19.50



Comunque io non sono per una "chiusura" nei confronti delle altre religioni, ma per un'apertura che tenga conto del fatto che la Verità è qualcosa alla quale si giunge solo puntando alla Stella Polare e al vicario in terra di tale Stella...il Papa.






Scusa MauriF, ma se parti dal presupposto che al riconoscimento della verità si giunge solo puntando alla Stella Polare e al vicario di tale Stella, cioè al papa, non credo che poi tu sia disposto ad una così totale "apertura". [SM=g27994]m2:

Comunque leggerti è sempre un piacere, [SM=g27994]m1:


Ciao, Ebe
19/03/2005 07:50
 
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Ciao Ebe!

Io non posso slegarmi dal vangelo e staccarmi dal "pilastro e fondamento della verità"...quando mi viene detto di appoggiarmici.

Questo sarebbe non seguire un suggerimento evangelico.

Se poi Gesù ha scelto una pietra sulla quale erigere la sua Chiesa...la Chiesa di Dio.
E ci sono 2 pietre ad illuminare la Via.
La TESTATA D'ANGOLO: Gesù Cristo.
Quella sulla quale è edificata la Chiesa: Pietro ed il papa.
Io sinceramente non me la sento di misconoscere questa verità che ha voluto Gesù Cristo stesso.

Se l'apertura viene a discapito della "verità" e di un suggerimento che è quasi un comandamento...ritengo corretto, dal punto di vista cristiano, rimanere piuttosto meno aperti ma seguire la Parola di Dio.
Per rimanere coerenti con la propria scelta di fede.
Non credi?

Ciao
Mauri

ertreyt
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Diceva Rabbi Yeudà in nome di Rav:"Dodici ore ci sono nel giorno: nelle prime tre il Santo, benedetto sia, si dedica alla Torà; nelle seconde tre giudica tutto il mondo e, quando vede che questo meriterebbe la distruzione, si alza dal trono del Giudizio e si siede su quello della Misericordia...(b'Avodà zarà 3b)
23/03/2005 22:34
 
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Personalmente, anche se ovviamente come testimone di Geova dissento dal tuo credo cattolico, dimostri una coerenza
ineccepibile.

Ti esprimo la mia personale stima.



Francesco
E di sicuro combatteranno contro di te, ma non prevarranno contro di te, poiché ‘io sono con te’, è l’espressione di Geova, ‘per liberarti’”
(Geremia 1:19)
27/03/2006 11:26
 
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Mi chiedevo in questi giorni che cosa precludesse il dialogo interreligioso. Più che diaologo molte discussioni mi appaiono come dei proclami di fede, indiscutibili ed assoluti.

Sono pervenuto alla conclusione che fra religiosi non può esserci dialogo, ma solo dispute ammantate da dialogo. E' l'unica e sola soluzione che hanno a portata di mano.
IL DIALOGO E' TUTT'ALTRA COSA. ESSO PUO' AVVENIRE FRA PERSONE LIBERE E NON SCHIAVE DEL CONDIZIONAMENTO.
IL PRESUPPOSTO DI OGNI DIALOGO E' IL DUBBIO.
QUANDO IN UN DIALOGO SI METTONO IN DISCUSSIONE CONVINZIONI PROFONDAMENTE RADICATE PUO' CAPITARE DI DOVERLE DIFENDERE FINO IN FONDO, ANCHE ANIMATAMENTE.

Si può dialogare solo se si è disposti a mettere costantemente in discussione ogni nostro credo; solo se si parte dal presupposto che non possiamo essere portatori di verità assolute e solo se costantemente siamo consapevoli che le nostre profonde convinzioni potrebbero avere punti deboli, o addirittura basarsi sul nulla.
In assenza di questi presupposti più che prepararsi al dialoglo ci si prepara alla guerra ideologica senza nè vinti nè vincitori.
A meno che l'interlocutore non si disponga, con i religiosi, solo all'ascolto:
allora sì che è possibile dialogare come a loro (i credenti)è congeniale...sarebbe meglio dire sottoporsi all'indottrinamento.
Loro (i credenti) parlano, tu ascolti e poi accetti. Puoi fare anche qualche obiezione, ma poi, ricevute le risposte, non ti resta che l'unica alternativa di accettare.
Diversamente ti scontri e li perdi, oppure si creano interminabili dispute concludentesi in un nulla di fatto.
Non può essere diversamente. Il religioso, che è convinto di possedere la verità assoluta, non può per principio accettare il dialogo.

Vorrei riportare a questo proposito un pensiero di Umberto Galimberti:

"Per questo occorre il dialogo, che non è assolutamente una cosa dolce, rilassante, tranquilla, perché il dialogo è guerra. La parola «dia-logo», come tutte le parole greche che cominciano per «dia», indica la massima distanza tra due punti della circonferenza come nel caso del dia-metro, tra due posizioni di pensiero diametralmente opposte come nel caso del dia-logo. Per questo Eraclito poteva dire: «Il logos è guerra» , perché è «armonia» di opposti contrastanti che si compongono attraverso il dia-logo, dove gli opposti si fronteggiano. Si fronteggiano per capirsi, non per elidersi. Per questo ci vuole «tolleranza» che non significa tollerare la posizione dell' altro restando convinti che la nostra è quella giusta, ma ipotizzare che la posizione dell' altro possieda un grado di verità superiore al nostro, e quindi disporsi, nel confronto con l' altro, a lasciarsi modificare dall' altro."

Mi piacerebbe sentire le vostre opinioni. jyhu


Tanti saluti a tutti

Il Gabbiano
27/03/2006 14:32
 
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Mi chiedevo in questi giorni che cosa precludesse il dialogo interreligioso. Più che diaologo molte discussioni mi appaiono come dei proclami di fede, indiscutibili ed assoluti.



in non credo che siano ne indiscutibili ne assoluti , io credo invece ci sia proprio la voglia di dimostrare , è chiaro che se partiamo da preupposti completamente opposti non arriveremo a nulla , esempio io e te possiamo rispettarci , ma non dialogare sulla fede perchè , tu non credi nell'esistenza di Cristo ,mentre per me è l'opposto



Si può dialogare solo se si è disposti a mettere costantemente in discussione ogni nostro credo; solo se si parte dal presupposto che non possiamo essere portatori di verità assolute e solo se costantemente siamo consapevoli che le nostre profonde convinzioni potrebbero avere punti deboli, o addirittura basarsi sul nulla.



ma questa tua tesi può essere valida solo nel momento in vui ti dubiti su tutto ciò che è arrivato ai nostri giorni , leggi della fisica , della matematica , di tutte le discipline che vuoi , e dunque quali sicurezze quali punti da prendere come base ???



Diversamente ti scontri e li perdi, oppure si creano interminabili dispute concludentesi in un nulla di fatto.
Non può essere diversamente. Il religioso, che è convinto di possedere la verità assoluta, non può per principio accettare il dialogo.



In non credo e ti speigo , il perchè l'ignoranza religiosa porta alla discussione interminabile , alle dispute , vedi i Cattolici a cui i tdg o altre confessioni se ne fanno un boccone , la conversione a tdg è semplicemente per pregiudizio a priori , se no sai qunte conversioni avresti , sbagliate , ma ci sarebbero



Tanti saluti a tutti
Il Gabbiano



Anche a te
27/03/2006 14:43
 
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Re:

Scritto da: 1x2x 27/03/2006 14.32

in non credo che siano ne indiscutibili ne assoluti , io credo invece ci sia proprio la voglia di dimostrare , è chiaro che se partiamo da preupposti completamente opposti non arriveremo a nulla , esempio io e te possiamo rispettarci , ma non dialogare sulla fede perchè , tu non credi nell'esistenza di Cristo ,mentre per me è l'opposto

Anche a te




Innanzitutto vorrei chiarire che non corrisponde al vero che io non creda nell'esistenza di Cristo.
Detto questo, come volevasi dimostrare, io e te possiamo dialogare su tutto ciò su cui entrambi non ci facciamo portatori di verità assolute,

MA,

appena affrontiamo il discorso religioso,
su cui tu poni l'ipoteca di verità assoluta,
per tua stessa ammissione,
il discorso non approda a nulla.

Appunto!

Ma non è dialogo...è MONOLOGO!

Saluti anche a te.

Il Gabbiano
28/03/2006 14:56
 
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le radici cristiane dell'Europa??????????????

In altro thread il forista amico Teodoro Studita, in replica all'amico Gengiskhan, aveva affermato:

"Ricordati che se non ci fosse stato Carlo Martello da una parte e Bisanzio dall’altra, oggi tu staresti con le chiappe per terra prostrato verso La Mecca, e tua moglie col burka, prima di fare di queste sparate pensaci.... ",

nella convinzione che il critianesimo sia stato artefice di libertà e democrazia.

Mi piace riportare a questo punnto un post di un amico che ha riportato questa inteeressantissima notizia, a totale discredito di quanto ha affermato il nostro esperto Teodoro:

"Ho parecchio discusso sulle radici cristiane dell’Europa e sul ruolo che il cristianesimo ha assunto nella storia del vecchio continente. Il tentativo di restaurazione oggi in atto, è finalizzato a farci credere che se oggi godiamo di democrazia, senso della giustizia, diritti umani ecc… ciò sia dovuto principalmente all’influsso del cristianesimo.

Ho trovato un bell’articolo di Civotti proprio a tal proposito, lo riporto, breve e preciso, buona lettura":

"Le “radici cristiane” dell’Europa sono cosa incontrovertibile. Non meno incontrovertibile del fatto che, in grande maggioranza, gli Europei hanno la pelle bianca, o che a occidente l’Europa confina con l’Oceano Atlantico. E dei dati di fatto indipendenti dalla nostra volontà non ha senso vantarsi né vergognarsi, a meno che a questi fatti non si voglia attribuire un valore programmatico, di modello o di delimitazione
Tra le principali motivazioni che Khaled Fouad Allam ci propone con forza: c’è l’affermazione che «le nostre istanze politiche si radicano proprio nel cristianesimo» e che c’è anche «qualcosa di più profondo…: la passione per la libertà - ovvero le passioni democratiche - e il sentirsi partecipi di una storia comune, che ha fatto del cristianesimo il punto focale intorno cui l’Europa si è definita». E ancora: «L’Europa è debitrice verso il cristianesimo perché, lo si voglia o no, esso le ha dato forma, significato e valori».
Ma la Storia non dice questo. La Storia dice tutto il contrario.
La Storia dice che la democrazia, come concetto (Platone, Aristotele), è nata nell’ambiente pagano dell’antica Grecia, e nello stesso ambiente si è realizzata, simultaneamente al rigoglioso sviluppo del pensiero matematico e della Logica e ai primi progressi delle scienze della natura. La Storia dice che dalla caduta delle città-Stato greche alla rinascita delle idee democratiche e alla costituzione delle prime democrazie moderne sono trascorsi un paio di millenni e, durante almeno metà di questo lungo periodo, l’Europa è stata quasi esclusivamente soggetta a regimi autocratici od oligarchici cristiani, i cui re e imperatori hanno spesso cercato e ottenuto l’incoronazione papale. La Storia dice che la parte per noi più significativa dell’opera di Aristotele, comprendente tra l’altro la Fisica, l’Etica e la Politica, è giunta all’Europa cristiana del tardo Medio Evo e del Rinascimento, nonostante l’avversione e i divieti della Chiesa, attraverso la ritraduzione in latino delle traduzioni in arabo degli originari testi greci curate, custodite e commentate dagli studiosi arabi e, in particolare, da Avicenna nel secolo XI e da Averroe, a Cordova (allora capitale della Spagna musulmana) nel secolo successivo. Tutti riconoscono l’influenza del rinnovato interesse per l’antichità precristiana sulla formazione dell’umanesimo rinascimentale, che a sua volta ha dato origine al pensiero e alla metodologia scientifica dei tempi moderni e agli ideali di tolleranza, libertà e giustizia esaltati dall’illuminismo, nonostante l’ostinata repressione delle autorità religiose. Solo tra il 1572 e il 1605 l’Inquisizione mandò al rogo, per le loro idee, una cinquantina di eretici tra i quali Giordano Bruno. Galileo è stato processato e condannato per le sue scoperte scientifiche, Cartesio si è ritirato a lungo in Olanda per poter godere di un clima più libero, ma da quello stesso ambiente Spinoza, il primo grande filosofo moderno fautore della democrazia, ha dovuto ricorrere a mille cautele per riuscire a far conoscere il proprio pensiero, a causa della minacciosa ostilità delle autorità religiose. Le scoperte di Darwin sono ancora oggi considerate sacrileghe in certi ambienti cristiani, e in alcuni stati degli USA qualcuno si adopera per cercar di vietarne l’insegnamento nelle scuole. La Storia dice che nei ricorrenti conflitti tra potere assoluto in stati cristiani e aneliti libertari la Chiesa si è quasi sempre schierata dalla parte del potere, e gli Stati Pontifici stessi sono stati fino alla fine un esempio di assolutismo e di arbitrio poliziesco.
La Storia dice dunque, attraverso i pochi fatti che abbiamo ricordato e innumerevoli altri che si potrebbero aggiungere, che gli ideali di democrazia, di giustizia, di libertà, di solidarietà umana ai quali l’Europa di oggi aspira e nei quali tutti gli europei di oggi vorrebbero riconoscersi, si sono fatti strada nonostante, e non grazie, alle radici cristiane. Se è vero che questi ideali sono anche, in parte, valori cristiani, si tratta di un cristianesimo ideale che almeno fino a tempi recenti poco aveva a che fare con il “cristianesimo reale”, così come il socialismo degli idealisti poco aveva a che fare con il “socialismo reale” dell’Unione Sovietica e dei suoi satelliti. E se è vero che negli ultimi 50 anni, con la svolta impressale da Giovanni XIII, la Chiesa cattolica si è in parte riavvicinata ai valori comuni del cristianesimo ideale, del socialismo ideale, dell’Islam ideale, del giudaismo ideale e della morale platonica e aristotelica, non si può, senza insultare la Storia, affermare che questo è conseguenza delle radici cristiane dell’Europa: si tratta piuttosto di un frutto derivante da quelle altre radici lontane della nostra civiltà che risalgono alla Grecia pagana e che, con il contributo essenziale, nel Medio Evo, della cultura islamica e della sua presenza nella penisola iberica (non dovrei essere io a ricordare all’islamista Khaled Fouad Allam) sono riuscite a riemergere, dopo tanti secoli di incontrastato assolutismo, di superstizione, di cruento fanatismo e di ostinata repressione, dando anche origine alla linfa che ha alimentato il rigore metodologico della scienza moderna, l’effettiva istituzione di regimi sia pur imperfettamente democratici, e i primi lenti e sofferti passi verso il superamento delle superstizioni e dei pregiudizi. Tutto questo è accaduto nonostante e a dispetto delle nostre radici cristiane."


C'è abbastanza su cui riflettere.


Il Gabbiano



28/03/2006 17:50
 
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Io, da filosofo, sostengo l’esatto contrario, ossia che la condizione necessaria per il discorso è il credere di aver ragione. Questo non significa dogmatismo, non implica cioè che se mi si dimostrasse il contrario di ciò che penso io resterei comunque intransigente nella mia posizione, sarei ben felice di cambiarla, però spetta all’altro cercare di convincermi, e non a me di deporre a priori le mie posizioni. Platone come sempre è illuminante:
“A che genere di uomini appartengo? A quello di chi prova piacere nell’essere confutato, se dice cosa non vera, e nel confutare, se qualcuno non dice il vero, e che, senza dubbio, accetta d’esser confutato con un piacere non minore di quello che prova confutando. Infatti, io ritengo che l’esser confutati sia un bene maggiore, nel senso che è meglio essere liberati dal male più grande piuttosto che liberarne altri. Niente, difatti, è per l’uomo un male tanto grande quanto una falsa opinione sulle questioni di cui ora stiamo discutendo. Se dunque anche tu sostieni di essere un uomo di questo genere, discutiamo pure; altrimenti, se credi sia meglio smettere, lasciamo perdere e chiudiamo il discorso. (Platone, "Gorgia" 458a3-b3)

Vorrei rispondere a Galimberti, che è stato mio professore all’università di Venezia e ancora mi viene la pelle d’oca quando lo sento o lo leggo:

“Si fronteggiano per capirsi, non per elidersi. Per questo ci vuole «tolleranza» che non significa tollerare la posizione dell' altro restando convinti che la nostra è quella giusta, ma ipotizzare che la posizione dell' altro possieda un grado di verità superiore al nostro”

No professore, in questo modo non sarei in grado di difendere la mia idea. Tutto quello che posso pensare è che allo stato attuale delle mie conoscenze quello che asserisco è corretto, se l’altro mi porterà delle buone argomentazioni posso cambiare la mia opinione.

Veniamo all’articolo scritto da un genio metafisico:

“La Storia dice che la democrazia, come concetto (Platone, Aristotele), è nata nell’ambiente pagano dell’antica Grecia”

Platone non è mai stato democratico, la sua “Repubblica” è un elogio del governo dei filosofi, Aristotele neppure era democratico. La democrazia greca non ha nulla a che fare con quella che intendiamo noi, infatti era diretta e non indiretta, era solo per cittadini uomini e non per donne e schiavi, ecc. Inoltre era ampiamente in mano agli uomini carismatici come Pericle, tant’è che un testimone oculare come Tucidide ci descriva la forma di governo ateniese con queste parole: “Di nome era democrazia, di fatto il governo del primo cittadino» (Storie II, 65, 9)

“e nello stesso ambiente si è realizzata, simultaneamente al rigoglioso sviluppo del pensiero matematico e della Logica e ai primi progressi delle scienze della natura.”

L’autore parla della logica stoica, ma dimentica che la logica da noi studiata oggi deriva in gran parte dalla scolastica medievale.

“La Storia dice che la parte per noi più significativa dell’opera di Aristotele, comprendente tra l’altro la Fisica, l’Etica e la Politica, è giunta all’Europa cristiana del tardo Medio Evo e del Rinascimento, nonostante l’avversione e i divieti della Chiesa,”

Costui ha un’idea molto strana del rapporto della Chiesa con Aristotele, è vero il contrario. Gli ecclesiastici erano così entusiasti di Aristotele che metà del clero era seriamente convinto che fosse stato ispirato dallo Spirito Santo.

“attraverso la ritraduzione in latino delle traduzioni in arabo degli originari testi greci curate, custodite e commentate dagli studiosi arabi e, in particolare, da Avicenna nel secolo XI e da Averroe, a Cordova (allora capitale della Spagna musulmana) nel secolo successivo”

Costui dimentica che l’Aristotele venutoci dagli arabi è solo uno confrontato ai mille casi in cui invece i benedettini hanno tramandato le opere greche e latine, permettendo l’umanesimo rinascimentale.

“che a sua volta ha dato origine al pensiero e alla metodologia scientifica dei tempi moderni e agli ideali di tolleranza, libertà e giustizia”

Il periodo moderno, cioè il seicento, ha le sue radici nelle università ecclesiastiche medioevali (giacché le università sono un’invenzione della Chiesa). Tutti i grandi fautori del metodo scientifico, Cartesio in primis, furono educati dai preti. L’humus della nascita del metodo scientifico nel seicento sono i collegi dei gesuiti, non i libercoli di qualche ateo libertino.

“agli ideali di tolleranza, libertà e giustizia esaltati dall’illuminismo”

Patrimonio del messaggio del Cristo. Trovatemi questi ideali nella società romana se ci riuscite.

“Solo tra il 1572 e il 1605 l’Inquisizione mandò al rogo, per le loro idee, una cinquantina di eretici tra i quali Giordano Bruno.”

Non è esatto, Giordano Bruno era accusato anche di omicidio. L’eresia era solo uno dei capi d’accusa.

“Galileo è stato processato e condannato per le sue scoperte scientifiche”

No, anche perché l’eliocentrismo era un’ipotesi già pacificamente discussa nelle università pontificie. Il “De revolutionibus” di Copernico è di decenni prima, e ottenne l’imprimatur dei domenicani pur sostenendo l’eliocentrismo. Com’ è stato appurato dagli ultimi vent’anni di storiografia il problema di Galileo non era quello che diceva ma come lo diceva, cioè mentre Copernico aveva presentato le sue idee come ipotesi, Galileo le aveva presentate come certezze (e certezze non erano, visto che l’unica prova che portò al processo pro-eliocentrismo, le maree, era sbagliata, e avevano ragione gli inquisitori a replicargli che non erano causate dal moto della terra ma dalla luna). La grande coperta di Galileo non è una prova che mandi in frantumi l’eliocentrismo, bensì qualcosa che mandi in frantumi la fisica aristotelelica, la relatività galileiana (l’esempio del viaggio in sottocoperta su una barca che amava tanto fare).

“da quello stesso ambiente Spinoza, il primo grande filosofo moderno fautore della democrazia, ha dovuto ricorrere a mille cautele per riuscire a far conoscere il proprio pensiero, a causa della minacciosa ostilità delle autorità religiose”

Costui gioca sull’ignoranza del suo prossimo, evitando di dire che Spinoza era ebreo e che a scomunicarlo non fu la Chiesa bensì la comunità ebraica, per varie ragioni, quella ufficiale (e forse falsa) il rifiuto dell’immortalità dell’anima e la concezione immanentistica del divino.

“Le scoperte di Darwin sono ancora oggi considerate sacrileghe in certi ambienti cristiani”

Costoro non fanno testo rispetto alla posizione del magistero.

“La Storia dice dunque, attraverso i pochi fatti che abbiamo ricordato”

Il vizio è proprio questo, ricordare sempre le ombre(per giunta in modo distorto) e mai le luci, altrimenti si vedrebbe che l’attivo supererebbe in modo esponenziale il passivo.
Il problema è che chi legge simili articoli pieni d’imprecisioni qualora non abbia una formazione storica sarebbe capace di bersi tutto; come sempre solo l’istruzione (specie quella classica), salva dalle fanfaluche. Le prove “inconfutabili” di quest’articolo sembrano tali solo a chi non ha gli strumenti per giudicare se quello che legge è vero o falso. Nel nostro caso si tenta di fare una genealogia del pensiero europeo, e dunque si esigerebbe che almeno un paio d’esami di filosofia siano nel curriculum di chi voglia discutere seriamente di questi problemi.

Ad maiora
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Ά όταν έκτιζαν τα τείχη πώς να μην προσέξω.
Αλλά δεν άκουσα ποτέ κρότον κτιστών ή ήχον.
Ανεπαισθήτως μ' έκλεισαν απο τον κόσμο έξω
(Κ. Καβάφης)
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