Scritto da: (Upuaut) 26/04/2007 11.49
Anzi, a dirla tutta, penso proprio sia una grandissima stupidaggine. E discriminare le coppie di fatto perchè qualcuno dice stupidaggini è quantomeno seccante...
A dire il vero mi sembra che questo tipo di linguaggio si addica di più a quello che hai scritto tu. Ad ogni modo, è chiaro che di dimostrazioni empiriche non se ne possono dare, NE' in un senso, NE' nell'altro. Al massimo si possono fornire delle argomentazioni, basate sulla logica, più o meno condivisibili a seconda dei punti di vista di partenza, una realtà quest'ultima che sembra esserti perlopiù sconosciuta.
Le separazioni e gli aborti avvengono comunque, pur non essendo legalizzati. Legalizzare divorzio e aborto è (pure questo) una questione di civiltà, dato che permette a coppie in crisi di rifarsi una vita, e a donne che devono abortire di farlo in completa sicurezza, igiene e omprensione psicologica.
Dire che legalizzare l'aborto incentiva gli aborti significa dire una cretinata, dato che è certamente e palesemente falso. Per non parlare poi dell'espressione "olocausto di nascituri", che è una bieca demonizzazione del DIRITTO all'aborto. In realtà è un controsenso parlare di "olocausto di nascituri", dato che un embrione, molto semplicemente, non è una persona.
E' ancora una volta la tua opinione. Per me l'embrione è una persona a tutti gli effetti e come tu troveresti incivile il mancato riconoscimento del diritto all'aborto, io invece trovo incivile il suo riconoscimento e provo sdegno per il fatto che una tale barbarie sia permessa e persino applaudita in un Paese civilizzato come il nostro. Il problema comunque non è tanto il singolo aborto o la singola separazione di una coppia, avvenimenti che, come giustamente fai notare, sempre ci sono stati e sempre ci saranno. Il problema è che una volta che è stata fatta una pronunciazione ufficiale da parte del legislatore su un tema eticamente sensibile, la legge non è andata a regolare solo quei casi già senza speranza, ma ha creato o rafforzato una mentalità comune che ha portato a far percepire quel tipo di scelta sempre e comunque lecita e opportuna, anche quando non lo è affatto.
Infatti, se prima ci si pensava bene prima di divorziare e si cercava di farsi forza per uscire dalle crisi di coppia ricordandosi della solenne promessa fattasi il giorno del matrimonio e rafforzando così l'unione grazie al superamento dei momenti difficili, è innegabile che la mentalità divorzista che la legge sul divorzio ha contribuito a diffondere, abbia fatto sì che al giorno d'oggi molte coppie di sposi non si facciano problemi a mollarsi su due piedi alla prima incomprensione, anche in situazioni in cui la relazione, con un po' d'impegno, non sarebbe affatto naufragata, ma anzi sarebbe continuata felicemente nel tempo più forte di prima.
Altrettanto succederebbe anche allorchè fosse introdotta una legge sul riconoscimento delle coppie di fatto: diventerebbe una cosa "normale" dare vita a rapporti precari, basati sulle esigenze individuali del momento e slegati da un progetto di unione stabile e duratura, di una famiglia basata sul matrimonio che è cellula fondamentale della società anche per la nostra Costituzione. Convivere avrebbe lo stesso valore che sposarsi se ci fosse un'equiparazione tra coppie di fatto e famiglie tradizionali e il matrimonio perderebbe quel suo valore sacrale che ha anche di fronte allo Stato.
Vale la pena forse di ricordare che il nostro Paese è l'ultimo in Europa per tasso di natalità. Stiamo andando verso il suicidio demografico. Meno persone nasceranno in futuro, più problemi ci saranno per l'intera società, per l'economia, per il pagamento delle pensioni a quei tanti che nel frattempo saranno invecchiati e lo Stato sociale dovrà essere gradualmente smantellato, con conseguenze nefaste per tutti e soprattutto per i più deboli. Ora mi pare evidente che la precarietà dei rapporti di coppia, quali quelli tra conviventi, 1: non favorisca le nascite; 2: incida negativamente anche su quei figli che, statistiche alla mano, nelle coppie precarie crescono con molti più problemi di quelli che invece hanno alle spalle una famiglia solida e unita.
Quindi perchè introdurre una legge che renderà dominante questo tipo di mentalità, quando si possono riconoscere quei diritti che mancano ai conviventi (etero e gay) in maniera più soft e senza stavolgimenti sociali?
E' chiaro che lo scontro è puramente ideologico. Chi fa propaganda omosessualista non si accontenta di vedersi riconosciuti certi diritti basilari di convivenza civile e le seguenti parole di Upuaut lo confermano in pieno. Si usa la storiella della discriminazione come scusa per diffondere un'IDEOLOGIA e per imporla al resto della società sotto mentite spoglie di un atto di nobile progresso.
Il matrimonio tra gay è certamente la conquista che anche l'Italia dovrà prima o poi raggiungere, se si vuole definire un paese veramente libero, laico e tollerante.
Completamente in disaccordo. Libertà non è affatto sinomino di liceità di fare tutto ciò che si ritiene opportuno. E finiamola di propagandare l'ideologia omosessualista dando per scontato che sia caratterizzante della laicità dello Stato. Non sta scritto da nessuna parte che essere laici significhi essere favorevoli al riconoscimento delle coppie di fatto, tantomeno di quelle omosessuali, nè che i cattolici siano gli unici contrari al riconoscimento di questo tipo di unioni. Si può essere laici (e persino atei anticlericali) ed essere comunque contrari alle coppie omosessuali, ne conosco a bizzeffe. E finiamola anche di dare in continuazione di intollerante o di discriminante o di omofobo (cosa c'entrerà poi la omo-fobia, che alla lettera è la paura dei gay??) a chiunque esprima giudizi contrari alla mentalità omosessualista emergente! Considerare sbagliate le unioni gay non significa provare odio per nessuno. Difatti, si può condannare il comportamento di una persona pur continuando a rispettarla nel profondo e ad amarla, per quanto ne possiamo essere capaci, proprio in quanto persona.
Non concedere questo diritto è solo discriminazione.
Sarebbe discriminazione se si volesse disconoscere ai gay il diritto di lavorare, di istruirsi o di curarsi, ma impedire loro di sposarsi e di equiparare la loro unione a quella della famiglia tradizionale è una sana proibizione! Occorre che una società che si vuole definire veramente civile si ponga dei limiti etici minimi che tutti siano tenuti a rispettare, secondo princìpi prestabiliti. Se questi princìpi non vengono fissati con fermezza, cosa impedirà oggi o un domani a qualcuno di venirsene fuori dicendoci che è giusto l'incesto, o la poligamia, o la pedofilia?