Per Spirito
Iniziamo con Trento e con l’ovvia osservazione per gli esperti di dogmatiche che il testo considera Adamo come un personaggio storico, ma non lo DEFINISCE quale personaggio storico. Poiché ho appena tenuto una discussione fotocopia sul forum di Achille riporto qui quello che scrissi in quella sede, con alcune integrazioni.
In primis vorrei chiarire quanto detto sopra sul fatto che il Concilio di Trento non “definisce” l’esistenza di Adamo. Si intendeva cioè che le eresie che aveva in mira il Concilio di Trento erano ben altre, come ad esempio la non trasmissione per generazione del peccato originale; nessuno si sognava infatti tra i cristiani di dire che Adamo non era mai esistito, non c’è cioè nei decreti conciliari scritto: “se qualcuno dice che Adamo è un simbolo, sia anatema”, Adamo è presentato sullo sfondo, come un tacito presupposto neppure discusso. In questo senso il Concilio di Trento parla implicitamente di Adamo come di un uomo esistito, ma non definisce dogmi sulla sua esistenza, bensì su che cosa si trasmetta e su come si trasmetta. Adamo è presupposto nel discorso, non è neppure in questione la sua esistenza concreta, perché il testo ha un altro fine. Ci sarebbe un dogma se il testo dicesse esplicitamente che è contrario alla dottrina cattolica affermare che Adamo non è esistito, ma qui il testo dice solo che è contrario alla dottrina cattolica affermare che non abbia trasmesso la morte. Se dunque Adamo è lo sfondo presupposto e non definito bisogna vedere chi sia questo Adam. Adam è un termine ebraico che rimanda alla terra e significa “uomo”, negli strati più primitivi del racconto della Genesi non c’è neppure Adamo come nome proprio, accostato ad una certa Eva, bensì semplicemente adam quale designazione dell’uomo generico. Se è così si può conservare tutto ciò che Trento dice, ossia che gli uomini (adam) trasmettono con la generazione il peccato, e che questo peccato è la morte, perché Adamo non è più il nome di un singolo individuo ma dell’uomo in quanto tale, e dunque dell’insieme degli uomini. Il Concilio ha definito dogmaticamente delle verità con il linguaggio del suo tempo. Veniamo ora a Pio XII.
Le Encicliche non sono più infallibili della Bibbia, se dunque la Dei Verbum afferma che la Bibbia stessa va compresa in relazione alle categorie mentali dell’agiografo, come non fare tanto più lo stesso ragionamento con un enciclica fallibile? Cerchiamo di guardare a cosa viene detto e non alle categorie con cui viene espresso. Vorrei segnalare che Giovanni Paolo II ha dato i seguenti parere dell’enciclica citata:
“Per quanto riguarda l'aspetto puramente naturalistico della questione, già il mio indimenticato predecessore papa Pio XII richiamava l'attenzione del 1950, nella sua enciclica Humani generis , sul fatto che il dibattito sul modello esplicativo di “evoluzione” non viene ostacolato dalla fede se questa discussione rimane nel contesto del metodo naturalistico e delle sue possibilità. Egli sottolinea il limite della portata di questo metodo quando afferma che il magistero della Chiesa non vieta “che in conformità dell'attuale stato delle scienze e della teologia, sia oggetto di ricerche e di discussioni, da parte dei competenti in tutti e due i campi, la dottrina dell'evoluzionismo, in quanto cioè essa fa ricerche sull'origine del corpo umano, che proverrebbe da materia organica preesistente (la fede cattolica ci obbliga a ritenere che le anime sono state create immediatamente da Dio). Però questo deve essere fatto in tale modo che le ragioni delle due opinioni, cioè di quella favorevole e di quella contraria all'evoluzionismo, siano ponderate e giudicate con la necessaria serietà, moderazione e misura” (cf. DS 3896). In base a queste considerazioni del mio predecessore, non creano ostacoli una fede rettamente compresa nella creazione o un insegnamento rettamente inteso dell'evoluzione: l'evoluzione infatti presuppone la creazione; la creazione si pone nella luce dell'evoluzione come un avvenimento che si estende nel tempo - come una “creatio continua” - in cui Dio diventa visibile agli occhi del credente come Creatore del Cielo e della terra.” (Discorso ai partecipanti al Simposio internazionale “Fede cristiana e teoria dell'evoluzione”, Roma, 26 aprile 1985)
E ancora sempre Giovanni Paolo II:
“Prima di proporvi qualche riflessione più specifica sul tema dell'origine della vita e dell'evoluzione, desidero ricordare che il Magistero della Chiesa si è già pronunciato su questi temi, nell'ambito della propria competenza.
Citerò qui due interventi.
Nella sua Enciclica Humani generis (1950) il mio predecessore Pio XII aveva già affermato che non vi era opposizione fra l'evoluzione e la dottrina della fede sull'uomo e sulla sua vocazione, purché non si perdessero di vista alcuni punti fermi (cfr AAS 42, 1950, pp. 575-576).
Da parte mia, nel ricevere il 32 ottobre 1992 i partecipanti all'Assemblea plenaria della vostra Accademia, ho avuto l'occasione, a proposito di Galileo, di richiamare l'attenzione sulla necessità, per l'interpretazione corretta della parola ispirata, di una ermeneutica rigorosa. Occorre definire bene il senso proprio della Scrittura, scartando le interpretazioni indotte che le fanno dire ciò che non è nelle sue intenzioni dire. Per delimitare bene il campo del loro oggetto di studio, l'esegeta e il teologo devono tenersi informati circa i risultati ai quali conducono le scienze della natura (cfr AAS 85, 1993, pp. 764-772); Discorso alla Pontificia Commissione Biblica, 23 aprile 1993, che annunciava il documento su l'interpretazione della Bibbia nella Chiesa; AAS 86, 1994, pp. 232-243).
4. Tenuto conto dello stato delle ricerche scientifiche a quell'epoca e anche delle esigenze proprie della teologia, l'Enciclica Humani generis considerava la dottrina dell'"evoluzionismo" un'ipotesi seria, degna di una ricerca e di una riflessione approfondite al pari dell'ipotesi opposta. Pio XII aggiungeva due condizioni di ordine metodologico: che non si adottasse questa opinione come se si trattasse di una dottrina certa e dimostrata e come se ci si potesse astrarre completamente dalla Rivelazione riguardo alle questioni da essa sollevate.
Enunciava anche la condizione necessaria affinché questa opinione fosse compatibile con la fede cristiana, punto sul quale ritornerò.
Oggi, circa mezzo secolo dopo la pubblicazione dell'Enciclica, nuove conoscenze conducono a non considerare più la teoria dell'evoluzione una mera ipotesi. È degno di nota il fatto che questa teoria si sia progressivamente imposta all'attenzione dei ricercatori, a seguito di una serie di scoperte fatte nelle diverse discipline del sapere. La convergenza non ricercata né provocata, dei risultati dei lavori condotti indipendentemente gli uni dagli altri, costituisce di per sé un argomento significativo a favore di questa teoria. […]È in virtù della sua anima spirituale che la persona possiede, anche nel corpo, una tale dignità. Pio XII aveva sottolineato questo punto essenziale: se il corpo umano ha la sua origine nella materia viva che esisteva prima di esso, l'anima spirituale è immediatamente creata da Dio ("animas enim a Deo immediate creari catholica fides nos retinere iubet", Enciclica Humani generis, AAS 42, 1950, p.575).
Di conseguenza, le teorie dell'evoluzione che, in funzione delle filosofie che le ispirano, considerano lo spirito come emergente dalle forze della materia viva o come un semplice epifenomeno di questa materia, sono incompatibili con la verità dell'uomo. Esse sono inoltre incapaci di fondare la dignità della persona.
6. Con l'uomo ci troviamo dunque dinanzi a una differenza di ordine ontologico, dinanzi a un salto ontologico, potremmo dire. Tuttavia proporre una tale discontinuità ontologica non significa opporsi a quella continuità fisica che sembra essere il filo conduttore delle ricerche sull'evoluzione dal piano della fisica e della chimica? La considerazione del metodo utilizzato nei diversi ordini del sapere consente di conciliare due punti di vista apparentemente inconciliabili. Le scienze dell'osservazione descrivono e valutano con sempre maggiore precisione le molteplici manifestazioni della vita e le iscrivono nella linea del tempo. Il momento del passaggio all'ambito spirituale non è oggetto di un'osservazione di questo tipo, che comunque può rivelare, a livello sperimentale una serie di segni molto preziosi della specificità dell'essere umano. L'esperienza del sapere metafisico, della coscienza di sé e della propria riflessività, della coscienza morale, della libertà e anche l'esperienza estetica e religiosa, sono però di competenza dell'analisi e della riflessione filosofiche, mentre la teologia ne coglie il senso ultimo secondo il disegno del Creatore.” (22 Ottobre 1996 Ai Membri della Pontificia Accademia delle Scienze riuniti in Assemblea Plenaria)
Nella teologia cattolica si parla ancora abitualmente di “Adamo”, e lo fa normalmente chi è evoluzionista, ma lo si intende come “l’uomo”, basta sapere che cosa si intende con questa forma semplificata per non fraintendere i testi del catechismo che ne parlano. A questo proposito cito da un commento alla genesi di mons. Ravasi:
(Da “Conoscere la Bibbia” di mons. Gianfranco Ravasi, tratto dalle edizioni tenute al centro San Fedele di Milano, EDB)
Persino l’attuale papa usa Adamo nel senso dell’intera umanità:
«Adamo, questo termine nella Bibbia esprime l’unità di tutto l’essere “uomo”, tanto che si parla dell’idea biblica di una “personalità corporativa” […] Categorie come peccato ereditario, risurrezione della carne, giudizio universale, ecc., si possono intendere unicamente a partire da qui, perché il luogo del peccato ereditario va individuato proprio n questo reticolao collettivo che preesiste come dato spirituale all’esistenza del singolo, non in qualche eredità biologica che si trasmette fra individuo del resto completamente separati gli uni dagli altri, Parlare di esso vuole appunto dire che nessun uomo può più cominciare dal punto zero, da uno
status integritatis(completamente non toccato dalla storia).» (J. Ratzinger, Introduzione al cristianesimo, Brescia, 2005, Queriniana, pagg. 226.240)
Si vedano poi anche questi passi del Catechismo:
"La creazione non è uscita dalle mani del Creatore interamente compiuta" (n. 302). Dio ha creato un mondo non perfetto, ma "in stato di via verso la sua perfezione ultima. Questo divenire nel disegno di Dio comporta con la comparsa di certi esseri la scomparsa di altri, con il più perfetto anche il meno perfetto, con le costruzioni della natura, anche le distruzioni" (n. 310)
Gerhard Ludwig Muller, autore del tratto “Dogmatica cattolica”, il più diffuso manuale di dogmatica in ambito universitario, così commenta l’idea del poligenismo nel precedente magistero:
“Nell’enciclica
Humani generis del 1950 Pio XII dichiarò che “non si vede” come il poligenismo possa essere conciliato con al dottrina rivelata del peccato originale. (DS 3897)
Tale affermazione non va certo interpretata nel senso che il monogenismo è una parte costitutiva del dogma. Qui può trattarsi solo di un “factum dogmaticum”, di una condizione esteriore della possibilità della consistenza dell’affermazione dogmatica.
Ma l’idea teologica della creazione non è affatto legata all’idea di una costanza della specie, frutto di un atto della creazione categorialmente concepito. La creazione, quale relazione trascendentale, va posta in rapporto all’evoluzione continua, che è orientata all’autotrascendenza di una soggettività spirituale e libera, che chiamiamo uomo.
Gli uomini costituiscono
una unità come specie biologica e con la loro unità spirituale costituiscono la storia quale spazio dell’intercomunicazione e dell’interazione.
L’unità della storia dell’umanità e la sua dipendenza dall’origine, necessarie per il dogma del peccato originale, sono così sufficientemente garantite.
Tale unità non poggia su una teoria biologica di un’unica coppia di progenitori esistente all’inizio o della derivazione dell’umanità da una o più popolazioni di primati.” (G. L. Muller, Dogmatica cattolica. Per lo studio e la prassi della teologia, pp 197-19
Dunque eredità fra tutti gli uomini (come vuole Trento), ma eredità non biologica bensì storica, perché nessuno viene al mondo immacolato e vergine come la Dea Afrodite che nacque dalla spuma del mare vicino all’isola di Zacinto. Chi viene al mondo si trova come tutti noi nello stato di decadenza e mancanza di grazia nel quale ci troviamo.
Veniamo ora alle altre discussioni:
“Veramente in altre discussioni hai detto che poiché Dio è perfetto ha creato un essere perfetto”
Dove?
“l’uomo che poi si è corrotto attraverso le sue scelte e che non poteva un Dio perfetto che creare un ente perfetto con un perfetto libero arbitrio.”
Che l’uomo si sia corretto attraverso le sue scelte quando giunto alla possibilità di scegliere è indubbio, ma dove io abbia detto che i primi uomini fossero perfetti mi sfugge proprio, a meno che non stessi usando perfetto nel suo sento etimologico, ossia ciò che è compiuto in sé stesso, cioè nell’accezione che ne da Spinoza dicendo che tutto è perfetto così com’è, dove cioè perfetto non equivale ad onnipotente ma a “finito” nel senso di “compiuto”.
“Abbiamo un Dio non onnipotente dunque.”
Non perché gli manchino i poteri per farlo ma per la stessa ragione per chi un triangolo non può essere un quadrato. Se Dio è il bene per essenza non può fare il male perché è una contraddizione.
“Ma questo contrasta con l’idea della corruzione dell’uomo. Se l’uomo è sempre stato così non vi è alcun peccato originale.”
Non c’è alcun peccato originale se tu ti ostini a dargli una data e ad attribuirlo ad un individuo. L’uomo quando ha acquisito la distinzione tra bene e male ha scelto il male, questo è ciò che si inde con peccato, la scelta di potere fare a meno di Dio. Tutto ciò si pone agli albori dell’umanità e non esiste un uomo che non abbia mai fatto il male. Se guardiamo all’idea stessa di Adamo interso letteralmente non esiste una generazione senza peccato originale, è Adamo stesso che nella sua vita ha sbagliato. Dunque non è mai esistita una generazione di uomini senza peccato, si intende solo dire che nell’arco dei secoli in cui s’è acquistata progressivamente la coscienza morale quanto più tale spessore di “leggi morali” cresceva tanto più era possibile trasgredirle e non attenersi agli standard che ci si era dati. Infatti si parla di peccato originale diacronico perché non è un momento ma un’estensione temporale. .
“Oh ! Perfetto. Allora ci siamo. Se perde di significato che si nasce col peccato originale, perde di significato, il concetto di battesimo così come è stato finora concepito dai cattolici.”
Non vedo come. Quando si dice che il battesimo cancella il peccato originale non si intende più il peccato in senso biologico e cosale, come se fosse un ente che permea in qualche modo l’uomo, bensì si intende che il battesimo è l’irruzione della grazia di Dio della vita, e se il peccato originale è appunto il vivere della società
etsi deus non daretur tale grazia consiste nella possibilità di essere sorretti dalla gratuita grazia del Signore nella vita per vivere senza secolarismo. Paolo dice che Cristo è il nuovo Adamo, e poi dice che noi siamo uno in Cristo, come i tralci sono un “uno differenziato in se stesso” nella vite. Il battesimo ha di mira la collettività del peccato originale esattamente come la redenzione di Cristo ha di mira tutta l’umanità, siamo tutt’uomo sotto le stelle.
“Questo è facilmente falsificabile, basti vedere i singoli nati e vissuti isolati dal mondo.”
E’ impossibile essere fuori dal peccato, perché coinvolge tutta la creazione: “sappiamo bene infatti che tutta la creazione geme e soffre fino ad oggi nelle doglie del parto; essa non è la sola, ma anche noi, che possediamo le primizie dello Spirito, gemiamo interiormente aspettando l'adozione a figli, la redenzione del nostro corpo" (Rm 8,21-23)
“Anzi se fossi così gentile da proporre qualche esempio di Kung e di contro argomentazione proposta da Ratzinger sarebbe cosa gradita ai più, credo.”
Troppo lungo.
“Le regole che abbiamo noi oggi sono dagli uomini, le regole che teoricamente aveva Adamo erano da Dio direttamente, difatti è la disobbedienza diretta a Dio che fece nascere il peccato originale”
Premetto che io non credo affatto che le regole che abbiamo oggi siano “dagli uomini”, perché ciò che ha forgiato la coscienza dell’Europa e i suoi valori è la Bibbia.
Non vedo come questa tua affermazione contrasti con quanto ho detto, ossia che solo dopo l’apprendimento di una regola ci può essere la sua trasgressione, infatti Gesù perdona i suoi carnefici proprio perché non sapevano quello che facevano. Non ho senso la tua dicotomia “regole da Dio” e “regole non da Dio” nella mia discussione, sia perché quel racconto è mitico e dunque non esiste alcuna voce che piove dall’alto e dice “non magiare quel frutto”, infatti è solo la metafora per dire che c’è conoscenza della differenza tra lecito e illecito, sia perché la coscienza morale di qualunque uomo in prospettiva cristiana non è egocentrata ma è la voce dell’anima e dunque di Dio, ovviamente in una evoluzione compatibile col contesto storico.
“Ma finiscono all’inferno se non battezzati……come mai ?”
E dove l’avresti letto nel nostro catechismo? Dal CCC 1261: “Quanto ai bambini morti senza Battesimo, la Chiesa non può che affidarli alla misericordia di Dio, come appunto fa nel rito dei funerali per loro. Infatti, la grande misericordia di Dio, « il quale vuole che tutti gli uomini siano salvati » (1 Tm 2,4), e la tenerezza di Gesù verso i bambini, che gli ha fatto dire: « Lasciate che i bambini vengano a me e non glielo impedite » (Mc 10,14), ci consentono di sperare che vi sia una via di salvezza per i bambini morti senza Battesimo. Tanto più pressante è perciò l'invito della Chiesa a non impedire che i bambini vengano a Cristo mediante il dono del santo Battesimo.”
All’inferno proprio no, di solito la teologia cattolica parlava di Limbo, ma non c’è alcun dogma su questo e la maggior parte dei teologi (attuale papa compreso) non ci crede.
“o capito, si condanna prima che agisca ? addio libero arbitrio.”
Il peccato originale non è questione di agire ma di trovarsi ad essere-con. E non è una condanna ma la constatazione che è impossibile con le sole forze umane esser perfetti.
Ad maiora