Pedofilia

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Sasori
00domenica 24 giugno 2007 17:56
>>I preti nel mondo sono circa 500.000, e i casi denunciati sono una minima percentuale, e quelli accertati e conclusisi con una condanna sono ancora meno: fonti attendibili, non di parte, stabiliscono allo 0,3 per cento del clero, quindi 3 sacerdoti ogni mille.

Ma 3 sacerdoti pedofili ogni mille è tantissimo, credo che in nessun altra categoria (panettieri, operai, impiegati, etc.) ci siano 3 pedofili ogni mille.
Viviana.30
00lunedì 25 giugno 2007 14:37
Re:

Scritto da: Sasori 24/06/2007 17.56
>>I preti nel mondo sono circa 500.000, e i casi denunciati sono una minima percentuale, e quelli accertati e conclusisi con una condanna sono ancora meno: fonti attendibili, non di parte, stabiliscono allo 0,3 per cento del clero, quindi 3 sacerdoti ogni mille.

Ma 3 sacerdoti pedofili ogni mille è tantissimo, credo che in nessun altra categoria (panettieri, operai, impiegati, etc.) ci siano 3 pedofili ogni mille.



invece ti dirò io penso l'incontrario , vuol dire che ci sono 600 su 500.000 (ripeto sono contro la pedofilia) però diamo dati seri almeno per quello che ci è dato sapere
Sasori
00lunedì 25 giugno 2007 19:25
>>vuol dire che ci sono 600 su 500.000

il calcolo esatto è 1500, dunque più del doppio di 600, ma ripeto, quello che sconvolge non è il numero assoluto ma la proporzione, in nessun'altra categoria, dai panettieri agli idraulici agli impiegati agli ingegneri etc., ci sono 3 condannati per pedofilia ogni mille.


>>però diamo dati seri almeno per quello che ci è dato sapere
quei dati li ha forniti monsignor Raffaello Martinelli, Officiale alla Congregazione per la Dottrina della Fede, quindi credo siano dati seri.
(Upuaut)
00martedì 26 giugno 2007 15:21
Si prega di rileggere:

www.cristianesimo.it/paparatz.htm

Justeee
00mercoledì 27 giugno 2007 19:41
Re:

il calcolo esatto è 1500, dunque più del doppio di 600, ma ripeto, quello che sconvolge non è il numero assoluto ma la proporzione, in nessun'altra categoria, dai panettieri agli idraulici agli impiegati agli ingegneri etc., ci sono 3 condannati per pedofilia ogni mille.



si hai ragione il calcolo fatto da Viviana era sbagliato , però non evadiamo , fai una affermazione che ha dell'incredibile NESSUNA di quelle categotia ha dei dati cosi come la chiesa ?? , ma stai scherzando o cosa
(Upuaut)
00giovedì 28 giugno 2007 11:26
Re:

Scritto da: Sasori 27/06/2007 21.02


No, non sto scherzando, è quello che penso.



Ma al di là di questo, il vero scandalo non sta affatto nella quantità di pedofili presenti nella Chiesa Cattolica, bensì nel fatto che questi vengano NASCOSTI e PROTETTI dalla Chiesa Cattolica stessa.
Questo vuol dire che potrebbe anche essercene solo uno, di prete pedofilo (in realtà sono migliaia), che lo scandalo ci sarebbe comunque. E lo sdegno sarebbe più che meritato!

Lo scandalo è l'omertà sulla pedofilia non la pedofilia stessa: Ratzinger per 20 anni non ha quasi fatto altro.




[Modificato da (Upuaut) 28/06/2007 11.27]

presso
00domenica 15 luglio 2007 21:11
Re: Re:

Ma al di là di questo, il vero scandalo non sta affatto nella quantità di pedofili presenti nella Chiesa Cattolica, bensì nel fatto che questi vengano NASCOSTI e PROTETTI dalla Chiesa Cattolica stessa.
Questo vuol dire che potrebbe anche essercene solo uno, di prete pedofilo (in realtà sono migliaia), che lo scandalo ci sarebbe comunque. E lo sdegno sarebbe più che meritato!

Lo scandalo è l'omertà sulla pedofilia non la pedofilia stessa: Ratzinger per 20 anni non ha quasi fatto altro.



diciamo subito che non sono migliaia , e diciamo subito che c'è una marea di esposti ma nessuana condanna tranne qualche caso .. però veniamo alla questione importante

Preti pedofili, indenizzo record
da 600 milioni di dollari


Per chiudere la causa che vede alcuni sacerdoti accusati di abusi sessuali l'arcidiocesi sarebbe disposta a pagare una considerevole cifra
LOS ANGELES
L’arcidiocesi cattolica di Los Angeles avrebbe trovato un accordo da 600 milioni di dollari per chiudere la causa che vede alcuni sacerdoti accusati di abusi sessuali. Si tratta della cifra più alta mai versata per casi di abusi che coinvolgono membri della Chiesa, dopo lo scandalo che sconvolse la diocesi di Boston nel 2002.

I rappresentanti legali dell’arcidiocesi e delle presunte vittime dovrebbero annunciare ufficialmente l’accordo lunedì, giorno in cui oltre 500 casi analoghi saranno presi in considerazione dalle autorità per l’assegnazione di una giuria.

Secondo l’accordo, i cui dettagli dovrebbero essere definiti nel corso del fine settimana e che dovrà comunque essere sottoposto all’approvazione del giudice competente, dovrebbe essere anche restituita la documentazione personale relativa ai preti coinvolti.

Casi analoghi si sono verificati anche in passato. Nel 2004 la diocesi di Orange, in California, pagò 100 milioni di dollari per chiudere 90 esposti, mentre lo scorso anno la diocesi di Covington, in Kentucky, versò 84 milioni di dollari per 552 esposti.
Viviana.30
00martedì 17 luglio 2007 21:02
Pedofilia: a proposito di risarcimenti miliardari
di Massimo Introvigne
La transazione per l’astronomica cifra di 660 milioni di dollari che ha chiuso una serie di cause civili contro l’Arcidiocesi di Los Angeles per casi di veri o presunti abusi sessuali compiuti da sacerdoti contro minorenni, merita qualche commento che parta da una conoscenza realistica del sistema legale americano. È anzitutto ipocrita parlare di 660 milioni versati “alle vittime”. Una parte cospicua della somma è destinata a coprire le spese legali. Inoltre, la maggioranza delle persone che hanno agito contro l’Arcidiocesi ha sottoscritto con i propri studi legali – di solito sempre gli stessi, ormai specializzati in questo tipo di cause – patti di quota lite (contingency), cioè accordi in virtù dei quali gli avvocati non si fanno pagare per rappresentare i clienti ma intascano poi in caso di transazione o di successo una percentuale importante (spesso il cinquanta per cento) di quanto al cliente spetta a titolo di risarcimento. I patti di quota lite – che il decreto Bersani ha introdotto anche in Italia, e contro i quali hanno a lungo protestato gli Ordini degli Avvocati – sono per definizione segreti e si prestano a evidenti abusi. Ma è pressoché certo che almeno la metà, e forse ben di più, dei famosi 660 milioni sono finiti non alle vittime ma nelle capaci casse di un piccolo numero di voraci avvocati.

È anche vero che le decisioni sulle transazioni in casi di richieste di risarcimento per abusi sessuali sono ormai prese non dalle istituzioni religiose attaccate – non tutte cattoliche, dal momento che richieste di danni miliardari hanno colpito anche protestanti, induisti ed ebrei – ma dalle compagnie di assicurazione. Queste ultime – in particolare una, indiscussa leader su questo mercato – assicurano le istituzioni religiose (e non solo) contro il rischio di pagare danni per casi di abuso sessuale anche verificatisi molti anni prima della stipula della polizza. Le assicurazioni pagano una parte consistente di questi risarcimenti, ma gestiscono le transazioni e qualche volta preferiscono pagare senza discutere per poi alzare i premi, già tutt’altro che modesti, che ormai tutte le organizzazioni religiose, scolastiche e sportive degli Stati Uniti pagano per assicurarsi contro il rischio di catastrofi economiche che seguono accuse di abusi sessuali.

Lo schema – illustrato in una serie di studi fondamentali sul tema del sociologo Philip Jenkins – vede dunque in campo dal punto di vista economico due attori principali che restano poco noti al pubblico: le società di assicurazione, che pagano una buona parte dei risarcimenti (e si rifanno alzando i premi), e gli studi legali specializzati, che incassano il grosso delle somme. Né le une né gli altri sono particolarmente interessati all’accertamento della verità.

Per questo, le somme astronomiche di cui si parla – e si parlerà ancora, perché il caso di Boston su cui si sta ancora trattando non è molto più piccolo di quello di Los Angeles – in realtà ci dicono poco sulla questione dei preti pedofili, anche se sono utili a chi vuole attaccare la Chiesa con titoli sensazionali. La realtà rimane quella descritta dal rapporto del John Jay College del 2004, il più autorevole studio sul tema che tutti citano ma pochi hanno letto. In cinquantadue anni i preti americani accusati di pedofilia sono stati 958, quelli che hanno subito una condanna penale 53. Troppi: anche un solo prete pedofilo è uno di troppo, e basta a giustificare la linea di tolleranza zero di Papa Benedetto XVI sul punto e le scuse del cardinale Mahony. Ma i dati veri sono questi.
presso
00venerdì 27 luglio 2007 20:02
Solo la rabbia laicista dopo il Family day spiega perché all'improvviso il documentario dell'ottobre 2006 della BBC Sex Crimes and the Vatican abbia cominciato a circolare su Internet anche da noi, e Michele Santoro abbia deciso di farlo vedere nel suo programma Annozero, nonostante un appello contrario promosso da chi scrive e sottoscritto da ventiquattro parlamentari e ottanta docenti universitari. Il documentario, infatti, è merce avariata: quando uscì fu subito fatto a pezzi dagli specialisti.

Il 30 aprile 2001 Papa Giovanni Paolo II pubblica la lettera apostolica Sacramentorum sanctitatis tutela, con una serie di norme su quali processi penali canonici siano riservati alla giurisdizione della Congregazione per la dottrina della fede e quali ad altri tribunali ecclesiastici vaticani o locali. La lettera De delictis gravioribus firmata da Joseph Ratzinger come prefetto della Congregazione per la dottrina della fede il 18 maggio 2001 – presentata dalla BBC come un regalo ai pedofili – costituisce il regolamento di esecuzione delle norme fissate da Giovanni Paolo II. In questi testi si cita l'istruzione Crimen sollicitationis emanata dalla Congregazione per la dottrina della fede, che allora si chiamava Sant'Uffizio, il 16 marzo 1962 e oggi non più in vigore. Questa istruzione dimenticata, “scoperta” nel 2001 solo in grazia dei nuovi documenti, non si occupa principalmente di pedofilia ma del vecchio problema dei sacerdoti che abusano del sacramento della confessione per intessere relazioni sessuali con le loro penitenti. L'istruzione del 1962 non nasconde questi abusi, anzi impone a chi ne venga a conoscenza di denunciarli sotto pena di scomunica. Dispone che i relativi processi si svolgano a porte chiuse, a tutela della riservatezza sia dei testimoni sia degli imputati eventualmente innocenti. Il documentario della BBC è tutto giocato sulla confusione fra processo canonico della Chiesa (di cui solo si occupano questi testi) e processo penale dello Stato, e fra segreto del processo e segreto del delitto. Ii processi canonici sono riservati, ma le loro sentenze sono pubbliche e la Chiesa – contrariamente a quanto si è sostenuto – denuncia di norma alle autorità civili i sacerdoti della cui colpevolezza nei casi di pedofilia ritenga di avere prove certe. Certo, alcuni vescovi – a fronte anche di casi di sacerdoti innocenti ingiustamente accusati – sono stati colpevolmente garantisti in passato, adottando nei confronti di sacerdoti su cui gravavano seri indizi provvedimenti troppo blandi. Ma non si può generalizzare (negli Stati Uniti già negli anni 1980 la polizia intervenne ripetutamente perché allertata dai vescovi), e i vescovi “buonisti” sul punto sono stati rimossi o costretti a dimettersi proprio dall’allora cardinale Joseph Ratzinger.

La lettera del 2001, al contrario di quanto fa credere il documentario, crea una disciplina più severa per il caso di abuso di minori rendendolo perseguibile oltre i normali termini di prescrizione, fino a quando chi dichiara di avere subito abusi da minorenne abbia compiuto i ventotto anni (non i diciotto, come si è letto da qualche parte). E la durezza della Chiesa verso i sacerdoti accusati di pedofilia è ancora cresciuta con Benedetto XVI.

Tutte queste norme riguardano, ancora una volta, i processi canonici. Non c'entrano nulla con il diritto civile, o con il principio generale secondo cui - fatto salvo il solo segreto della confessione - chi nella Chiesa venga a conoscenza di un reato giustamente punito dalle leggi dello Stato ha il dovere di denunciarlo alle autorità competenti.

Qualcuno potrebbe obiettare che, d’accordo, il documentario della BBC contiene numerosi errori: ma non è forse vero che nella Chiesa ci sono migliaia di preti pedofili? No, non è vero. Tutti quelli che citano statistiche in questo campo usano quelle del maggiore studio americano sul tema, condotto nel 2006 dal John Jay College della City University of New York, la più prestigiosa istituzione accademica americana nel campo della criminologia. Ma non tutti le hanno capite. Lo studio parla di quattromila sacerdoti accusati negli ultimi cinquant’anni di rapporti sessuali con minorenni. Accusati non vuol dire condannati: le condanne sono state 105, in qualche caso perché si sono concluse transazioni prima del processo o perché è scattata la prescrizione, ma in molti altri perché i sacerdoti erano innocenti. Io stesso sono stato testimone in Italia di un caso drammatico: quello di don Giorgio Govoni di Modena, per la cui difesa avevo lavorato come consulente tecnico, morto d’infarto dopo che nella sua requisitoria il pubblico ministero lo aveva dipinto come un orco. La Corte d’Appello prima e la Cassazione poi lo hanno definito “totalmente innocente”. Il suo vescovo e l’Osservatore Romano lo hanno celebrato come un martire, vittima di calunnie che in questo campo non mancano, e che come si vede possono addirittura uccidere. Né si tratta di novità: quando Pio XI condannò il nazional-socialismo, l’ideologo di Hitler, Joseph Goebbels, diresse personalmente una campagna in cui fra il 1933 e il 1937 settemila preti furono accusati di pedofilia con prove così inconsistenti che gli stessi tribunali nazisti comminarono solo 170 condanne, molte delle quali peraltro ai danni di innocenti mandati a morire nel lager di Dachau.

Inoltre, i rapporti sessuali con minorenni non equivalgono alla pedofilia, definita dalle leggi e dalla medicina come reiterazione di rapporti sessuali con minori prepuberi. Se un sacerdote di trent’anni scappa con una diciassettenne tradisce certo il suo sacerdozio, ma non è un pedofilo. I veri e propri preti pedofili accusati, secondo lo studio del John Jay College, in cinquant’anni sono stati ottocento, i condannati una quarantina. Troppi, è vero: anche un solo prete pedofilo offende Dio, la Chiesa e la società, e va condannato senza se e senza ma. Parlare di migliaia di casi è però solo cattivo giornalismo. Chi invece volesse affrontare seriamente il problema dovrebbe anche citare una pagina dello studio del John Jay College che di solito si preferisce ignorare: l’81% dei sacerdoti accusati di rapporti con minori sono omosessuali. Beninteso, questo non vuol dire affatto che tutti i sacerdoti omosessuali siano pedofili, ma almeno conferma che il problema non è il celibato: del resto, ci sono percentuali simili o più alte di pedofili fra i pastori anglicani o i maestri delle scuole statali, che di norma non sono celibi. Tuttavia, quando Benedetto XVI ha raccomandato ai vescovi maggiore cautela prima di ordinare come sacerdoti seminaristi che manifestano un orientamento omosessuale, gli stessi media – compresa la BBC – che invocano misure durissime contro il rischio pedofilia hanno accusato il Papa di essere “omofobo”. Dov’è l’errore?

Per approfondire

Massimo Introvigne, Attacco a Benedetto XVI. Il Papa, la pedofilia e il documentario “Sex Crimes and the Vatican”, Fede & Cultura, Verona 2007.

(Upuaut)
00martedì 31 luglio 2007 20:39
Introvigne, il cardinale e il pedofilo / 1

Massimo Introvigne non sta risparmiando le forze per controbattere le tesi del documentario Sex, Crimes and the Vatican. Oltre all’articolo più noto, «Preti pedofili, le falsità del video Bbc» (Avvenire, 30 maggio 2007), ripreso con largo risalto da tutta la stampa integralista e ateo-clericale (e a cui è capitato il curioso incidente di venire sostanzialmente plagiato da un blogger privo di scrupoli, e ulteriormente diffuso in questo camuffamento dalla parte meno accorta della blogosfera cattolica), Introvigne si è cimentato in altre prove minori. In «Il documentario sui preti pedofili: tante bugie sul caso O’Grady», così scrive a proposito delle accuse mosse al Cardinal Roger Michael Mahony (che Introvigne chiama costantemente «Mahoney»), arcivescovo di Los Angeles, che dal 1980 al 1985 fu vescovo di Stockton e superiore di Oliver O’Grady, mentre questi commetteva i suoi crimini e veniva spostato di parrocchia in parrocchia invece di venire consegnato alla polizia:

Uno sguardo ai documenti del processo civile di secondo grado – dove i danni sono stati ridotti a meno di un terzo – mostra che O’Grady non la racconta del tutto giusta. Egli afferma – con evidente gioia degli avvocati – che il vescovo di Stockton (e oggi cardinale di Los Angeles) Roger Mahoney sapeva che era un pedofilo e, nonostante questo, lo aveva mantenuto nel ministero sacerdotale. La causa racconta un’altra storia. Mahoney diventa vescovo di Stockton nel 1980. Tra il 1980 e il 1984 deve occuparsi di tre casi di preti accusati di abusi sessuali su minori. Fa qualche cosa che stupirà i fan del documentario della BBC: non solo indaga, ma segnala i sacerdoti alla polizia. In due casi la polizia conferma che, dietro al fumo, c’è del fuoco: e i sacerdoti sono sospesi a divinis, cioè esclusi dal ministero sacerdotale. Nel terzo caso, quello di O’Grady, la polizia nel 1984 archivia il caso e dichiara il sacerdote innocente. Mahoney si limita a trasferirlo, dopo che due diversi psicologi che lo hanno esaminato per conto della diocesi hanno dichiarato che non costituisce un pericolo. Tutti sbagliano: non solo perché già nel 1976 O’Grady aveva “toccato in modo improprio una ragazzina” (tutto si era risolto con una lettera di scuse e, contrariamente a quanto dice l’ex prete, gli avvocati non hanno potuto provare che il vescovo lo sapesse) ma perché si trattava di un soggetto pericoloso, che finirà arrestato e condannato.
Errori? Certo. Complotti? È un po’ difficile sostenerlo, dal momento che il vescovo e poi cardinale Mahoney – uno dei “cattivi” del documentario – di fronte a tre preti accusati di abusi nella diocesi ne sospende due dal sacerdozio ma non il terzo, fidandosi in tutti e tre i casi delle indagini della polizia e del parere degli psicologi.




Di fronte a questo ulteriore reperto dell’eloquenza di Introvigne gli integralisti sono andati ancora una volta in estasi; ma è veramente giustificato l’entusiasmo?
In un articolo estremamente documentato apparso qualche anno fa sul New Times di Los Angeles («Mouth Wide Shut», 18 aprile 2002), il giornalista Ron Russell ha ripercorso le vicende del caso O’Grady e del ruolo che Mahony vi aveva svolto. Il reportage di Russell è basato sulle trascrizioni del processo, ed è confermato da numerosi resoconti giornalistici apparsi altrove. Seguirò da vicino il suo racconto, che gli ha fruttato in seguito un premio giornalistico; la sua qualità dovrebbe apparire evidente anche dalla mia modesta sintesi.
Tutto comincia nel 1976, con l’invito rivolto da un giovane sacerdote ai genitori di Nancy Sloan, 11 anni, a lasciare che la figlia trascorra quattro giorni con lui nella parrocchia della città di Lodi in California. Lusingati da tanta attenzione i due accettano con entusiasmo; ma quattro giorni dopo quella che si vedono tornare a casa è una bambina confusa e atterrita, che rivela di essere stata molestata ripetutamente dal suo ospite, Padre Oliver O’Grady. I due telefonano a un altro sacerdote, Cornelius DeGroot, che si rivolge subito a O’Grady, e gli strappa una confessione. Conduce quindi O’Grady dall’allora vescovo di Stockton, Merlin Guilfoyle; ma con grande sorpresa di DeGroot il vescovo non denuncia il pedofilo, né compie alcun passo per metterlo in condizione di non nuocere: si limita ad inviarlo da uno psicoterapeuta. Identiche cure vengono offerte alla bambina degli Sloan, che scelgono purtroppo di non denunciare i fatti alle autorità civili. O’Grady, secondo il copione più usato in questi casi, viene spostato in un’altra parrocchia. DeGroot, di propria iniziativa, riesce tuttavia a strappargli una lettera di scuse ai genitori di Nancy, una copia della quale finisce nel fascicolo di O’Grady.
A questo fascicolo il successore di Guilfoyle, Roger Mahony, aveva naturalmente accesso; eppure, afferma Introvigne, «gli avvocati non hanno potuto provare che il vescovo lo sapesse». Sembra però che i giurati dei due processi la pensassero in modo differente, vista la condanna al pagamento di ingenti risarcimenti comminata alla diocesi. E indubbiamente suona un po’ strano che il vescovo non abbia mai sentito il bisogno di consultare il fascicolo personale di un prete che si sarebbe ben presto trovato al centro di altre vicende scabrose, né che un uomo definito da uno dei suoi collaboratori come un «maniaco del controllo» (control freak) non conoscesse alcuna delle voci che circolavano sul conto di O’Grady nella diocesi.
Alla fine degli anni ’70 Oliver O’Grady ha ripreso la sua carriera di molestatore nella città di Turlock, ai danni di James e Joh Howard, che violenterà lungo i successivi 10 anni, assieme ad altri dei loro fratelli; non contento, avvierà una relazione anche con la signora Howard. Nell’ottobre del 1980 il marito della Howard, pur se separato ormai dalla moglie, segnala alle autorità della diocesi – di cui Mahony è vescovo da sei mesi – che il prete frequenta troppo assiduamente la ex moglie e che, soprattutto, si apparta troppo spesso con i figli. In particolare, protesta Roland Howard, O’Grady ha prelevato pochi giorni prima il figlio della coppia, di due anni, e ha trascorso la giornata assieme a lui, da solo.
Anche questa lettera finirà nel fascicolo riservato di O’Grady; e anche questa volta Mahony affermerà di non averla mai letta (Introvigne glissa sull’episodio – lo spazio, si sa, è tiranno...). Per la verità un collaboratore del vescovo, il vicario generale James Cain, avrebbe sì parlato a Mahony del fatto; ma disgraziatamente, si sarebbe limitato alla liaison con la signora Howard: neppure una parola – giura il vescovo – sui rapporti equivoci con i bambini. Mahony ha un colloquio con O’Grady, che nel 1982 viene trasferito a Stockton; ma le molestie continuano.
Nel 1984 le cose sembrano precipitare. In seguito a un episodio che rimane oscuro, O’Grady viene affidato alle cure del dr. William Guttieri, psichiatra (e, incidentalmente, parrocchiano della stessa chiesa di O’Grady). Durante una delle sedute O’Grady confessa le molestie a James Howard. Guttieri avverte Tom Shephard, avvocato della diocesi, e denuncia il prete alla polizia (la legge dello Stato glielo impone). Afferma Introvigne che la polizia «archivia il caso e dichiara il sacerdote innocente»; ma il rapporto del detective che si occupa del caso, Jerald Cranston, dice altrimenti.
Ann Howard, interrogata da lui, ammette che alcuni dei suoi figli hanno passato in più occasioni la notte con O’Grady; ma il piccolo James Howard non conferma di avere subito molestie. A Stockton il poliziotto riceve una telefonata dell’avvocato Shephard: l’episodio, lo rassicura questi, è un fatto totalmente isolato. A quanto pare, l’avvocato (che in tribunale negherà tuttavia la circostanza) avrebbe assicurato al detective che O’Grady sarebbe stato sottoposto a terapia e spostato ad un incarico dove avrebbe avuto a che fare soltanto con adulti.
In effetti, il prete viene inviato presso un altro psicoterapeuta, John Morris, a cui confessa la propria pedofilia. Per ragioni ignote, Morris non includerà questo fatto nel rapporto scritto inviato a Mahony, né in seguito sarà in grado di ricordare con sicurezza cosa avesse detto a voce al vescovo; ma scrive comunque:

Padre O’Grady rivela un grave difetto di maturazione. Non solo per quello che riguarda il sesso, ma – fatto ancora più importante – per ciò che riguarda le relazioni sociali; mostra inoltre di essere affetto da una seria depressione psicologica. Forse Oliver non è autenticamente vocato al sacerdozio.
(Father O’Grady reveals a severe defect in maturation. Not only in the matter of sex, but more importantly in the matter of social relationships, and shows a serious psychological depression. Perhaps Oliver is not truly called to the priesthood).


Un testimone confermerà al processo che era cosa ben nota all’epoca tra i preti della diocesi che O’Grady fosse un molestatore di bambini. Ma l’incredibile è già avvenuto: tre settimane prima dell’arrivo del rapporto, alla fine del 1984, O’Grady si trova già in una nuova parrocchia, San Andreas, piena zeppa di bambini. Non solo: Mahony lo ha anche promosso a un gradino superiore della carriera ecclesiastica. Un altro particolare sconcertante: nonostante, come abbiamo visto, Guttieri avesse avvertito l’avvocato della diocesi prima ancora di chiamare la polizia, il vescovo, testimoniando al primo processo, negherà di avere mai parlato con lo psichiatra della confessione di O’Grady. A San Andreas O’Grady continuerà e aggraverà le molestie sui piccoli Howard, e nel frattempo sceglierà nuove prede locali nelle persone di una giovane donna e dei suoi figli. Mahony, nel frattempo, sarà passato anch’egli a più alti incarichi, come arcivescovo di Los Angeles.
Nel 1986 Nancy Sloan, la prima vittima di O’Grady (prima in questa vicenda, non in assoluto), era giunta a Stockton in cerca di notizie sul destino del suo aguzzino. Le autorità della diocesi l’avevano rassicurata: O’Grady si era volontariamente sottoposto a terapia; non era stato coinvolto in altri incidenti di natura sessuale; e in ogni caso, era stato assegnato ad incarichi in cui non poteva avere contatti con bambini. Tutte menzogne, come abbiamo visto.

(1 - continua)

Aggiornamento: l’articolo di Introvigne che qui si discute ha subito poco dopo l’uscita di questo post alcuni mutamenti: Mahoney è diventato finalmente Mahony, e subito prima dell’ultimo paragrafo ne è stato aggiunto uno nuovo, in cui si discetta contro innominati personaggi che si sarebbero rifatti ai resoconti – menzogneri, va da sé, per Introvigne – del Los Angeles Times. Non credo che Introvigne sia un lettore di Bioetica, e in ogni caso qui abbiamo avuto come fonte il New Times (che non si stampa più), non il Los Angeles Times. Terremo comunque d’occhio il mutevole articolo di Introvigne, per dare conto di eventuali altri cambiamenti...

bioetiche.blogspot.com/2007/06/introvigne-il-cardinale-e-il-pedofil...
mioooo
00mercoledì 8 agosto 2007 21:28
Re:

Aggiornamento: l’articolo di Introvigne che qui si discute ha subito poco dopo l’uscita di questo post alcuni mutamenti: Mahoney è diventato finalmente Mahony, e subito prima dell’ultimo paragrafo ne è stato aggiunto uno nuovo, in cui si discetta contro innominati personaggi che si sarebbero rifatti ai resoconti – menzogneri, va da sé, per Introvigne – del Los Angeles Times. Non credo che Introvigne sia un lettore di Bioetica, e in ogni caso qui abbiamo avuto come fonte il New Times (che non si stampa più), non il Los Angeles Times. Terremo comunque d’occhio il mutevole articolo di Introvigne, per dare conto di eventuali altri cambiamenti...

bioetiche.blogspot.com/2007/06/introvigne-il-cardinale-e-il-pedofil...




sicuramente di bioetiva introvigne non frega nulla , l'importante è come riferimento la questioni religiose ad ampio raggio


(Upuaut)
00giovedì 9 agosto 2007 14:11
Re: Re:
mioooo, 08/08/2007 21.28:



sicuramente di bioetiva introvigne non frega nulla , l'importante è come riferimento la questioni religiose ad ampio raggio





Il senso dell'articolo è che Introvigne sta dicendo un sacco di fregnacce al solo scopo di difendere l'indifendibile condotta di chi governa la Chiesa Cattolica.
mps_rh
00domenica 14 marzo 2010 11:11
Preti pedofili
Preti pedofili: un panico morale
di Massimo Introvigne




Perché si ritorna a parlare di preti pedofili, con accuse che si riferiscono alla Germania, a persone vicine al Papa e ormai anche al Papa stesso? La sociologia ha qualche cosa da dire o deve lasciare libero il campo ai soli giornalisti? Credo che la sociologia abbia molto da dire, e che non debba tacere per il timore di scontentare qualcuno. La discussione attuale sui preti pedofili – considerata dal punto di vista del sociologo – rappresenta un esempio tipico di “panico morale”. Il concetto è nato negli anni 1970 per spiegare come alcuni problemi siano oggetto di una “ipercostruzione sociale”. Più precisamente, i panici morali sono stati definiti come problemi socialmente costruiti caratterizzati da una amplificazione sistematica dei dati reali, sia nella rappresentazione mediatica sia nella discussione politica. Altre due caratteristiche sono state citate come tipiche dei panici morali. In primo luogo, problemi sociali che esistono da decenni sono ricostruiti nelle narrative mediatiche e politiche come “nuovi”, o come oggetto di una presunta e drammatica crescita recente. In secondo luogo, la loro incidenza è esagerata da statistiche folkloriche che, benché non confermate da studi accademici, sono ripetute da un mezzo di comunicazione all'altro e possono ispirare campagne mediatiche persistenti. Philip Jenkins ha sottolineato il ruolo nella creazione e gestione dei panici di “imprenditori morali” le cui agende non sono sempre dichiarate. I panici morali non fanno bene a nessuno. Distorcono la percezione dei problemi e compromettono l’efficacia delle misure che dovrebbero risolverli. A una cattiva analisi non può che seguire un cattivo intervento.

Intediamoci: i panici morali hanno ai loro inizi condizioni obiettive e pericoli reali. Non inventano l’esistenza di un problema, ma ne esagerano le dimensioni statistiche. In una serie di pregevoli studi lo stesso Jenkins ha mostrato come la questione dei preti pedofili sia forse l’esempio più tipico di un panico morale. Sono presenti infatti i due elementi caratteristici: un dato reale di partenza, e un’esagerazione di questo dato ad opera di ambigui “imprenditori morali”.

Anzitutto, il dato reale di partenza. Esistono preti pedofili. Alcuni casi sono insieme sconvolgenti e disgustosi, hanno portato a condanne definitive e gli stessi accusati non si sono mai proclamati innocenti. Questi casi – negli Stati Uniti, in Irlanda, in Australia – spiegano le severe parole del Papa e la sua richiesta di perdono alle vittime. Anche se i casi fossero solo due – e purtroppo sono di più – sarebbero sempre due casi di troppo. Dal momento però che chiedere perdono – per quanto sia nobile e opportuno – non basta, ma occorre evitare che i casi si ripetano, non è indifferente sapere se i casi sono due, duecento o ventimila. E non è neppure irrilevante sapere se il numero di casi è più o meno numeroso tra i sacerdoti e i religiosi cattolici di quanto sia in altre categorie di persone. I sociologi sono spesso accusati di lavorare sui freddi numeri dimenticando che dietro ogni numero c’è un caso umano. Ma i numeri, per quanto non siano sufficienti, sono necessari. Sono il presupposto di ogni analisi adeguata.

Per capire come da un dato tragicamente reale si è passati a un panico morale è allora necessario chiedersi quanti sono i preti pedofili. I dati più ampi sono stati raccolti negli Stati Uniti, dove nel 2004 la Conferenza Episcopale ha commissionato uno studio indipendente al John Jay College of Criminal Justice della City University of New York, che non è un’università cattolica ed è unanimemente riconosciuta come la più autorevole istituzione accademica degli Stati Uniti in materia di criminologia. Questo studio ci dice che dal 1950 al 2002 4.392 sacerdoti americani (su oltre 109.000) sono stati accusati di relazioni sessuali con minorenni. Di questi poco più di un centinaio sono stati condannati da tribunali civili. Il basso numero di condanne da parte dello Stato deriva da diversi fattori. In alcuni casi le vere o presunte vittime hanno denunciato sacerdoti già defunti, o sono scattati i termini della prescrizione. In altri, all’accusa e anche alla condanna canonica non corrisponde la violazione di alcuna legge civile: è il caso, per esempio, in diversi Stati americani del sacerdote che abbia una relazione con una – o anche un – minorenne maggiore di sedici anni e consenziente. Ma ci sono anche stati molti casi clamorosi di sacerdoti innocenti accusati. Questi casi si sono anzi moltiplicati negli anni 1990, quando alcuni studi legali hanno capito di poter strappare transazioni milionarie anche sulla base di semplici sospetti. Gli appelli alla “tolleranza zero” sono giustificati, ma non ci dovrebbe essere nessuna tolleranza neanche per chi calunnia sacerdoti innocenti. Aggiungo che per gli Stati Uniti le cifre non cambierebbero in modo significativo se si aggiungesse il periodo 2002-2010, perché già lo studio del John Jay College notava il “declino notevolissimo” dei casi negli anni 2000. Le nuove inchieste sono state poche, e le condanne pochissime, a causa di misure rigorose introdotte sia dai vescovi statunitensi sia dalla Santa Sede.

Lo studio del John Jay College ci dice, come si legge spesso, che il quattro per cento dei sacerdoti americani sono “pedofili”? Niente affatto. Secondo quella ricerca il 78,2% delle accuse si riferisce a minorenni che hanno superato la pubertà. Avere rapporti sessuali con una diciassettenne non è certamente una bella cosa, tanto meno per un prete: ma non si tratta di pedofilia. Dunque i sacerdoti accusati di effettiva pedofilia negli Stati Uniti sono 958 in cinquantadue anni, diciotto all’anno. Le condanne sono state 54, poco più di una all’anno.

Il numero di condanne penali di sacerdoti e religiosi in altri Paesi è simile a quello degli Stati Uniti, anche se per nessun Paese si dispone di uno studio completo come quello del John Jay College. Si citano spesso una serie di rapporti governativi in Irlanda che definiscono “endemica” la presenza di abusi nei collegi e negli orfanatrofi (maschili) gestiti da alcune diocesi e ordini religiosi, e non vi è dubbio che casi di abusi sessuali su minori anche molto gravi in questo Paese vi siano stati. Lo spoglio sistematico di questi rapporti mostra peraltro come molte accuse riguardino l’uso di mezzi di correzione eccessivi o violenti. Il cosiddetto rapporto Ryan del 2009 – che usa un linguaggio molto duro nei confronti della Chiesa Cattolica – su 25.000 allievi di collegi, riformatori e orfanatrofi nel periodo che esamina riporta 253 accuse di abusi sessuali da parte di ragazzi e 128 da parte di ragazze, non tutte attribuite a sacerdoti, religiosi o religiose, di diversa natura e gravità, raramente riferite a bambini prepuberi e che ancor più raramente hanno condotto a condanne.

Le polemiche di queste ultime settimane sulla Germania e l’Austria mostrano una caratteristica tipica dei panici morali: si presentano come “nuovi” fatti risalenti a molti anni or sono, in alcuni casi a oltre trent’anni fa, in parte già noti. Il fatto che – con una particolare insistenza su quanto tocca l’area geografica bavarese, da cui viene il Papa – siano presentati sulle prime pagine dei giornali avvenimenti degli anni 1980 come se fossero avvenuti ieri, e che ne nascano furibonde polemiche, con un attacco concentrico che ogni giorno annuncia in stile urlato nuove “scoperte” mostra bene come il panico morale sia promosso da “imprenditori morali” in modo organizzato e sistematico. Il caso che – come alcuni giornali hanno titolato – “coinvolge il Papa” è a suo modo da manuale. Si riferisce a un episodio di abusi nell’Arcidiocesi di Monaco di Baviera e Frisinga, di cui era arcivescovo l’attuale Pontefice, che risale al 1980. Il caso è emerso nel 1985 ed è stato giudicato da un tribunale tedesco nel 1986, accertando tra l’altro che la decisione di accogliere nell’arcidiocesi il sacerdote in questione non era stata presa dal cardinale Ratzinger e non gli era neppure nota, il che non è strano in una grande diocesi con una complessa burocrazia. Perché un quotidiano tedesco decida di riesumare questo caso e sbatterlo in prima pagina ventiquattro anni dopo la sentenza dovrebbe essere la vera questione.

Una domanda sgradevole – perché il semplice porla sembra difensivo, e non consola le vittime – ma importante è se essere un prete cattolico sia una condizione che comporta un rischio di diventare pedofilo o di abusare sessualmente di minori – le due cose, come si è visto, non coincidono perché chi abusa di una sedicenne non è un pedofilo – più elevato rispetto al resto della popolazione. Rispondere a questa domanda è fondamentale per scoprire le cause del fenomeno e quindi per prevenirlo. Secondo gli studi di Jenkins se si paragona la Chiesa Cattolica degli Stati Uniti alle principali denominazioni protestanti si scopre che la presenza di pedofili è – a seconda delle denominazioni – da due a dieci volte più altra tra i pastori protestanti rispetto ai preti cattolici. La questione è rilevante perché mostra che il problema non è il celibato: la maggior parte dei pastori protestanti è sposata. Nello stesso periodo in cui un centinaio di sacerdoti americani era condannato per abusi sessuali su minori, il numero professori di ginnastica e allenatori di squadre sportive giovanili – anche questi in grande maggioranza sposati – giudicato colpevole dello stesso reato dai tribunali statunitensi sfiorava i seimila. Gli esempi potrebbero continuare, non solo negli Stati Uniti. E soprattutto secondo i periodici rapporti del governo americano due terzi circa delle molestie sessuali su minori non vengono da estranei o da educatori – preti e pastori protestanti compresi – ma da familiari: patrigni, zii, cugini, fratelli e purtroppo anche genitori. Dati simili esistono per numerosi altri Paesi.

Per quanto sia poco politicamente corretto dirlo, c’è un dato che è assai più significativo: per oltre l’ottanta per cento i pedofili sono omosessuali, maschi che abusano di altri maschi. E – per citare ancora una volta Jenkins – oltre il novanta per cento dei sacerdoti cattolici condannati per abusi sessuali su minori e pedofilia è omosessuale. Se nella Chiesa Cattolica c’è stato effettivamente un problema, questo non è stato il celibato ma una certa tolleranza dell’omosessualità nei seminari particolarmente negli anni 1970, quando è stata ordinata la grande maggioranza di sacerdoti poi condannati per gli abusi. È un problema che Benedetto XVI sta vigorosamente correggendo. Più in generale il ritorno alla morale, alla disciplina ascetica, alla meditazione sulla vera, grande natura del sacerdozio sono l’antidoto ultimo alle tragedie vere della pedofilia. Anche a questo deve servire l’Anno Sacerdotale.

Rispetto al 2006 – quando la BBC mandò in onda il documentario-spazzatura del parlamentare irlandese e attivista omosessuale Colm O’Gorman – e al 2007 – quando Santoro ne propose la versione italiana su Annozero – non c’è, in realtà, molto di nuovo, salva l’accresciuta severità e vigilanza della Chiesa. I casi dolorosi di cui più si parla in queste settimane non sono sempre inventati, ma risalgono a venti o anche a trent’anni fa.

O, forse, qualche cosa di nuovo c’è. Perché riesumare nel 2010 casi vecchi o molto spesso già noti, al ritmo di uno al giorno, attaccando sempre più direttamente il Papa – un attacco, per di più, paradossale se si considera la grandissima severità del cardinale Ratzinger prima e di Benedetto XVI poi su questo tema? Gli “imprenditori morali” che organizzano il panico hanno un’agenda che emerge sempre più chiaramente, e che non ha veramente al suo centro la protezione dei bambini. La lettura di certi articoli ci mostra come – alla vigilia di scelte politiche, giuridiche e anche elettorali che un po’ dovunque in Europa e nel mondo mettono in questione la somministrazione della pillola RU486, l’eutanasia, il riconoscimento delle unioni omosessuali, in cui quasi solo la voce della Chiesa e del Papa si leva a difendere la vita e la famiglia – lobby molto potenti cercano di squalificare preventivamente questa voce con l’accusa più infamante e oggi purtroppo anche più facile, quella di favorire o tollerare la pedofilia. Queste lobby più o meno massoniche manifestano il sinistro potere della tecnocrazia evocato dallo stesso Benedetto XVI nell’enciclica Caritas in veritate e la denuncia di Giovanni Paolo II, nel messaggio per la Giornata Mondiale della Pace del 1985 (dell’8-12-1984), a proposito di “disegni nascosti” – accanto ad altri “apertamente propagandati” – “miranti a soggiogare tutti i popoli a regimi in cui Dio non conta”.

Davvero è questa un’ora di tenebre, che riporta alla mente la profezia di un grande pensatore cattolico del XIX secolo, il vercellese Emiliano Avogadro della Motta (1798-1865), secondo cui alle rovine arrecate dalle ideologie laiciste avrebbe fatto seguito un’autentica “demonolatria” che si sarebbe manifestata particolarmente nell’attacco alla famiglia e alla vera nozione del matrimonio. Ristabilire la verità sociologica sui panici morali in tema di preti e pedofilia di per sé non risolve i problemi e non ferma le lobby, ma può costituire almeno un piccolo e doveroso omaggio alla grandezza di un Pontefice e di una Chiesa feriti e calunniati perché sulla vita e la famiglia non si rassegnano a tacere.

Justee
00giovedì 22 dicembre 2011 19:44
Preti pedofili in Olanda


Sono circolate negli ultimi giorni molte notizie di stampa sul rapporto della Commissione d'inchiesta sugli abusi di minori affidati alle responsabilità di istituzioni e parrocchie cattoliche in Olanda, pubblicato la settimana scorsa.

Palesemente, molti di coloro che ne parlano non hanno letto il rapporto. Se n'è lamentata in Olanda la stessa Commissione. Che cosa è veramente successo?
A fronte di campagne di stampa, nel 2010 la Conferenza episcopale olandese e la Conferenza dei religiosi olandesi hanno creato una Commissione d'inchiesta indipendente composta da docenti universitari cattolici - alcuni dei quali piuttosto «progressisti» - e non cattolici, incaricandola di raccogliere e analizzare dati nell'arco di tempo che va dal 1945 al 2010. Questa Commissione ha ora reso il suo rapporto.

Nel presentare i dati quantitativi, la Commissione precisa che riguardano abusi su minori di 18 anni e che non ha neppure tentato di disaggregare i numeri relativi ai casi di vera e propria pedofilia - cioè di abusi su minori prepuberi - che sono peraltro certamente minoritari rispetto al totale. Fa pure notare che le cifre riguardano accusati e non colpevoli: è statisticamente verosimile che una percentuale degli accusati sia innocente, e i condannati da tribunali civili ed ecclesiastici sono molto pochi. Infine, è sbagliato riferire queste cifre a «preti che abusano», dal momento che comprendono tutti i dipendenti di parrocchie, scuole e istituti religiosi, molti dei quali sono laici.

Utilizzando il metodo che era stato adottato negli Stati Uniti nei tre famosi rapporti del John Jay College, cioè scavando negli archivi dello Stato e della Chiesa, la Commissione è arrivata a un totale di 1.795 accuse di abuso su minori in un contesto cattolico nei sessantacinque anni esaminati: 27 accuse all'anno, che è una cifra percentualmente coerente con quelle statunitensi.

La Commissione però ha seguito anche un altro metodo, spedendo 34.000 questionari a cittadini olandesi maggiori di quarant'anni. Con un'elaborazione matematica di questi dati ha concluso che i casi di abusi da parte di personale cattolico nei 65 anni dal 1945 al 2010 potrebbero essere molti di più di quelli che hanno dato luogo a specifiche accuse, e sarebbero tra i diecimila e i ventimila, con circa 800 «responsabili» - non tutti preti -, 105 dei quali sarebbero ancora vivi. Naturalmente la Commissione si rende conto, e lo scrive, che un'indagine condotta mediante questionari sui ricordi degli olandesi produce risultati incerti e da valutare con molta cautela, «perché parliamo di un periodo di 65 anni, perché la memoria umana è fallibile e perché le opinioni su che cosa costituisca un abuso sessuale divergono». Non c'è neppure bisogno di dire che tutte queste cautele sono sparite nei resoconti giornalistici sul rapporto.

Così come è sparito un altro elemento essenziale. In coerenza con tutta la letteratura sociologica internazionale anche la ricerca olandese - con tutti i suoi problemi metodologici, francamente ammessi - conferma che, mentre è diffusa l'idea «che l'abuso sessuale si verifichi in modo significativamente più frequente nella Chiesa Cattolica che in altri contesti analoghi (istituzioni non cattoliche), questo non è affatto vero sulla base della nostra indagine». Gli abusi di minori sono da anni una piaga più diffusa in Olanda che altrove, e il rapporto ci ricorda che nel Paese dei tulipani «ogni anno più di centomila bambini sono vittima di abusi: mentali, fisici ma anche - come i dati della nostra ricerca hanno mostrato - sessuali». Le istituzioni cattoliche in Olanda non sono un ambiente più pericoloso di altri per i bambini.

Quali sono le cause di questi abusi? Il rapporto distingue fra cause che riguardano la società olandese in generale - caratterizzata da impulsi libertari che talora hanno giustificato ogni forma di sperimentazione sessuale, pedofilia compresa - e cause interne alla Chiesa Cattolica. Fra queste dà rilievo a una pessima selezione e formazione dei candidati al sacerdozio, specialmente negli anni 1960 e 1970. Nonostante gli ammonimenti romani, candidati con evidenti problemi psicologici e sessuali erano sistematicamente ordinati, anche perché i centri psichiatrici incaricati dalle diocesi di valutazioni indipendenti dei seminaristi a loro volta spesso condividevano idee libertarie in tema di sessualità. Rimaneva anche in vigore una pratica di reclutamento di seminaristi molto giovani e non in grado di comprendere che cosa implica il celibato. Peggio, dopo il Vaticano II alcuni vescovi olandesi ordinavano candidati che non intendevano vivere il celibato, assicurando loro che presto Roma avrebbe ceduto e avrebbero potuto tranquillamente sposarsi.

Sul celibato, precisamente, il rapporto cerca un difficile equilibrio fra dati statistici e opinioni «progressiste» favorevoli al matrimonio dei sacerdoti diffuse - e se ne dà atto - nella Chiesa olandese e tra gli stessi membri della Commissione. Afferma così che sul piano sociologico «non ci sono prove» di un'influenza del celibato sugli abusi, precisamente perché gli abusi sono percentualmente maggiori in ambienti non cattolici e non celibatari. Ma scrive pure che, interpellando oltre ai sociologi anche alcuni psicologi, la Commissione ha raccolto e fa sua l'opinione secondo cui «non è inconcepibile» che un modo immaturo di vivere il celibato porti alcuni sacerdoti agli abusi.

Di particolare interesse è la parte sulle reazioni dei vescovi olandesi, che distingue tre diversi periodi: un tentativo di reprimere gli abusi, pur non comprendendo totalmente il problema, negli anni 1950; una cultura del silenzio e una gravissima negligenza dagli anni 1960 agli anni 1990; e una nuova severità, recependo le direttive vaticane, negli anni 2000. Il rapporto indulge a un po' di retorica liberal sul carattere chiuso e patriarcale della Chiesa-istituzione, ma è difficile non notare come le peggiori negligenze di vescovi e superiori religiosi si siano verificate in coincidenza con l'egemonia in Olanda di una teologia progressista che minava in particolare i fondamenti tradizionali della morale.

Con qualche concessione talora eccessiva al linguaggio di quella stessa teologia, e con i problemi metodologici che ho fatto notare, il rapporto dipinge un quadro sostanzialmente realistico. «L'incidenza di abusi sessuali di minori nella Chiesa Cattolica olandese nel periodo 1945-2010 è relativamente piccola in termini percentuali, ma è un serio problema in numeri assoluti». Nella Chiesa Cattolica olandese non ci sono stati in percentuale più abusi che nelle altre istituzioni olandesi in contatto regolare con minori, e solo una percentuale infima del clero è stata coinvolta. Tuttavia questi casi in numeri assoluti sono sempre troppi, chiamano in causa la cattiva gestione dei seminari e delle diocesi e un clima di diffusa contestazione della teologia morale cattolica. E giustificano le severissime parole del Papa su episodi vergognosi che disonorano tutta la Chiesa.
Justee
00sabato 19 luglio 2014 18:16
Pedofilia anglicana
Cesnur
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