Spirito!Libero è una delle persone più ragionevoli ed educate che conosca; la sua forma si è leggermente inacidita negli ultimi post, così come del resto ha fatto la mia, perché parlando francamente, in questo topic abbiamo trovato tanti e tali concentrati di irrazionalità e ignoranza sull'argomento, da mettere veramente a dura prova la nostra pazienza.
Tu sei innocente Cromatiste. Il fatto è che capiti, per così dire, nel momento sbagliato e ci trovi stanchi e discretamente arrabbiati.
Cercherò lo stesso di dedicare a tutto ciò che hai detto (e che dirai) l'attenzione e la riflessione che merita. Hai fatto la cosa giusta, esponendo un tuo riassunto del modello evoluzionista e di quello creazionista, e proponendo un confronto "libero e disimpegnato". Prendo nota anche del fatto che hai specificato la tua volontà di fare delle semplificazioni - non voglio riprenderti su dettagli, ma su aspetti importanti della questione. Leggendo, infatti, devo constatare purtroppo che fra le righe di quello che scrivi in merito all'evoluzione compaiono in alcuni punti dei veri e propri risotti nozionistici. Forse riterrai arrogante che io parta dicendo questo, ma prima di farlo, cerca di portare pazienza fino in fondo e di leggere il resto del post.
Se mi ascolterai, cercherò di spiegarmi...
Secondo il modello evoluzionista i processi naturali osservabili sono sufficienti per spiegare le origini dell'universo e tutte le trasformazioni necessarie per produrre l'immensa varietà e complessità presente.
Iniziamo malissimo. E' solo un errore di forma, oppure intendevi davvero dire che il modello neo-darwiniano dell'evoluzione, in vigore ai giorni nostri, pretende di spiegare
le origini dell'universo?
Il modello non ha niente a che vedere né con la formazione dell'universo, né con quella della Terra, e neanche (questo aspetto è fondamentale) con la nascita della vita.
La nascita dell'universo e quella della Terra sono dominio della fisica, con varie teorie che qui davvero non ci interessano; la nascita della vita è trattata invece dalla biologia con una teoria scientifica totalmente a sé, quella dell'abiogenesi; teoria che oltretutto, pur avendo varie ed importanti evidenze di carattere indiziario a suo favore, non è ancora stata dimostrata.
Ma in questo thread, che avresti dovuto leggere, viene specificata chiaramente la divisoria fra le due cose. Non ha nessuna rilevanza per il biologo, avere o meno la conoscenza di come sia NATA la vita, ai fini della formulazione di una teoria che osservi i dati di fatto e le evidenze empiriche, allo scopo di interpretare come la vita si EVOLVA. L'osservazione dei fatti, come i ritrovamenti fossili, non necessita di alcuna giustificazione teorica a priori per esistere: i fossili esistono e basta, sia che si sappia spiegare la loro origine primigenia con una teoria sulla nascita della vita, sia che non si sappia farlo.
Malgrado occasionali regressioni o limitati fallimenti, l'effetto complessivo dei processi evolutivi è stato quello di diversificazione e di aumento della complessità a partire dalla semplicità primordiale.
La frase evidenzia un aspetto che voglio mettere in chiaro.
Una semplificazione non è necessariamente una regressione, così come una regressione non è necessariamente preludio di un'estinzione. Inoltre molte specie regrediscono apposta per sopravvivere, così come possono rischiare, aumentando la propria complessità e la propria specializzazione, di estinguersi.
Tu non te ne accorgi, ma in quanto ominide mammifero, stai ragionando secondo i canoni delle forme di vita che ti assomigliano. In realtà soltanto un "tronco" dell'albero evolutivo ha intrapreso la via che dici tu: gli eucarioti. Ma una parte della biomassa forse persino superiore a quella di tutte le forme di vita che vediamo, sono i procarioti, i quali non hanno affatto intrapreso la strada di cui parli e anzi: hanno spontaneamente "rinunciato" a una vasta serie di eccessive complicazioni che avrebbero compromesso la propria lineare semplicità, per mantenere un basso profilo e una straordinaria adattabilità. La semplicità è la forza dei procarioti, e in fatti questo grande regno è il contraltare eccellente degli eucarioti sotto tutti gli aspetti.
Naturalmente io parlo come se queste forme di vita "scegliessero" cosa fare, ma così non è: semplicemente esse hanno ricevuto gli appropriati bonus e malus statistici all'interno del pool genetico. Un aspetto che casi eccezionali come biston betularia o le testuggini e i fringuelli delle Galapagos ci hanno permesso di osservare molto bene. Ma di questo possiamo parlare più tardi.
Il punto in ogni caso è che, sebbene sia vero che dai primordi ad oggi hanno prosperato molte forme di vita più complesse dei loro progenitori, è del tutto inesatto pensare che l'evoluzione favorisca A PRIORI un adattamento complesso. Moltissime forme di vita per occupare le loro nicchie hanno dovuto regredire e semplificarsi, raggiungendo così il grado di adattamento ottimale; molte altre si sono estinte proprio perché troppo specializzate (se vuoi un caso esemplare, sappi che posso citare proprio quello della grande estinzione del tardo Ordoviciano...). Come ti direbbe qualsiasi biologo, non esiste una tendenza innata alla complessità, ma una tendenza innata all'ADATTAMENTO, ovverosia alla sopravvivenza mirata al fine della propagazione del proprio patrimonio genetico. E l'adattamento è dettato dalla competizione ambientale, cioè dall'anima stessa della selezione naturale.
Secondo questo modello, infatti, tutti i viventi sono imparentati dalla comune discendenza (radice genealogica) e si sono trasformati lentamente.
Vero. Senza comunque dimenticarci che "quanto" lentamente l'abbiano fatto è una variabile, non una costante, e varia in funzione della pressione selettiva.
- Si dovrebbero poter osservare innumerevoli somiglianze tra gli esseri viventi, a partire dalle specie più semplici alle più complesse, senza che vi siano discontinuità.
Cosa intendi per discontinuità? Non esiste una velocità di riferimento universale, come già detto.
- I processi che hanno dato origine a tutti gli esseri dovrebbero, se osservati nel presente, produrre nuovi esseri e una complessità sempre crescente delle specie.
Eh no. Questo è proprio errato! Come detto sopra, questo è un effetto che PUO' verificarsi, ma soltanto se le richieste ambientali vanno in tal senso. E considera che le richieste ambientali sono differenti per ogni specie e ogni zona crono-geografica...
- Se fosse possibile decifrare la storia della Terra, si dovrebbe poter osservare che la varietà e la complessità degli esseri viventi aumenta con il passare del tempo.
Valido quanto detto sopra. Dipende dalla specie che si osserva, dalla pressione selettiva che subisce, dalle richieste dell'ambiente... e anche, poiché parliamo di fattori statistici, dal caso.
Osservando i dati a nostra disposizione notiamo che le predizioni menzionate sopra si verificano solo in parte. Confrontando diversi organismi osserviamo che ci sono effettivamente molte somiglianze tra di loro: per esempio nell'anatomia, nello sviluppo embrionale, nella biochimica, nella genetica, eccetera.
I dati a nostra disposizione non dimostrano una continuità di similitudini senza interruzioni tra le diverse specie. Ci sono - è vero - delle congetture per spiegare l'esistenza delle numerose discontinuità,
Le predizioni di cui tu parli nessuno le ha mai fatte. Inoltre il tuo concetto di "discontinuità" è artificioso, perché è vero che citi somiglianze biochimiche, genetiche, etc. ma di fatto consideri soltanto una divisione di carattere somatico. Potrei sbagliarmi, ma a leggere questa frase sembra che tu dia per scontato che a un'analoga somiglianza/differenza somatica, corrisponda pari differenza/somiglianza genetica e fisiologica. Invece così non è: le due cose possono essere nettamente disgiunte, e ciò a causa della natura dell'informazione genetica, che non è quella di un progetto lineare.
Fu una sorpresa per gli stessi biologi molecolari, iniziata l'epoca delle sequenziazioni genomiche, scoprire QUANTI geni erano in comune fra le varie specie; erano molti di più di quanti chiunque pensasse, anche perché il numero di geni complessivamente trovato nelle varie specie era sensibilmente inferiore al numero ipotizzato. Lo stesso uomo aveva un patrimonio che fu stimato inizialmente di minimo 100.000 geni... poi ridotti a 70.000, poi a 50.000, poi a 30.000... oggi siamo scesi a 22-25.000, e si pensa che la cifra reale difficilmente superi i 23.000.
E per dirne una, il patrimonio genetico dell'uomo si è visto essere (l'avrai letto in un mio precedente post, spero) uguale a quello del topo per il 98%. Somaticamente non ci azzecca molto, ma in realtà è l'animale in assoluto più simile a noi, anche fisiologicamente, dopo i primati. Addirittura, noi abbiamo nel nostro genoma molti pseudogeni DI TOPO, che a noi non servono più a nulla e sono quindi inattivati!
Una prova così schiacciante della parentela reciproca fra i mammiferi non se l'aspettava nessuno.
Ah, una cosa: l'animale più simile a noi dopo il topo, è il maiale. Lo aveva già intuito Galeno, e oggi noi non abbiamo potuto che confermare la cosa ;-D
Lo studio di vari processi biologici conferma la previsione che molti cambiamenti avvengono anche attualmente negli organismi viventi.
Vero, sebbene siano tutti microevolutivi. Considera che, in accordo con la teoria darwiniana moderna (anche con quella degli equilibri punteggiati di Gould, la versione che prevede i balzi più "velocizzati") l'intera umanità in tutta la sua storia scritta non riuscirebbe mai a documentare i tempi necessari ad una macroevoluzione, ovvero alla nascita di una nuova specie.
È per esempio possibile produrre nuove specie viventi mediante i meccanismi dell'ibridazione (gli incroci), delle mutazioni indotte e della selezione. Questi fenomeni possono avvenire in modo naturale o artificiale.
Correggimi se sbaglio, ma ho idea che tu abbia accomunato le due cose perché interpreti l'intrinseca "manipolabilità" del patrimonio genetico, come una prova a favore della teoria dell'evoluzione. E' un po' come se, confrontando questo modello con quello creazionista, ti fosse venuto in mente che il primo prevede una forte manipolabilità e vulnerabilità a livello genetico, mentre il secondo postula delle "barriere" che conservano entro binari precisi, per larghi che siano, le derive genetiche.
Ho ragione?
Se ho intuito bene, allora sei sulla buona strada: sarebbe il caso che tu intraprendessi un semestre di chimica organica! Ti renderebbe manifesta la natura molecolare straordinaria di questi oggetti, e quindi indirettamente ti mostrerebbe anche l'aspetto più incompatibile della realtà oggi conosciuta, con la teoria creazionista.
Di nuovo, comunque, l'evidenza a nostra disposizione non è completamente convincente, poiché questi cambiamenti non sono trasformazioni tendenti ad aumentare il livello di organizzazione, come vorrebbe la previsione. Essi possono venir suddivisi in due gruppi:
- variazioni relativamente limitate che conducono semplicemente a nuove varianti di specie esistenti;
- mutazioni derivanti da cambiamenti casuali nel DNA nelle cellule germinali, con conseguente diminuzione dell'organizzazione dell'individuo, e mai con il risultato di nuove caratteristiche fisiche.
Qui ci sono alcuni errori. Tu hai cercato di stigmatizzare la "microevoluzione" e la "macroevoluzione", o "speciazione" che dir si voglia. Peccato che però, a leggere ciò che scrivi, sembra che tu ignori i meccanismi genetici che sottendono alle due cose.
Tenterò di spiegarli, anche se dovrò semplificare per forza alcuni aspetti della cosa. Fammi presente se ho trascurato qualche aspetto.
Innanzitutto i "cambiamenti casuali nel DNA delle cellule germinali" di cui parli sono la meiosi, che però casuale non è affatto; "casuali" possono essere infatti le segregazioni degli alleli all'interno del processo meiotico (anche se questi eventi non sono quasi mai equiprobabili e quindi mai completamente casuali...). Ma il processo in sé non è affatto casuale, cos' come casuale non è la fecondazione. La meiosi rimescola CARATTERI, GENI, GRUPPI DI GENI (cluster), mentre non rimescola mai o quasi mai "pezzi" a caso di DNA, che darebbero davvero un micidiale effetto di mutazione casuale. Ugualmente, la fecondazione rimescola soltanto CROMOSOMI, unità divisorie ancora più grandi di quelle dette sopra. Per questo, la meiosi e la fecondazione non servono a rimpiazzare l'effetto della mutazione casuale, bensì ad enfatizzarlo! E' un meccanismo utile a dare a ogni gene, su scala di specie, la possibilità di esprimere le proprie mutazioni casuali (che aveva acquisito nella linea germinale per motivi casuali, non per meiosi).
Se preferisci, puoi vedere la riproduzione sessuata come una specie di "vetrina": producendo molti fenotipi differenti, causati dal rimescolamento di geni differenti, essa porta in posizione dominante nel singolo individuo un assortimento il più eterogeneo possibile di geni dominanti, favorendo quindi a ogni generazione l'emergere NEL FENOTIPO di nuove mutazioni, che altrimenti avrebbero rischiato di rimanere del tutto silenti, seppellite in qualche meandro del patrimonio genetico dell'individuo.
Ti faccio presente infatti, che la selezione naturale agisce sul fenotipo, non sul genotipo. Se io, rinoceronte africano, sono soggetto a una spietata competizione sessuale con altri maschi per conquistare il favore delle femmine che in questo momento sembrano gradire molto i maschi con il corno più lungo... conta il mio fenotipo, il fatto che io abbia il corno lungo; non ha nessuna rilevanza come io abbia ottenuto quel corno! Magari un esemplare alla mia destra, che compete con me, ha nel suo patrimonio genetico un allele che reca istruzioni per la secrezione di un corno ancora più lungo del mio... ma nell'assortimento genetico verificatosi durante la meiosi, è capitato che il suo fenotipo sia stato determinato da un allele dominante per un corno piccolo; quindi lui di fatto ha il corno piccolo, e il vantaggio è tutto mio.
L'accoppiata "riproduzione sessuata - mutazione casuale" è un meccanismo potentissimo, capace di accelerare di interi ordini di grandezza la velocità con cui una specie è in grado di adattarsi; non è un caso se la competizione biologica ha subito una spinta in avanti clamorosa con la comparsa di questa nuova tecnologia... l'impulso sulla variabilità genetica è stato tale da formare le premesse, fra le altre cose, per le due divergenze più "radicali" conosciute nell'ambito della vita: la differenziazione fra ecuarioti e procarioti, e successivamente quella quella fra eucarioti monocellulari e pluricellulari.
Ti garantisco che l'affermazione secondo cui i "cambiamenti casuali nel DNA delle cellule germinali" non produrrebbero nuove caratteristiche fisiche, è totalmente errata. Le caratteristiche fisiche in sé variano da padre in figlio, ma se UNA generazione potesse provocare la nascita di un carattere totalmente nuovo e mai visto prima, il mondo sarebbe un posto popolato da forme di vita assai strane. DIECIMILA generazioni potrebbero produrre qualcosa, CENTOMILA potrebbero renderlo evidente, ma una, o dieci, o anche cento... non ci siamo proprio.
Questi due fenomeni possono esser usati meglio per sostenere il principio della conservazione e del decadimento piuttosto che quello della formazione di nuove specie e dell'aumento della complessità, come propone il modello evoluzionista.
Ma il modello evoluzionista non propone affatto l'aumento obbligatorio e aprioristico della complessità, né rende la speciazione un fenomeno osservabile su scala umana... inoltre stai premettendo a tale ragionamento il fatto che sia possibile, sulla scorta delle osservazioni, ipotizzare che le specie umane si stiano conservando e/o decadendo. Invece non è affatto così, la microevoluzione è osservata in moltissimi casi, dalle farfalle fino alla specie umana. Per caso hai mica letto i miei post in merito?
Molti scienziati evoluzionisti affermano che attraverso lo studio delle piccole variazioni si possa giungere a comprendere la dinamica delle trasformazioni più vaste, a livello di "specie", anche se le osservazioni fatte fino ad oggi non permettono di sostenere questa tesi.
Invece lo permettono; lo avrebbero permesso su basi esclusivamente teoriche fin dall'avvento della genetica, ma ormai già da diverso tempo lo permettono anche sul piano SPERIMENTALE, vedi alla voce "geni architetto". Purtroppo molti qui non sanno che cosa sia realmente un gene e come agisca a livello macroscopico sull'individuo, quindi spiegare cosa sia un gene architetto (o gene maestro) è impresa alquanto ardua...
La predizione che la complessità degli organismi è aumentata nel corso delle ere geologiche sembra a prima vista confermata dai fossili.
Dai fossili di eucarioti pluricellulari.
La paleontologia offre indubbiamente l'evidenza maggiore a sostegno dell'evoluzione. Però tale evidenza è seriamente indebolita da un ragionamento a circolo chiuso (altrimenti detto ragionamento circolare): la scala delle ere geologiche si basa sull'ipotesi che l'evoluzione abbia avuto luogo.
La datazione delle formazioni geologiche è determinata primariamente dai "fossili indice" che esse contengono.
Clamoroso errore! E' esattamente il contrario di quello che hai detto; verifica e vedrai... le specie fossili (tutte) sono state stabilite nella loro età dalle datazioni stratigrafiche; poi successivamente, il ritrovamento di ulteriori esemplari appartenenti ad epoche già prefissate ha semplificato la vita ai geologi, che hanno potuto partire da assunti dimostrati: a quel punto in fatti si sono potuti fare ragionamenti del tipo "posso avere dei dubbi sull'esatta età di un tipo di roccia X, ma se questo strato di roccia X ha incastrato dentro un fossile di tirannosaurus rex, con le moderne conoscenze che ho sul tirannosaurus rex NON POSSO pensare che tale strato risalga a soli 10 milioni di anni fa!"
Le datazioni eseguite con minerali radioattivi, per supposizione esatte, (ovvero esse si basano su presupposti, assiomi, inverificabili) vengono sempre corrette con criteri paleontologici.
Questa baggianata vorrei sapere chi te l'ha raccontata, perché è l'esatto opposto della verità. Ti invito a controllare!
Sai come si dimezza un isotopo radioattivo? Ti prego informati in merito!
La datazione per radioisotopi, ha dato la spinta determinante per rafforzare le convinzioni di cui sopra. Nessun geologo serio si sarebbe fidato a stimare l'età di una formazione geologica dal fossile in essa contenuta, se non avesse avuto le spalle coperte dal fatto che OLTRE ad aver superato l'esame stratigrafico, i fossili precedentemente rinvenuti di quella specie avevano subito anche verifiche con i radioisotopi, i quali permettevano una collocazione su una scala temporale assoluta e non relativa ad altre specie o altri strati rocciosi.
E' proprio questo che rende i ritrovamenti fossili una delle più schiaccianti evidenze a favore dell'evoluzione: l'aspetto fattuale di cui ho parlato in passato è legato al fatto che una persona può disquisire all'infinito su COSA abbia causato l'evoluzione di una specie, ma... quale che sia l'ipotesi che sviluppi, la scala di trasformazioni dei caratteri fossili che ha di fronte non si sposterà di un millimetro.
Si osservi che la maggior parte degli strati contenenti fossili di grandi piante o animali devono essersi depositati molto rapidamente, forse anche catastroficamente, altrimenti non si sarebbero conservati. Lo studio dei fossili non dimostra necessariamente che sia avvenuta una evoluzione lenta e uniforme nel corso delle ere geologiche, ma lascia piuttosto dedurre una sequenza di eventi catastrofici a livello planetario.
Tu sei un geologo? Io potrei ascoltarti, ma resta il fatto che la comunità scientifica mondiale, dopo aver effettuato datazioni stratigrafiche e radioisotopiche, non la pensa come te... tranne che in alcuni punti storici chiave, le famose Grandi Estinzioni (dove comunque variarono le testimonianze fossili e le tipologie minerali degli strati, non la velocità intrinseca dei loro processi di formazione). Questo ragionamento reca ancora traccia di ciò che hai detto prima, sulla convinzione che non so come hai acquisito, circa l'arbitrarietà delle datazioni geologiche.
Verifica, ti ripeto. Perfino Wikipedia smentisce ciò che hai detto... il che è tutto dire considerando che Wikipedia è un open source, quindi non è certo il posto più indicato per accedere a informazioni scientificamente accertate e condivise.
Le conclusioni finali a cui sei giunto potrebbero ricevere da parte mia un commento di carattere ideologico, ma dopo quanto detto, non lo ritengo costruttivo.
Spero, Cromaciste, di averti dato degli spunti di riflessione; sono a disposizione per chiarimenti. Verifica liberamente tutto ciò che ritieni necessario... da fonti scientifiche però.
Anche il modello creazionista da te riassunto potrebbe ricevere da parte mia infinite critiche, ma esse verterebbero essenzialmente sugli stessi punti qui menzionati, ovvero in sostanza l'inaderenza dei principi postulati con i dati di fatto reali che le varie discipline scientifiche hanno acquisito.
Ah, una cosa. Anche se salterò il commento "punto per punto", ho letto attentamente e c'è una "filippica" che devo proprio fare per salvare l'onore della povera fisica; è il punto in cui parli delle leggi della termodinamica.
La prima legge (conservazione di massa-energia) sostiene la predizione che a partire dal momento in cui l'universo fu creato e completato, niente viene più creato o annientato: ogni cosa viene conservata.
Ma per l'amor del cielo! A parte che, se ci fai caso, ciò contrasterebbe con l'estinzione delle varie specie passate, che secondo il modello creazionista NON sono imparentate... questo postulato avrebbe infatti come conseguenza la totale perdita del seme di una specie qual'ora un'estinzione si verificasse. Se sul piano tassonomico valesse davvero l'idea "nulla si crea e nulla si distrugge", allora secondo i creazionisti oggi dove sono finiti i brachiosauri?
Comunque al di là di questi bizzarri paradossi, è proprio l'idea di applicare questa legge all'argomento in esame ad essere sbagliata, poiché questa legge non c'entra niente con la tassonomia né con la genetica o con qualsiasi altra branca della biologia. Essa si applica a livello di particelle atomiche. Ci spiega semplicemente che esiste sempre un "tasso di cambio" fra la materia e l'energia, nonché fra tutte le forme di energia, sicché l'energia (e la materia) non svanisce mai nel vuoto e non compare mai dal niente, ma si converte sempre in forme differenti.
Quando un organismo, o una specie, o un intero regno si estingue, la biomassa coinvolta nel processo della morte non scompare mica. Hai mai provato a fertilizzare le pianticelle sul balcone di casa tua? Di cosa pensi che sia fatto quel terriccio, se noi dei prodotti inorganici decomposti a partire dai prodotti organici delle carcasse di animali, piante, batteri morti? Quasi tutto il carbonio della crosta terrestre ormai è passato all'interno dei corpi di esseri viventi, per poi tornare, con la morte, al suo stato inorganico.
La morte, o su scala più estesa l'estinzione, è soltanto un concetto che noi usiamo per formalizzare la distruzione di un determinato tipo di ASSEMBLATO di materia; ma tale materia non "perde" assolutamente nulla sul piano massa/energia. Viene coinvolta da altri organismi in altre reazioni chimiche che la reinseranno nell'eterno ciclo di acquisto e cessione di forme di energia; assumerà altri stati fisici, eventualmente si integrerà in nuove molecole. Ma di certo non scomparirà, e non violerà la prima legge.
Se hai dubbi chiedi a qualsiasi fisico, biologo o chi preferisci tu...
La seconda legge della termodinamica (quella della crescente entropia) è pure essenzialmente una conferma della legge universale del decadimento e della morte postulata dalla versione biblica del modello creazionista.
Non voglio certo entrare in questioni esegetiche o teologiche; devi soltanto dirmi dove, in ambito scientifico, questa legge darebbe qualche prova a favore del modello creazionista.
In realtà a grandi linee credo di averlo intuito, perché non sei il primo che leggo convinto dell'esistenza di un conflitto fra la seconda legge e la teoria dell'evoluzione... ma vorrei sentire da te una spiegazione esauriente sui motivi, per rendermi conto esattamente di qual'è il nocciolo.
Saluti
Rain