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L'autorità romana

Ultimo Aggiornamento: 14/02/2007 15:53
11/01/2007 12:14
 
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II PARS

E ora il tuo capolavoro sull’Ascensio Isaiae

“il riferimento a Nerone non indica necessariamente il martirio a Roma, poichè Pietro poteva essere stato condannato da un qualunque procuratore in una qualunque località dell'impero, come accadrà a Policarpo.”

Qui la spudorataggine negazionista è pura. Come sanno anche i sassi la persecuzione cui ci si riferisce è la strage dei cristiani di Roma che Nerone fece usandoli come capro espiatorio dell’incendio. L’uccisione dei cristiani romani intendeva punire la comunità responsabile dell’incendio e non abbiamo alcuna traccia, a questa data, che ci sia stata una persecuzione anche fuori da Roma. Inoltre si dice chiaramente che è stato dato in mano a Nerone, non a un suo procuratore, e ritornano i soliti problemi: dove? A Babilonia dove i romani non c’erano neppure?
E cosa cavolo c’entra la morte di Policarpo. Fai gli stessi giochetti della Torre di Guardia che per parlare della Babilonia del I secolo citano il Talmud Babilonese che è di quattro secoli dopo? Policarpo non è morto sotto la persecuzione di Nerone, anzi nacque quando la persecuzione di Nerone era già finita. Basti pensare che nel 154 era a Roma per trattare con papa Aniceto, e infatti morì sotto il regno di Antonino Pio, cioè dopo che le persecuzioni s’erano fatte a tappeto su tutto l’impero con Domiziano.

“Secondo Gnilka "qui non si parla esplicitamente della morte violenta di Pietro" (Pietro e Roma, p. 115)”

Evidentemente la WTS non è riuscita ad insegnarti così bene l’arte della strategia teocratica, non hai imparato alla perfezione i suoi trucchi sull’arte di non dire tutta la verità, o forse ti vuoi suicidare dialetticamente, visto che citi una frase assolutamente decontestualizzata da un brano che io stesso avevo già citato. Riporto la citazione di Gnilka integrale integrale:

“In questa apocalisse si trova un passo che dovrebbe riferirsi al martirio di Pietro. Si parla di un re ingiusto, di un matricida, nel quale si sarebbe incarnato Beliar(=il diavolo). In una finta profezia si predice che avrebbe perseguitato la piantagione piantata dai dodici apostoli del Diletto (del Figlio Diletto) e che uno dei dodici sarebbe stato dato in sua mano (Asc. Is 4,2 s.). Non c’è alcun dubbio che col re matricida si voglia indicare Nerone. Questo nome si era attaccato saldamento all’imperatore. (Dione Cassio 62,18,4; Or. Sib. 4,121) Egli ha perseguitato la piantagione del diletto, cioè la Chiesa. Quando, in un siffatto contesto, si menziona uno dei dodici apostoli, non può trattarsi che di Pietro. Paolo non appartiene al gruppo dei dodici apostoli. Se il nome di Pietro non viene fatto esplicitamente ciò è dovuto allo stile apocalittico che procede per riferimenti indiretti. “Dato in mano a qualcuno” è una formulazione già di per sé minacciosa; ma se la mano di un matricida quella in cui si cade, può trattarsi solo del peggio. E’ quindi una questione secondaria se non si parla esplicitamente della morte di Pietro. Merita di osservare che il passo connette ancora una volta la persecuzione della comunità e il destino di Pietro con Nerone. Mente la Prima lettera di Clemente aveva richiamato alla memoria questa correlazione nella sua esposizione, l’Ascensione di Isaia vi allude alla maniera apocalittica. Questo scritto pone anche la persecuzione della comunità- in maniera paragonabile con l’Apocalisse giovannea- in una prospettiva escatologica finale, descrivendo, subito dopo l’annuncio della persecuzione, la parousia del Signore (Asc. Is. 4,14 ss. La presenza di Nerone autorizza a dedurre con certezza che si pensa alla comunità di Roma” (pag. 115)

Cioè l’autore voleva appunto dire che questo fatto visto il contesto è del tutto irrilevante la mancanza di esplicita. (Anche se a dire il vero considerato il genere letterario mi sembra sin troppo esplicito). Siamo in un fase del cristianesimo antichissima, quella in cui ci si attende ancora un’imminente ritorno di Cristo, la parousia, in questo caso seguirà subito dopo le persecuzioni cui è caduto vittima Pietro. L’orizzonte apocalittico e l’attesta di una parousia imminente hanno fatto giustamente datare questo scritto, come tutti i suoi simili, a circa gli anni 90 del I secolo

E ovviamente hai “dimenticato” di commentare il fr. Rainer, che è eloquentissimo. La tua ostinazione a non rispondere a quest’insieme di prove convergenti è spettacolare. A beneficio del pubblico e affinché tu non osi ancora una volta svincolare e fare il finto tondo quando fa comodo riporto le poche righe su questo frammento:


C’è uno stretto nesso tra questo testo e il frammento Rainer dell’Apocalisse di Pietro, anch’esso di fine I secolo (E. Peterson, Das Martyrium des hl. Petrus nach der Petrus-Apocalypse, in Frühkirke, Judentum und Gnosis, Roma, 1959, 88-91; O. Cullmann, op. cit. pag. 151)). Il passo rilevante ai nostri scopi recita: “Ecco, o Pietro, ti ho rivelato e spiegato tutto. Ora va nella città della prostituzione (ovviamente Roma N.d.R.) e bevi il calice che ti ho promesso dalle mani del figlio di colui che si trova nell’Ade. Così la sua distruzione avrà inizio, ma tu sarai invece degno della promessa”. Anche qui collimano nello stesso discorso Nerone, Pietro e l’orizzonte escatologico. Importante è anche la concentrazione su Pietro che contraddistingue questa tradizione. Essa è più antica di quella che pone Pietro e Paolo in parallelo. Dovrebbe essere sorta come tradizione autonoma: essa ci diviene accessibile verso gli anni novanta del I secolo, cioè trent’anni dopo gli eventi. Questa distanza cronologica relativamente breve garantisce l’attendibilità del martirio romano di Pietro. In questa medesima decade rientra la composizione della prima lettera di Clemente, della piccola apocalisse contenuta nell’Ascensione di Isaia, dell’Apocalisse di Giovanni e certamente anche del testo contenuto nel frammento Rainer (da Gnilka, op. cit. pag. 114-115)



Per Spirito

“Sono in linea con il pensiero di Teodoro. Che Pietro fu a Roma credo che sia ragonevolmente certo”

Grazie Spirito. Arrenditi Barnaba, sei solo! Persino i laici su quest’argomento non possono che constatare i fatti.

Ad maiora

[Modificato da Polymetis 11/01/2007 12.16]

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11/01/2007 13:58
 
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Cari amici non posso che constatare le prove che ha prodotto Polimetis, sempre che ci siano stati dei dubbi,

debbo ammettere che a tratti ho riso quando richiama al capolavoro sull’Ascensio Isaiae di Mr.Tarocchis (senza offesa [SM=x511454] ) o al "krypto" e al 3 volte "cosa diavolo vuol dire questa frase", e ancora alle coordinate date a metà di Conzelmann, ma anche li c'era il tarocchis.


11/01/2007 15:02
 
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Grazie d'aver apprezzato il mio post, l'ho scritto di fretta e senza rileggerlo quindi presumo sia pieno di errori di battitura. Spero che non rendano meno scorrevole la lettura.

"e ancora alle coordinate date a metà di Conzelmann"

Queste veramente le ha date giuste, semplicemente non ha letto il libro dell'autore suddetto bensì un'opera che lo cita, ma non è certo un reato citare in questo modo.
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Re:

Scritto da: luigi2 11/01/2007 13.58
Cari amici non posso che constatare le prove che ha prodotto Polimetis, sempre che ci siano stati dei dubbi,

debbo ammettere che a tratti ho riso quando richiama al capolavoro sull’Ascensio Isaiae di Mr.Tarocchis (senza offesa [SM=x511454] ) o al "krypto" e al 3 volte "cosa diavolo vuol dire questa frase", e ancora alle coordinate date a metà di Conzelmann, ma anche li c'era il tarocchis.





Abbi fede caro Luigi, sto preparando la risposta al post di Poly che mi riguarda.

Comumque caro Luigi, come disse sta volta giustamente Barnabino, se vuoi delle conferme le troverai sempre ! E dimostri ampiamente che quello che volevi non era capire la questione ma trovare a tutti costi conferme a quello che già credevi quando scrivi: "sempre che ci siano stati dei dubbi".

Il che significa che dubbi non ce ne devono essere giusto ? Ma se no hai dubbi non potrai mai giudicare obbiettivamente le prove che gli altri ti portano a sostegno delle loro tesi.

Saluti
Andrea
11/01/2007 18:31
 
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"se vuoi delle conferme le troverai sempre"

Questo è un meccanismo ben noto in psicologia, e mi chiedo quale "fazione" possa dichiararsi esente da un simile condizionamento. Per questo nel mondo accademico vige la regola consenso inter-soggettivo, trasversale alle parti, e questo è uno di quei casi. Gli storici protestanti, che non hanno alcun bisogno di trovare conferme su questo punto, e i generale il mondo accademico, è concorde col soggiorno romano di Pietro, oggi non messo più in discussione.
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11/01/2007 20:34
 
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Re:

Scritto da: Polymetis 11/01/2007 15.02
Grazie d'aver apprezzato il mio post, l'ho scritto di fretta e senza rileggerlo quindi presumo sia pieno di errori di battitura. Spero che non rendano meno scorrevole la lettura.

"e ancora alle coordinate date a metà di Conzelmann"

Queste veramente le ha date giuste, semplicemente non ha letto il libro dell'autore suddetto bensì un'opera che lo cita, ma non è certo un reato citare in questo modo.



Polimetis menomale che l'hai scritto in fretta!

Per Andrea:

Ben venga la tua risposta, siamo qui per discutere, edificarci, capire.
Ma altrettanto si deve dare merito a chi a prodotto fatti, concretezza, nomi e cognomi come si suol dire.

Amici qui bisogna essere umili ed onesti, la storia riportata da Polimetis che sia tarda o vicina, che sia apocrifa, canonica, per la stramaggioranza ha il consenso vedendo Pietro a Roma,
e dentro ci sei pure tu Andrea, spero anche barnabino ora.



11/01/2007 20:35
 
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"è concorde col soggiorno romano di Pietro, oggi non messo più in discussione"

Mi riferivo ai miei post e alle mie tesi non a quelle di altri.

Saluti
Andrea
13/01/2007 23:23
 
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“La mia risposta fu:
"Ma qui il clima è totalmente cambiato, l’impero d’Oriente da persecutore è diventato garante dei cristiani, dunque c’è una sorta di unione tra trono e altare, quello che poi la storiografia chiama cesaropapismo bizantino"
Qui sì la legittimazione politica di Costantinopoli è palese, ma questo fattore non spiega la preminenza di Roma, giacché nei primi tre secoli un simile tipo di legittimazione al massimo può giocare un effetto contrario, sia per ideologica separazione dei cristiani rispetto al secolo (nel mondo, non del mondo), sia perché Roma era la persecutrice, Babilonia la grande. “

Ma io la lessi a suo tempo, solo che la ritenni assolutamente inutile. Difatti nel concilio c’è scritto il motivo per cui Roma assunse importanza in passato non nel momento in cui fu scritto. Cioè i vescovi stavano testimoniando che storicamente Roma assunse importanza perché capitale dell’impero, dunque non c’entra nulla il clima politico dell’epoca conciliare. Non mi vorrai dire che si inventarono di sana pianta questa verità storica ! Quello è un documento che attesta il motivo per cui Roma assunse importanza. Se fosse stato per successione apostolica vuoi che in un concilio ecumenico non lo avrebbero scritto a caratteri cubitali ?

“Questi sono problemi da manuale. La Chiesa di Roma non ha mai riconosciuto il canone 28. Roma basa questo suo rifiuto sui seguenti punti: “

Potrei fare della facile ironia…….e la faccio, i trapezisti circensi sono davvero nulla a confronto dei salti mortali quadrupli carpiati all’indietro che sono necessari ai cattolici per far quadrare il cerchio, Kung aveva proprio ragione, più mi addentro nei cunicoli intricati dei dogmi cattolici, più gli ragione, chiedendomi sempre più insistentemente dove arriveremo ?

“Non ha senso dire "tutti andavano a Roma", presuppone una mobilità della massa che nel mondo antica non c'era: si viaggiava per affari militari, istruzione (frequentare qualche scuola filosofica), commercio”

Quel tutti era generico, ovviamente non mi riferivo a tutti i cittadini dell’impero. Che Roma fosse il centro nevralgico dell’impero però e fuor di dubbio e che ospitasse “ogni nefandezza” proveniente da ogni parte dell’impero.

“Ma questa non è una risposta. Ciò spiega perché i cristiani di Roma siano onorati, appunto perché abitano in mezzo al male, ma questa constatazione non rivaluta assolutamente quel "male" né ne fa il criterio per scegliere quale sia la Chiesa preminente”

Tu confondi la polis con la comunità che vi predicava. Io ho parlato dell’importanza del luogo ove vi era la comunità cristiana, non che essa si identificasse con il luogo stesso !

“Io stesso ho detto che la Chiesa di Roma era preminente per i suoi martiri, ma ciò non implica alcunché sul fatto che una sede sia da ritenere preminente dottrinalmente proprio in virtù delle cose che in lei si odiano”

Ma questa preminenza dottrinale non è dimostrata in alcun modo, nel senso che ne diamo oggi. Fu un’evoluzione dell’importanza della comunità, nel tempo arrivò ad averne anche dal punto di vista dottrinale. Per fondare “apostolicamente” tale preminenza si iniziò a fare il nome di Pietro che da martirizzato in Roma divenne anche fondatore della comunità, come falsamente dice Ireneo. Di tutte queste “ipotesi” tuttavia, non vi è alcuna evidenza come ho già ampiamente esposto. Anzi Ireneo è facilmente smascherato quando dice che Pietro e Paolo fondarono la comunità di Roma. Questo è storicamente falso, da qui si comprende facilmente l’attendibilità della successione apostolica di Ireneo e avalla la mia tesi della crescente aggiunta di “particolari” alla predicazione di Pietro in Roma per dare autorevolezza “apostolica” alla Chiesa di Roma. Anche Filoramo infatti sostiene che Ireneo tentò di far risalire la “successione visibile” della chiesa di Roma agli apostoli proprio per dare autorevolezza a quella che lui considera ortodossia al fine di combattere più efficacemente l’eresia gnostica:

“tradizioni garantite nella sua legittimità ed autorità da una successione invisibile di episcopati che, secondo uno schema che poco prima di lui aveva stabilito Egesippo, anche Ireneo cercava di far risalire direttamente agli apostoli.”
(Storia del Cristianesimo – L’antichità. Filoramo pag. 196)


“Un cristiano ama la vita. Il martirio può essere desiderato come in Ignazio nel momento in cui sei nel tunnel che ti porterà ad esso”

Questa frase non ha alcun senso.

“E perché gli orientali non si sarebbero potuti rivolgere a una delle molte altre comunità paoline come Corinto o l'importantissima Efeso?”

Perché Roma divenne preminente anche per il fatto che elargiva “pecunia” a tutto spiano.

“Questo non è il seguito, sono gli Atti degli apostoli, dove c'è già la tripartizione episkopos, presbyteros, diakonos. Con la nota che tutti gli episkopoi sono presbyteroi (come oggi del resto), mentre non tutti i presbyteroi sono episkopoi.”

Mi stai dicendo che secondo te l’episcopato monarchico è presente sin dal primissimo cristianesimo ? Perfino noti ricercatori cattolici non sono d’accordo con te ! Come ho già detto, solo in seguito si sviluppò l’esigenza di un’autorità precisa alla quale riferirsi, per problemi dottrinali, per difendersi dalle “eresie”, per stabilire una sorta di “legislazione” interna alle comunità ecc…

“si veniva mandati a predicare dal collegio apostolico”

Se anche fosse così come dici, collegio non significa infatti episcopato monarchico.

“Ho fatto cioè notare seguendo in questo Cullmann che sono più antichi i passi in cui si parla di un martirio di Pietro a Roma senza citare Paolo che quelle in cui essi vengono accoppiati”

Ma io non sto parlando del martirio ma del fatto che solo successivamente fu detto che Pietro non solo predicò a Roma ma che lasciò un suo successore ! Non vi è alcuna evidenza coeva di tutto ciò, oppure forniscimela.

“Abbellimento della tradizione, una tradizione solida, non invenzione.”

Non invenzione ? Io credo che tu faccia orecchie da mercante. Ireneo dice chiaramente che la comunità di Roma fu fondata da Pietro e Paolo, falsità storica nota anche ai sassi. Eccoti la prova che tali “aggiunte” siano il frutto di un preciso piano: legittimare l’autorevolezza di Roma fondandola sul principio della successione apostolica e non di un apostolo qualsiasi ma di Pietro in persona ! Del resto era nota la prassi del tempo di creare letteratura “ad hoc” ovvero scritta per uno scopo ben preciso, come ad esempio tutta la letteratura antigiudaica nata a causa della preoccupazione di distinguersi nettamente dal giudaismo. Anche questa letteratura è intrisa di “finzione” così come sostiene Filoramo:

“si tratta di un tipo di letteratura [letteratura antigiudaica ndr]che non sfugge certo ai caratteri di stereotipia e monotonia e, in fondo, di finzione, che scaturiscono dal ricorso spesso all'uso del genere.” (Storia del Cristianesimo – L’antichità. Filoramo pag. 146)

“Gli argumenta e silentio notoriamente non valgono una cicca”

Ma qui non sono argumenta ex silentio, perché quando un documento coevo o di poco successivo il cui autore avrebbe avuto ogni motivo per citare addirittura il “principe degli Apostoli” che alcuni danno per suo Maestro, non lo fa, è un segno evidente che ne Clemente ne la sua Chiesa nulla avevano a che fare con costui. Figuriamoci se Clemente, conoscendo Pietro personalmente, in una lettera scritta di suo pugno non avrebbe fatto riferimento niente mento che ad una “colonna” degli apostoli. Sostenere il contrario è sintomo della volontà di piegare la storia alla propria tradizione religiosa.

“Da parte dei miei interlocutori si è cercato di descrivere la Chiesa di Roma come una comunità che se la canta e se la suona da sola, che si fa pubblicità inventandosi tradizioni per difendersi dagli eretici, ecc.”

Da parte mia non è proprio così. Io sostengo che la comunità cristiana romana con Pietro non aveva nulla a che fare, Pietro probabilmente morì a Roma dopo un soggiorno in cattività non superiore a qualche mese.

“Ciò è particolarmente utile contro i seguaci del negazionismo ad ogni costo, che evidentemente pensano di sapere chi sia l'autore di una lettera meglio del vescovo della comunità che pochi decenni prima l'aveva ricevuta e fino ad allora leggeva nelle assemblee liturgiche considerandola una specie di reliquia. “

Come sei semplicistico nella lettura di quei passaggi. Nulla di ciò che hai scritto significa alcunché se non che Corinto avesse a cuore la comunità romana.

“Perché Roma non si richiama a Pietro? Aniceto non poteva gloriarsi, come Policarpo, di rapporti diretti con gli apostoli. Inoltre un mancato richiamo agli apostoli di Roma si può facilmente spiegare con la coscienza che la comunità di Roma aveva del fatto che la cerimonia pasquale di domenica era stata introdotta di recente e non risaliva all’età apostolica. (Per tutto questo si veda O. Cullmann, Il primato di Pietro, pag. 153). Non ci si è cioè richiamati a Pietro perché si sapeva che non fu lui l’iniziatore di questa tradizione. “

Questa risposta è una conferma ulteriore di come il primato romano/petrino sia infondato. E’ impossibile che non si citasse Pietro quale autorità indiscussa della tradizione romana e questo a prescindere dal fatto che una particolare usanza non era da ricondursi direttamente a Pietro poiché tante sono state le tradizioni non riconducibili agli apostoli, ma in tutti casi ad essi ci si è richiamati per cercare autorevolezza. Lo stesso Papa ancora oggi si comporta così.

“Ad esempio se mi dicono che Cesare è il comandante della campagna in Gallia ma in un testo coevo sulla guerra gallica nessuno mi nomina mai Cesare posso pensare che ci sia sotto qualcosa.”

Ed infatti io penso che ci sia sotto qualcosa proprio per il fatto che nei documenti in cui Pietro doveva essere nominato quale “fondatore” o Episcopo di Roma viene bellamente ignorato fino a quando qualche apologeta, il cui scritto è mirato a “difendere” la propria Chiesa ortodossa dalle eresie, inizia a inventarsi fondamenti petrini inesistenti e a sostenere, senza fornirci alcun indizio storico, che Pietro lasciò la sua eredità a Lino, quando qualcun altro invece, sempre per i medesimi fini, nominò Clemente. Inoltre ti vorrei far notare come sia storicamente facilmente riscontrabile che Pietro fu l’apostolo che impose le mani ad Antiochia. Se fosse avvenuto lo stesso in Roma è presumibile ritenere che avremmo equivalenti se non maggiori testimonianze data l’importanza di Roma, invece abbiamo il silenzio, che in questo caso è più importante di qualsiasi documento, a meno che tu non abbia l’insana pretesa che io ti porti, a sostegno della mia tesi, che poi non è mia, un impossibile documento coevo in cui si dica: “Pietro non fu vescovo di Roma “ !!

“Ignazio di Antiochia”

Come sempre, estrapolando si trasmette un messaggio distorto, dunque riportiamo l’intero brano ove si menziona Pietro:
“Scrivo a tutte le Chiese e annunzio a tutti che io muoio volentieri per Dio, se voi non me lo impedite. Vi prego di non avere per me una benevolenza inopportuna. Lasciate che sia pasto delle belve per mezzo delle quali mi è possibile raggiungere Dio. Sono frumento di Dio e macinato dai denti delle fiere per diventare pane puro di Cristo. 2. Piuttosto accarezzate le fiere perché diventino la mia tomba e nulla lascino del mio corpo ed io morto non pesi su nessuno. Allora sarò veramente discepolo di Gesù Cristo, quando il mondo non vedrà il mio corpo. Pregate il Signore per me perché con quei mezzi sia vittima per Dio. 3. Non vi comando come Pietro e Paolo. Essi erano apostoli, io un condannato; essi erano liberi io a tuttora uno schiavo. Ma se soffro sarò affiancato in Gesù Cristo e risorgerò libero in lui. Ora incatenato imparo a non desiderare nulla.”

Dunque Ignazio dice che non vuole comandarli come Pietro e Paolo che invece erano liberi, non dice “che erano i vostri vescovi “ !! Di Pietro non sappiamo, mentre di Paolo sappiamo bene che quando fu a Roma non era libero ma prigioniero (cfr atti), dunque Ignazio non può riferirsi al soggiorno romano di Paolo. Inoltre Ignazio si giustifica premettendo che non vuole comandarli, ma come potrebbe comandarli un vescovo di un’altra chiesa ? Se lo esplicita significa che era possibile per vescovi di altre comunità dare delle direttive ad altre chiese, dunque anche Paolo e Pietro agirono presumibilmente in questo modo essendo oltretutto apostoli. Inoltre Ignazio era vescovo di Antiochia, se Roma fosse stata predominante, come avrebbe mai potuto Ignazio pensare di comandarli ? Ignazio sta parlando del modus operandi degli apostoli di impartire le loro direttive a tutte le chiese indipendentemente da quale chiesa fondarono o diressero, ecco perché parla di Pietro e Paolo lquali autorità di un certo rilievo e non per il fatto che avessero necessariamente insegnato a Roma in qualità di rettori della comunità, perché se così fosse Iganzio non avrebbe dovuto sottolineare il fatto che la sua lettera non era un comando ai romani.
In conclusione qui Ignazio dice semplicemente che non ha l’autorità che ebbero Pietro e Paolo in generale nella “grande chiesa” e non sulla comunità romana in particolare.

La vera domanda che sorge spontanea leggendo Iganzio è: come mai chiede ai romani di non intervenire ? potevano forse questi far qualcosa per salvarlo dal martirio ? se si come ? avevano già influenza nei confronti dell’imperatore ?

“Papia di Ierapoli (Rimasti solo frammenti, parla della predicazione di Pietro a Roma e della stesura del Vangelo di Marco su richiesta dei romani che ne derivò, in Eus, op. cit., II, 15, 2) “

Scusa dove Papia parla della predicazione di Pietro a Roma ?

“Non esattamente. I passi incriminati sono i seguenti: “Mostrino esse (le chiese eretiche N.d.R.) la successione dei loro vescovi in modo da poter risalire o ad un apostolo o ad un loro discepolo, così come fanno le CHIESE APOSTOLICHE, ad esempio… la Chiesa di Roma che presenta Clemente CONSACRATO DA PIETRO” (32,2) “

In questo passaggio è bene evidente quel che dicevo sopra, si fonda la successione apostolica proprio per avere un’arma contro le cosiddette eresie, inoltre non sono d’accordo con l’analisi del testo, a mio avviso appare evidente la contraddizione tra Tertulliano ed Ireneo.

“nessuno storico della Chiesa s'è mai sognato di dire che abbia soggiornato a Roma ininterrottamente”

Effettivamente dimentico che probabilmente Pietro aveva la carta “mille miglia” Alitalia per andare e venire da Roma in pochi giorni e quando gli pareva e piaceva.

“Quella tradizione riportata da Eusebio, che tra l'altro oggi non ha grandi sostenitori”

E questo ancora una volta è un altro indizio di come questi apologeti inventarono tradizioni di sana pianta per i fini già esposti.

“non si può né provare né confutare”

Falso, basta leggere le fonti e gli altri post.

“poi in questa comunità di origine giudeocristiana e con così forte composizione giudeocristiana, specie trattandosi della capitale”

E’ interessante notare come le argomentazioni dell’avversario diventino valide quando servono a sostenere le nostre tesi. Adesso Roma riveste una qualche importanza richiamando a se il principe degli apostoli perché era la capitale ? Se prima avevo qualche dubbio sulla tua non-obbiettività in merito al primato romano, adesso ho la conferma e per tua informazione traggo le mie argomentazioni da studi seri e non da sitarelli. Riguardo ai riferimenti del frammento di Porfirio eccoli: Frammento 22, tratto dal III libro dell'Apocriticus di Macario Magnete (Texte Untersuchungen XXXVII/4, Lipsia 1911, p. 56. Cfr A. Harnack, Porphirius gegen die Christen.) Devo ammettere che non ho la possibilità di verificarli personalmente, ma mi hanno assicurato che sono fondati.

”Se è vero che v'è stata una missione giudeocristiana e che Pietro ne aveva la responsabilità”

In tutto l’ecumene ? difficile.

“Si fa notare innanzitutto che il silenzio di uno, o di pochi, non può mai annullare un coro così potente di voci tutte concordi ed unanimi”

Eh ? quale coro ? Ah ho capito intendi quello parrocchiale.

“E allora che bisogno c'era, in una lettera mandata alla comunità, tramite il capo, di nominare il capo stesso?”

Magari lo si saluta o no ? Tu quando scrivi a qualcuno non lo saluti ?

“Ora, se l'eucarestia era una cosa da nascondere, certamente non era meno da nascondere il capo della Chiesa, S. Pietro.”

Queste sono davvero delle emerite boiate. Se le cose erano da tenere “nascondere” allora nessuno avrebbe dovuto scrivere alcunché.

“Non c'è, forse, tutta una trasparente, allusione ad un fondatore, di quella Chiesa, più importante dell'apostolato stesso dei pagani, una allusione a S. Pietro?”

No. Comunque se uno vuole può trovare quel che gli pare in tutte le allusioni. Il bello è che si predica agli altri di non fornire inutili argomenti ex silentio. La logica contorta che seguono i cattolici per giustificare storicamente l’ingiustificabile è la seguente:
in 100 anni non c’è nessuna testimonianza del lascito petrino a Roma. Solo dopo 100 anni un apologeta chiaramente di parte tenta di fondare l’autorevolezza di Roma sulla successione apostolica di Pietro. Si fa notare ai cattolici che costui scrive un testo apologetico contro le eresie, che scrive falsità storiche evidenti (fondazione della comunità romana da parte di Pietro e Paolo) e dunque è facile dedurne che tale successione apostolica è falsa visto che, oltre a ciò, prima di lui nessuno ne ha parlato. Cosa rispondono i cattolici ? che si discute su prove ex silentio !! Vale a dire che pretendono che qualcuno fornisca una prova di un qualcosa che non è accaduto !!! Si pretende cioè che prima che un Ignazio di turno si inventi un falso storico, un veggente vissuto qualche anno prima scriva un documento nel quale confuti un futuro falso storico !! donazione di Costantino docet.

“Paolo non saluta Pietro, perché costui si trovava momentaneamente assente da Roma. “

Si, come ho già detto probabilmente ha preso l’aereo a Fiumicino per atterrare a Gerusalemme. Inoltre è un’assurdità ciò che dici, perché non si salutano le persone solo quando sono fisicamente in una località, si saluta sempre l’autorità locale quando gli si scrive, specialmente uno come Pietro, indipendentemente da dove si trovi in quel momento. Sarebbe come dire che Bush, scrivendo alla comunità italiana, non saluti Prodi perché in quel momento si trova in Cina !

“Come puoi dire una cosa simile, anche qualora conoscessi il solo Ireneo, vescovo originario dell'Asia minore che è per l'appunto è del II secolo, e che afferma "con questa grande chiesa in virtù della sua potentior principalitas deve necessariamente essere d'accordo ogni Chiesa".”

Perché mi riferivo al primato conclamato, riconosciuto da tutte le chiese, difatti Ireneo può dire quel che gli pare, bisogna vedere se, in quel periodo, tutte le altre chiese erano d’accordo con lui.

“Quello che gli studiosi si limitano a dire è che non c'è prova di un episcopato monarchico a Roma prima del 150 d.C., ma ciò non vuol assolutamente dire che non esistesse”

Non vuol dire che non esistesse ? Argumenta ex silentio ? nooo, ovviamente in questo caso no, embè.

“Ignazio, che ripeto morì nel 107, non parla di una situazione in via di formazione ma tratta la cosa come assolutamente ovvia, e non parla di questa struttura in qualche comunità sconosciuta bensì nelle principali comunità del tempo, molte delle quali avevano ricevuto la predicazioni di Pietro e Paolo nonché le loro lettere.”

Mi devi spiegare dunque come fanno gli storici, come tu stesso ammetti, se fosse tutto così semplice come tu lo esponi, a dire che non vi sono prove dell’episcopato monarchico nel I secolo. Ma vediamo cosa ci dice il Professor Filoramo a tal proposito:

“infatti, se in una prima fase, che possiamo far durare fino alla fine del I secolo, la struttura delle comunità cristiane che era rimasta fluida, ruotando intorno a una duplice duplicità di poteri - i ministeri itineranti e quelli residenziali, con una certa preferenza, legata anche alla forte spinta missionaria, verso i primi - autori come Ignazio e Policarpo, nel primo trentennio del II secolo, testimoniano ormai la crisi della comunità carismatica di tipo paolino e il prevalere dei ministeri residenziali, che si vengono progressivamente strutturando in forma gerarchica. Ignazio, in particolare, sottolinea la centralità che ha ormai assunto il ruolo del vescovo nella sua comunità […] non bisogna generalizzare troppo la presenza di questa forma di episcopato monarchico [nel II secolo], in parte legata alla centralità che l'eucarestia ha nella teologia mistica di Ignazio, teologia che individua nel vescovo l'unica persona delegata a rappresentare quel sommo sacerdote celeste che è il Cristo. È indubbio, comunque, che col vescovo di Antiochia emerge un tipo di struttura gerarchica destinata ad affermarsi nel corso del II secolo fino a diventare la forma dominante. Esso si accompagna con un tipo di comunità, in cui le esigenze di vita comunitaria, che disciplina, di controllo, di censura nei confronti di posizione ritenute devianti, finiranno per favorire l’imporsi di forme di autorità diverse da quelle carismatiche e profetiche delle prime comunità paoline.” (Storia del Cristianesimo – L’antichità. Filoramo pag. 159)
Filoramo è dunque in linea con ciò che sostengo, ovvero che nel I secolo non vi era alcun episcopato monarchico e che questo si iniziò a delineare in alcune chiese el corso del II secolo per far fronte alle esigenze di “difesa” delle comunità stessa. Solo successivamente divenne la tipologia di comunità dominante.

“già nel II secolo infatti abbiamo l’attestazione dei cataloghi che le varie comunità compilavano per redigere le liste dei loro vescovi che le legavano al periodo apostolico”

Io, seguendo Filoramo, parlavo del I secolo.

“Un altro autore vissuto tra fine I secolo e inizio II, Egisippo, grande storico della Chiesa, ci dice che anche le comunità di Corinto e Roma erano monarchiche”

Viene da pensare che tutti gli storici che invece sostengono che non vi era un episcopato monarchico nel primo secolo, tra i quali anche qualche cattolico, siano degli ignoranti che non conoscono le fonti. Fino a quando non vedrò un testo di storia con la tua firma in calce mi limiterò a convenire con il loro autorevole parere.

“Il fatto stesso che il vescovo di Roma, e lui solo, sia intervenuto invocato o no”

E perché dici lui solo ? Lui parla a nome della sua comunità non a nome suo ! Inoltre se altri sono intervenuti non lo possiamo sapere. Ignazio scrive ad altre comunità così come altri vescovi, quindi è facile immaginare che le epistole fossero un’usanza comune tra le chiese dell’epoca, il problema è che probabilmente non sono giunte fino a noi anche le altre lettere.

“Ma questo al massimo nobilita e romani, che sono più sottoposti di altri al martirio, e infatti questo è il vanto della Chiesa di Roma, i suoi martiri.”

Appunto e questo è tra i motivi, secondario comunque rispetto al discorso del potere “economico”.

“Ciò non nobilita il sistema in sé, cioè il sistema che è produttore di martirio”

Ma io non ho detto che viene nobilitato l’urbe !! Ho detto che viene nobilitata la CHIESA di
Roma, non confondere la città con la comunità cristiana, sono cose distinte.

“che a tuo motivo avrebbe invece causato il riconoscimento di Roma come più importante”

Certo, riferendosi sempre alla comunità cristiana, anzi, pagano-cristiana romana.

“ Il cristianesimo primitivo ha una sorta di odio contro il sistema economico e politico romano, ed è ridicolo ritenerlo un motivo per scegliere in base a quello la città che dal punto di vista dottrinale doveva guidare l'ecumene.”

Niente affatto è invece l’esatto contrario. La comunità nata in seno a cotanta “bestia” si poteva fregiare di essere quella che annoverava i personaggi più “fedeli” a Cristo ovvero i suoi martiri, nonché colei che aiutava economicamente le altre e non in ultimo quella che vide Paolo predicare a lungo alla fine della sua vita.

“Per sapere chi ha preminenza dottrinale occorre vedere dove stia la Traditio migliore”

In parte sono d’accordo. Difatti a mio avviso Roma primeggiò anche per il fatto che fu tra le comunità più vicine alla predicazione paolina, la corrente del cristianesimo che vinse su tutte le altre.

“già avevo Paolo per accompagnatore (le lettere di Paolo che portava con sé nei pellegrinaggi come lettura spirituale).”

E difatti, ripeto, il paolinismo divenne preminente a Roma, altro motivo per cui tale comunità assunse fondamentale importanza.

“Trovo particolarmente istruttiva questa pagina di Girolamo per sapere con che spirito e spinti da che cosa ci si rivolgeva a Roma: “

Girolamo non è affatto istruttivo visto che siamo nel IV-V secolo.


“Non si determina pertanto la gerarchia delle chiese in funzione della storia di Gesù, ma in funzione della missione e della testimonianza apostoliche. Dipende dall'apostolicità della Chiesa. I grandi centri di questa non sono i luoghi consacrati dalla vita, dal ministero e dalla Pasqua del Signore”

E già qui ci sarebbe da discutere all’infinito, giacchè, a mio modesto parere, se si vuole essere cristocentrici lo si deve essere in ogni cosa, compreso i luoghi della sua predicazione e non quelli dei suoi fallibli seguaci che divisero il suo messaggio in innumerevoli messaggi diversi, litigando animatamente tra loro per capire quale fosse il reale messaggio di Gesù. C’è da chiedersi, inoltre, se tutti i 12 erano guidati e “riempiti” dallo Spirito Santo come mai fossero così in disaccordo su temi di fondamentale importanza dottrinale.

“ma perché il martirio affrontato in essa da Pietro e Paolo ne fa il luogo per eccellenza della testimonianza apostolica”

Dunque non è la successione apostolica a farne il luogo d’eccellenza, ma il martirio degli apostoli ! Siamo su un piano totalmente diverso.

“Certo, il fatto che Roma sia stata l'Urbe, la capitale, non è stato privo d'influenza su questo irradiamento”

Toh guarda un po’ è proprio ciò che scrivo da secoli.

“sembra che vada da sé la corrispondenza di fatto tra la posizione delle città nel sistema amministrativo ed i privilegi (presbeia) delle chiese. Non ci si potrebbe meravigliare e sarebbe piuttosto sorprendente il contrario. Tuttavia questa importanza geografica è come relativizzata da quella della testimonianza apostolica resa in quei luoghi dagli 'inviati' del Signore”

Be almeno finalmente lo si ammette chiaramente. Occorre capire quale storicità abbia la “testimonianza apostolica” di Pietro ! Dalle fonti nessuna, tranne, forse, il martirio.

“La chiesa locale di Roma deriva pertanto la sua grandezza ed il suo posto particolare dal suo speciale legame con i «gloriosissimi apostoli Pietro e Paolo» (gloria ovviamente sta per martirio)”

Ma, ripeto, se è il martirio di Pietro a Roma il fulcro della preminenza romana, allora discutiamo del nulla, perché io sto parlando della successione apostolica di Pietro che non è avveduta a Roma ma ad Antiochia. A Roma Pietro non predicò affatto e comunque non lasciò alcun suo erede.
Non commento il resto perché si parla di tradizione, di martirio, di Paolo, cose che esulano da ciò che voglio sottolineare in questo 3d.

“Per essere stato il luogo dell'insegnamento di Pietro e di Paolo e il teatro del loro martirio”

Insegnamento di Paolo si, insegnamento di Pietro no, al massimo luogo del martirio di Pietro.

“la Chiesa di Roma ha dunque un'autorità particolare, indiscutibile, quando si tratti della regola di fede che risale alla testimonianza apostolica”

Di Paolo certamente.

“Che Paolo non sia stato all'origine della comunità romana, basta leggere la sua lettera ai Romani e gli Atti degli Apostoli per esserne convinti (Rom. 1,7,15; 15,28; Atti 28,14-15).”

E dunque Ireneo dice il falso.

“Che Pietro sia venuto a Roma, la Tradizione è troppo salda al riguardo per poterlo mettere in dubbio; ma è assai poco verosimile che egli sia stato il punto di partenza della chiesa di quella città nel senso di un fondatore assoluto.”

Idem come sopra.

“Non abbiamo per altro alcuna prova diretta che vi sia stato a Roma un vescovo, e non un collegio di presbiteri o di episcopi, prima della metà del sec. II;”

Esattamente ciò che dicevo io.

“Nel leggere la storia complessa dei rapporti tra chiese nei primi secoli, quando ancora non sono fissate le tradizioni, si scopre che l'asse principale attorno al quale s'irradia questo influsso della chiesa romana è la funzione di pietra di paragone cui ci si riferisce nei casi controversi o di punto di riferimento.”

Non vedo dove nelle fonti si noti tale “pietra di paragone”. Da nessuna parte, nei documenti presi in considerazione, si dice che Roma è il punto di riferimento dottrinale per le altre chiese ! Di Ireneo si è già detto.

“ancorché l'Oriente rimanga forse più vicino alla vecchia concezione ('pietra di paragone' della fede),”

Oibò, ma non era Roma la “pietra di paragone” ?

“Per questo ho già scritto che non è un errore storico criticare il primato di Roma inteso come primato giuridico, mentre è un errore storico criticarne il primato dottrinale, ed è su questo che lavora il dialogo ecumenico”

Secondo me, invece, da quanto ho esposto non vi è alcun primato dottrinale riconosciuto fino a circa la fine del II secolo.

“Allora attendo di sapere da quale racconto di quale testimone avresti ricavato che la preminenza dottrinale di Roma dipende dalla sua posizione socio-economica. “

Tutto il mio post precedente è incentrato su questo.

“Lo sostiene chi e dove. Mai sentito parlare di ricerca e di dibattito accademico? Di monografie e di articoli? La sempliciottaggine con cui tutti pretendono di accostarsi a questi argomenti è sconvolgente, ignorando il dibattito che sta dietro.”

Ti ho già citato storici che sostengono determinate tesi, ma è assolutamente inutile, tanto il tuo gioco è chiaro e puerile, ti limiti a dire che codesto storico sbaglia, quell’altro è irrilevante, quall’altro ancora è di parte ecc… Se ti cito un manuale chiedi una monografia, se ti cito una monografia attacchi l’autore ecc… Sei arrivato perfino a dire che anche i premi Nobel dicono castronerie ! (il che è vero ma non dice nulla sul singolo studioso che ti cito)

“Neppure gli ortodossi sarebbero d'accordo con te, per farlo bisognerebbe non aver mai studiato patristica nella propria vita.”

E’ normale, se anche loro ritengono indubitabili le parole di Ireneo (e non so come facciano storicamente)

“La più antica testimonianza su questo punto è in Ignazio quando dice che non vuole dare ordini ai Romani perché a loro lì hanno dati Pietro e Paolo. Il verbo è proprio "dare ordini" quindi una qualche direzione c'è stata. “

Su questo ho già discusso, vedi sopra.


“bensì capire le monografie stesse, che non sono alla portata di chi non sia antichista.”

Sulla portata intellettuale delle persone non credo stia a te sindacare. Posso non essere un antichista ma avere la capacità di studiare e comprendere meglio di qualche antichista chemagari ha comprato la laurea.


“Io infatti non conosco nessuno che dica che la primazia di Roma deriva solo dalla sua posizione socio-politica”

Ed infatti non lo sostengo neanche io in questi termini. La tattica di ridurre alla banalità le tesi dell’avversario in modo da farle apparire castronerie facilmente confutabili è una tecnica deprecabile e nota, quindi ti pregherei di non usarla.

“Una posizione diffusa ed equilibrata è in chi vede l'intreccio di prestigio politico e di prestigio religioso, la tua tesi invece sto ancora spettando di sapere dove sarebbe sostenuta, perché come ripeto il Filoramo-Menozzi l'ho letto molto prima di te e non me parso che dicesse una cosa simile. “

E difatti io sostengo solamente che Pietro non impose le mani ad alcuno in Roma ne che vi predicò.

“A Roma perché c'è scritto "fra noi", quindi in mezzo ai romani.”

Non vedo come si possa dedurre con qualche certezza che quel “fra noi” si riferisca ai romani e non ai cristiani.

“Ma cosa dici? Non è affatto vero che Paolo esclude i precetti giudaici, semplicemente ne fa occasione di opportunità. “

Intendevo per i gentili ovviamente.

“Ancora ti difettano le categorie generali per comprendere quello che intendevo dire. Mi chiedo se hai capito il problema che avevo sollevato nei miei interventi, cioè la totale infondatezza della tesi, che più che dalla Bibbia deriva da Hegel, si una opposizione dialettica tra Paolo Pietro, tra il presunto sostenitore dell'apertura ai pagani e il conservatore della tradizione ebraica. Come già detto tale opposizione non esiste e fu risolta in seno all'ortodossia dal concilio di Gerusalemme, non esiste cioè alcun cristianesimo petrino contrapposto ad uno paolino, non ci sono due filoni dell'ortodossia nascente.”

Falso. Ti ho già citato gli scritti di Lupieri in merito dunque non intendo ripetermi.


Saluti
Andrea
14/01/2007 00:02
 
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Scusate, potreste fare post più brevi, magari trattando un tema alla volta? Altrimenti diventa impossibile seguire la discussione, che è molto interessante.

Shalom

14/01/2007 15:47
 
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Caro Polly


sarebbero “più tardi di 1Pt” quando invece gli è già stato risposto, e non c’è sognato di replicare, che sono invece contemporanei, cioè di fine I secolo



La 1 Pietro se scritta da Pietro deve essere stata scritta non alla fine del I secolo ma prima delle persecuzioni Neroniane. Dunque o lo scrittore non era Pietro (per cui l'apostolo non scrisse nulla da Roma/Babilonia) oppure non aveva ragione di usare Babilonia per Roma, termine che divenne di uso comune più tardi (dopo il 70) ed nella letteratura apocalittica, dunque un genere assai diverso da quello epistolare.

Per di più nulla nella lettera fa pensare ad un intento polemico verso Roma. Non ci sono ragioni pressanti di pensare che Pietro usasse un termine poco diffuso, usato in ambianti apocalittici e in una lettera che invita all'ubbidienza all'impero!

Usa il rasoio di Occam, l'ipotesi più ovvia è che qui ci si riferisse o a Babilonia oppure ad una metafora della dispora. Se poi per te il metodo storico-critico significa andare a cercare conferme dei tuoi dogmi allora possiamo andarcene tutti a casa!


per approfondire questo specifico argomento, la venuta di Pietro a Roma, è necessaria l’analisi di molte fonti



Molte fonti? Saranno una paginetta scarsa! Le molte pagine sono necessarie per arrampicarsi sugli specchi


La tua lingua e i suoi modi di dire li impari nella tua madrepatria, e Pietro era orientale.



Pietro o chi? Ed inoltre i suoi lettori erano occidentali. Chi lo avrebbe capito se avesse usato un'espressione nota solo ai lettori ebrei di libri apocrifi? Quanto erano diffusi tra i cristiani? Se oggi è normale dire "serenissima" invece di Venezia quanti avrebbero capito che quel "Babilonia" non era la città reale, inoltre non era assai più normale parlare di Babilonia in relazione alla dispora, uso comne senza dover scomodare circoli apocalittici? Scendi dal pero Polymetis!


Ma cosa diavolo vuol dire questa frase? Clemente Romano fa forse un elenco dei libri canonici che mi sono perso?



Uffa, che barba discutere con una mente tanto ottusa. Clemente nella sua lettera mentre si richiama all'autorità di uno scritto di Paolo non si richiama all'autorità di nessun scritto petrino, dunque non conosce alcun scritto di Pietro.


è una fonte datata al 180 d.C. che testimonia il martirio di Pietro a Roma, sia perché ci spiega che Luca non ha raccontato, negli Atti degli Apostoli, che ciò che era avvenuto sotto i suoi occhi



Dunque persino un autore convinto del martirio di Pietro a Roma non conosce la lettera che Pietro avrebbe scritto in quella città e comunque non la considera scritta a Roma. Indizio evidente che tale lettera fu scritta altrove: Babilonia in Mesopotamia.


agli autori romani coevi al canone muratoriano che testimoniano la canonicità di 1Pt si possono citare sia Sant’Ippolito Romano sia Tertulliano



Coevi non troppo. In tutti i casi sostengono che fosse scritta a Roma?


E allo stesso modo, visto che gli Atti degli Apostoli finiscono con la prigionia di Paolo, e dunque quando quest’ultimo non era ancora morto, per quale assurdità ci si dovrebbe aspettare che trattino della morte di Pietro visto che quest’ultima è successiva a quella di Paolo?



Non è tanto che gli Atti parlino della morte di Pietro, quanto che omettano ogni riferimento, anche minimo, ad una sua possibile presenza e visita a Roma. Credibile di fronte a sucessiva dichiarazioni esplicite, o alla presenza di saluti nelle lettere di Pietro o viceversa. Qui siamo di fronte invece ad un silenzio assordante!


Veramente ridicolo, siamo al culmine delle ipotesi ad hoc per salvaguardare il nocciolo duroi del ragionamento



Nessuna opotesi ad hoc, se ammettiamo che Pietro si trovava a Babilonia come attesta chiaramente 1 Pietro è più che ovvio attenderci che, poichè non vi fù alcun sviluppo del cristianesimo in quella zona (in che non significa che non ci fosse un'iniziale opera missionaria) non rimase nessuna memoria scritta del fatto pervenuta fino a noi.

Di fatto fino a 170 EV Pietro, per le fonti, potrebbe essere morto ovunque.


Da una parte abbiamo Babilonia in Italia, con l’esistenza di questa nomenclatura attestata in documenti giudaici coevi e tutta la tradizione successiva che concorda



Ma che cavolo dici! Sono documenti marginali, apocalittici e poco conosciuti. Se questo è metodo scientifico torna alle elementari! Babilonia invece era una città conosciuta da tutti, con una vasta comunità ebraica.... cosa sceglieresti?


e infatti su Papia hai smesso di rispondere



Papia è citato da Eusebio, fonte di sceonda mano, convinto assertore di Pietro a Roma. E' comunque il primo (nel 150 c) a ipotizzare che Babilonia fosse Roma. Che non fosse un uso comune è spiegato dal fatto che Papia deve spiegare il significato della metafora per essere capito, dunque non proprio la "serenissima"!

Mi fermo qui, c'è materiale a iosa!

Shalom









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