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L'autorità romana

Ultimo Aggiornamento: 14/02/2007 15:53
12/11/2006 16:29
 
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Non entro ulteriormente in questo tema perchè vedo che è emotivamente troppo impegnativo per Polymetis ed altri cattolici romani presenti sul forum, quello che voglio evidenziare è che sul "primato" di Roma e del suo vescovo nei primi secoli non esiste nessun consensus accademico.

Diciamo che spesso basta leggere qualche frase di un trattato per indovinare la religione di colui che lo ha scritto.

A mio avviso entrambi gli schieramenti dovrebbero considerare i documenti con maggiore serenità. In genere gli studiosi non schierati riconoscono che Roma aveva una certa supremazia per via della sede nella città che allora dominava il mondo civilizzato. Roma però non era la sola a vantare un provenienza apostolica e quindi contava più il "rango" della città che non le sue origini. Gli storici sono oggi concordi nel parlare di un primato "onorario" più che pratico, nel senso che Roma non aveva nessuna autorità di imporre scelte dottrinali o soluzioni ai problemi.

Per tutti suggerisco un testo di esemplare equilibrio:

Ewa Wipszycka, Storia della Chiesa nella tarda antichità, Bruno Mondadori, 2000

Shalom

[Modificato da barnabino 12/11/2006 16.31]

12/11/2006 16:37
 
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“Si può sostenere contemporaneamente che Roma sia diventata l'apice perché Pietro che era la roccia ne fu vescovo, e questa è l'interpretazione che se ne dà nel II secolo, e si può anche sostenere, senza che questo contraddica ma anzi ampli la prima causa, che Roma sia ascesa perché Gerusalemme ha perso di prestigio”

Lupieri e Filoramo non sono d’accordo con te. Si ritiene che non vi siano basi storiche per ritenere la comunità romana fondata o retta in qualunque modo da Pietro, bensì da Paolo.

Il cristianesimo pietrino è definito come una via di mezzo tra quello di Giacomo (il Fratello), nettamente giudeocristiano e quello paolino nettamente paganocristiano.

Roma divenne il punto di riferimento del paolinismo, che fu la corrente vincente dello scontro tra giudeocristiani e paganocristiani, perché non solo era la città più importante dell’impero, ma perché la comunità paganocristiana della città era direttamente collegata a Paolo in persona.

“Se l'asse si sposta su Roma non è semplicemente perché Gerusalemme va in crisi, ma perché gli eredi della predicazione di Pietro stavano lì. “

Questo è storicamente infondato, mentre è corretto affermare che a Roma ci fossero gli eredi della predicazione di Paolo che ebbe la meglio su tutte le correnti neocristiane.

“C’è un unico problema a mio avviso in questa ricostruzione, ossia che l’impero romano era la cosa più detestata in assoluto nel Vicino Oriente, per i cristiani in generale è Babilonia la grande, Roma è colei che è ebbra del sangue dei martiri”

Non per i cristiani in generale, che tra l’altro non sono immediatamente identificabili come tali, perché esistevano numerose correnti differenti all’epoca, ma principalmente per i giudeocristiani.

Difatti gli ellenisti avevano molti meno problemi con l’autorità romana. Lo dimostrano anche gli inviti in Luca e in Paolo all’obbedienza all’autorità. Tali inviti sarebbero stati intollerabili per gli ebrei perseguitati dall’impero, mentre erano condivisibili dagli ellenisti.

Poiché dunque fu proprio la corrente cristiano-ellenista ad avere la meglio, nulla vietava di assurgere Roma quale principale comunità cristiana di riferimento.

Ecco i passaggi del testo a cui mi sto riferendo:

“La nostra visione del insieme del cristianesimo delle origini è tendenzialmente parziale, poiché le scritture cristiane in nostro possesso ( il NT) provengono pressoché integralmente alla parte vincente del cristianesimo primitivo, cioè da quella legata alle tradizioni di ellenisti prima e dei pagano cristiani dopo. Se tutto il primissimo cristianesimo era composto da giudeocristiani, poiché tutti primi fedeli erano convertiti dal giudaismo, o al massimo da quell'area di simpatizzanti che lo circondava, con la fine del secolo I, dopo la distruzione di Gerusalemme e il distacco dalla sinagoghe (che si pone intorno gli anni '80 Dc), il termine giudeocristiani passa a indicare soltanto quella parte dei cristiani che, per i propri legami con le giudaismo, va assumendo una posizione marginale.” (Storia del cristianesimo - l'antichità. Pag. 120)

"Il primo personaggio, invece, a cui i giudeo cristiani si richiamavano, era Giacomo, il fratello del Signore, detto il giusto per la sua osservanza giudaica. Il titolo appare in greco in Egesippo, secondo cui ne aveva anche un altro ebraico purtroppo storpiato nei manoscritti, che pare significasse servo di Jahwè. Di Giacomo, della sua importanza e della leggenda della sua morte abbiamo notizia in un'opera strana, una specie di racconto romanzatp delle origini della Chiesa, attribuita a Clemente, il discepolo romano di Pietro. L'originale greco è perduto, ma ne possediamo varie elaborazioni traduzioni, in greco, in latino, in Siriaco, in arabo e in etiopico che, pur nella diversità, ci permettono di avere un'idea abbastanza chiara di che cosa fosse. In particolare, colui che ha elaborato il testo di partenza, dandogli una forma pseudoclementina (PsClem), ha adoperato antichi testi giudeo cristiani, fra i quali uno dedicato a Giacomo e forse intitolato " i battesimi di Giacomo " (AI). In AI Giacomo, nominato vescovo di Gerusalemme da Gesù, appare a capo dei dodici apostoli e le dispute con i Giudei, con i quali tuttavia condivide la pratica della circoncisione e delle purificazioni. Appare però un "nemico ", senza nome nel testo attuale, che gli aizza contro il popolo e lo scaraventai giù dai gradini del tempio premessa al suo martirio. Ora, dalla critica interna al testo, si ricava senza dubbio che tale nemico altri non è se non Paolo.

L'eroe principale, però, dei testi Giudeocristiani, risalenti probabilmente a secolo II e rielaborati in PsClem, è Pietro. I due più ampi dovevano intitolarsi “prediche di Pietro” e “viaggi di Pietro”. Le notizie che ne emergono ci mostrano una comunità di cristiani, stretta attorno al ricordo di Pietro, intenti in molte e ripetute pratiche purificatore, in acqua di fiume o di mare, coinvolti in vivaci polemiche con movimenti religiosi antagonisti. Gli avversari sono gli ebrei non cristiani, i sedicenti discepoli di Giovanni battista, che credono che Giovanni è il Cristo e non Gesù, e soprattutto un gruppo eretico capeggiato da Simon Mago. Questo " Simon Mago " , però, che sarebbe il primo cristiano che, ad Antiochia, ha portato il Vangelo ai pagani, ancora una volta altro non è se non un nome di copertura, introdotto dall'autore di tutti, PsClem, per Paolo”. (Storia del cristianesimo - l'antichità. Pag. 122-123)


Saluti
Andrea

[Modificato da spirito!libero 12/11/2006 17.00]

12/11/2006 21:58
 
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“Lupieri e Filoramo non sono d’accordo con te.”

Vuoi una contro-bibliografia? Non vorrei giocare agli aristotelici dell’università di Padova.

“Si ritiene che non vi siano basi storiche per ritenere la comunità romana fondata o retta in qualunque modo da Pietro, bensì da Paolo.”

Ma io non ho mai detto che sia stata fondata da Pietro, se con fondata si intende l’avervi predicato per primo. Tra l’altro il più grande specialista sul rapporto tra Pietro e Roma attualmente vivente, Gnilka dell’università di Monaco, è di parere esattamente opposto. Discutiamo di fonti e non di nomi.

“Il cristianesimo pietrino è definito come una via di mezzo tra quello di Giacomo (il Fratello), nettamente giudeocristiano e quello paolino nettamente paganocristiano.”

Come già detto questo tipo di divisione su quali obblighi giudaici conservare fu appianata al Concilio di Gerusalemme. Non c’è stato alcuno scisma all’interno della grande Chiesa, solo opinioni in attrito che poi hanno trovato un punto di compromesso.

“Roma divenne il punto di riferimento del paolinismo, che fu la corrente vincente dello scontro tra giudeocristiani e paganocristiani, perché non solo era la città più importante dell’impero”

Il che infatti al massimo era un punto a sfavore.

“ma perché la comunità paganocristiana della città era direttamente collegata a Paolo in persona.”

Paolo ha fondato e ha vissuto in numerose altre comunità. Non è mia intenzione negare che Paolo sia uno dei fondatori della comunità romana, quello che contesto è l’interpretazione riduttiva secondo cui Roma sarebbe divenuta importante solo perché vi ha predicato Paolo. Le fonti dicono altro. Cioè che Roma ha preminenza per Paolo e Pietro, et-et. A questo doppio di riferiscono le fonti più antiche che abbiamo, da Ignazio vescovo di Antiochia che dice di non voler dare ordini ai romani perché ad essi li hanno ricevuti da Pietro e Paolo, passando per Ireneo che attribuisce la preminenza della città alla sua origine più eccellente che indica nei due, fino a Cipriano che pur odiando il vescovo di Roma esclama "Chi non ritiene questa unità di Pietro, come può credere di mantenersi nella fede? Chi abbandona la cattedra di Pietro, sulla quale è fondata la Chiesa, s'illude di essere nella Chiesa?" (Cipriano, De Cath.Eccl.unitate, 4)
Io mi rifaccio alle testimonianze più vicine che abbiamo.

“Questo è storicamente infondato”

E perché di grazia visto che tutte le fonti del II secolo indicano Roma come preminente non perché capitale dell’impero o erede del paolinismo bensì come erede di Pietro e Paolo? Io ho portato le fonti del II secolo per far capire la mentalità dei cristiani di allora e mostrare perché ritenevano Roma preminente, i Padri che sostengono la tua tesi invece non li ho ancora visti.

“Non per i cristiani in generale, che tra l’altro non sono immediatamente identificabili come tali, perché esistevano numerose correnti differenti all’epoca, ma principalmente per i giudeocristiani”

La persecuzione romana non ha colpito i giudeo-cristiani ma i cristiani, anzi, i cristiani di Roma vi erano ancora più soggetti perché rifiutavano di onorare il genio dell’imperatore sotto il suo naso. Basti pensare alla persecuzione di Domiziano a fine I secolo, che ha colpito soprattutto i cristiani greci dell’Asia Minore. Paolo stesso fu fatto fuori dall’impero, viene da chiedersi come essere la capitale di ciò che l’apocalisse definisce Babilonia possa essere di incentivazione.

“Lo dimostrano anche gli inviti in Luca e in Paolo all’obbedienza all’autorità.”

E secondo te i martiri di Lione, di Scilli, di Roma, erano ebrei? Il richiamo all’obbedienza all’autorità di Paolo semmai dimostra il contrario, ossia che se c’era bisogno di fare un tale richiamo esso non era ben chiaro. E non c’entra nulla col gradimento o meno del governo bensì col rifiuto della sedizione, non si voleva cioè trasformare il cristianesimo in una sorta di revival di Spartaco.

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(Κ. Καβάφης)
12/11/2006 23:44
 
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Mah...


Vuoi una contro-bibliografia? Non vorrei giocare agli aristotelici dell’università di Padova



La contro-bibliografia di solito si compone di un 99% di autori cattolici romani. Da un forista che si presenta come un presunto paladino dell'indipendenza accademica certi discorsi fanno come minimo storcere il naso. Anche Gnilka è docente nella facoltà di teologia cattolica di Monaco.

Non è strano che gli autori cattolici si dannino per sostenere il primato di Roma ma il fatto che spesso lo fanno forzando la lettura dei testi patristici in direzione papalina. Gli autori indipendenti e quelli protestanti sono assai più cauto e danno degli stessi avvenimenti (che non ignorano di certo) una lettura, evidentemente, diversa e si suppone più equilibrata, a meno che non ci sia un complotto accademico.

Le conclusioni che io vedo sono che Roma, se pur era considerata come la prima delle chiese per via della sua posizione privilegiata, non aveva nessuna autorità in campo dottrinale. Le chiese potevano chiedere il suo parere in quanto vi si concentravano molti nomi importanti della chiesa e certo per la sua tradizione, ma nulla dimostra che tutte vi si rivolgessero e soprattutto che considerassero autoritative le sue decisioni.

Poi che una tarda tradizione la considerasse fondata da Pietro e Paolo mi pare che sia ininfluente alla nostra discussione. Nella lotta tra chiese rivali per il dominio è ovvio che ciascuna volesse far valere la propria supremazia. Sarebbe da capire se al tempo di Ireneo "Pietro" fosse considerato preminente su Giovanni o altri.

Shalom

[Modificato da barnabino 12/11/2006 23.50]

13/11/2006 00:51
 
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"li storici sono oggi concordi nel parlare di un primato "onorario" più che pratico"

E' già un passo avanti, basta che qualcuno mi spieghi cosa vuol dire primato onorario. Anche la dicitura primus inter pares è ambigua, non si capisce cioè perché se solo di onore si trattava le fonti la indichino come luogo di tradizione privilegiata da consultare.

“La contro-bibliografia di solito si compone di un 99% di autori cattolici romani.”

Ma siccome secondo non esiste una filologia cattolica e una laica bensì una scienza che tutti accomuna e un metodo da tutti seguito io gradirei analizzare le fonti. Se la maggior parte dei libri sul primato sono scritti da cattolici è perché ovviamente l’argomento a loro interessa.

“Anche Gnilka è docente nella facoltà di teologia cattolica di Monaco.”

E’ un’università statale, in Germania siccome capiscono qualcosa si può studiare teologia in università pubblica, ci sono ovviamente facoltà di teologia statali sia cattoliche che protestanti.

“Non è strano che gli autori cattolici si dannino per sostenere il primato di Roma ma il fatto che spesso lo fanno forzando la lettura dei testi patristici in direzione papalina.”

Io i testi li ho presentati, se c’è una forzatura papalina che ne travia il significato aspetto di vederla evidenziata. Finora i testativi di non leggere quello che c’è scritto per motivi ideologici gli ho visti nella tesi avversa, frasi patristiche di una chiarezza sconcertante dilatate con ogni sorta di marchingegno ermeneutico. Per me questa frase continuerà a voler dire quello che vi leggo, poi fate voi: “con questa grande chiesa in ragione della sua origine più eccellente dev’essere necessariamente d’accordo ogni chiesa”. S'è tentato di dire che s'è scelto Roma perché era la capitalke dell'impero, dimenticando che i cristiani odiavano l'impero. E questo lo dico sopratutto a Spirito, se vogliamo vedere quando l'autorità di Roma quale culla dei Cesari fosse percepita in modo ostile dai romani stessi basta aprire la lettera di Clemente(del 96 d.C.) che nell’incipit parla ai Corinti consolandoli per la sciagura che era capitata su tutti loro, romani inclusi, la persecuzione di Domiziano.

“Gli autori indipendenti e quelli protestanti sono assai più cauto e danno degli stessi avvenimenti (che non ignorano di certo) una lettura, evidentemente, diversa e si suppone più equilibrata, a meno che non ci sia un complotto accademico.”

Innanzitutto è un offesa dire che cattolici e protestanti non sono indipendenti, quando ormai è un hobby specie nelle facoltà di teologia cattoliche americane permettersi ogni genere di libertà in campo storico-critico. (E anche l’inverso ovviamente, si veda il volumento “i protestanti difendono il primato” che ho messo in bibliografia)

“e pur era considerata come la prima delle chiese per via della sua posizione privilegiata”

A cosa debba la sua tradizione privilegiata se non al fatto che lì v’era il magistero di Pietro e Paolo nessuno ha saputo spiegarlo con fonti dei Padri.

“non aveva nessuna autorità in campo dottrinale”

La lista di esempi di imposizione dottrinale fatta da Roma tra II e III secolo che t’ho scritto aspetta ancora una risposta.

“. Le chiese potevano chiedere il suo parere in quanto vi si concentravano molti nomi importanti della chiesa e certo per la sua tradizione, ma nulla dimostra che tutte vi si rivolgessero e soprattutto che considerassero autoritative le sue decisioni.”

Qui siamo al doppio delirio per lo storico, perché siccome tu non hai a che fare con le fonti antiche vivi la pia illusione che l’unico modo per dimostrare che tutte le Chiese si riferivano a Roma per risolvere le controversie sia di trovare in ogni singola Chiesa attestazione di questo fatto. Ciò ovviamente nell’ assurda convinzione che il mondo antico nelle sue fonti ci si sia conservato bene quanto le annate del “Sole 24 ore” da consultare in emeroteca. Il metodo da seguire è un altro invece. 1)Si parte dall’osservazione che non si deve va consultare Roma ogni tre minuti per la banale ragione che c’era in massima parte la stessa teologia. Roma si consulta se serve 2)Verificare nei momenti di crisi che cosa abbia fatto Roma e se la sua posizione sia stata vincente. Gli stessi Concili molte volte pendevano a seconda di dove si schierassero i delegati di Roma e abbiamo anche qualche attestazione di atti dei Concili mandati a Roma perché venissimo confermati.

“Poi che una tarda tradizione la considerasse fondata da Pietro e Paolo mi pare che sia ininfluente alla nostra discussione”

Cosa sia tardo e cosa non lo sia lo lascio dire ai grecisti. Oggi quasi nessuno, indipendentemente dalla sua confessione, nega che Pietro sia stato a Roma. Chi lo fa come voi ricicla solo materiale da fondamentalismo americano e da bible belt, quanto al protestantesimo accademico è su tutt’altra linea. Mi limito a riportare il brano di un autore che tutti noi conosciamo, estremamente critico verso il cattolicesimo, convinto lui e la sua scuola che tutti i dogmi cattolici fossero opera di un processo di ellenizzazione. Parlo ovviamente del grande storico del dogma Von Harnack: "Il martirio di S. Pietro a Roma è stato negato dai tendenziosi pregiudizi protestanti ed in seguito dai preconcetti dei critici partigiani... Non vi è studioso che attualmente esiti a riconoscere che questo fu un errore " (Chronologie der altkirchlichen Literatur, I, Berlino, 1897, pag. 244)
E non l’ha detto due giorni fa, quasi che fosse una consapevolezza recente, è un’acquisizione di più di 100 anni fa. E’ proprio il caso che i tdG si diano una svegliata e mollino gli opusculi di propaganda da cui attingono. Questa tradizione non ha nulla di tardo, come già spiegato la prima attestazione è nel I secolo (la Bibbia stessa ed Ignazio), ne seguono nel II secolo. E vi assicuro sono tante visto il periodo, ce ne sono di meno a raccontarci di Pericle, ma siccome voi credete che fare ricerche sul mondo antico sia come consultare le annate di Panorama vi lascio nel vostro brodo, perché non avete idea del grado di trasparenza che si possa esigere dalla storia antica e di cosa invece non si può avere.

Vi lascio un bel brano su cui riflettere per vedere quali erano le motivazioni dei cristiani nell'antichità:

"Se ti trovi nei paraggi dell'Italia, hai quella Roma, donde anche a noi arriva rapidamente l'autorità.
Questa Chiesa di Roma, quanto è beata! Furono gli apostoli stessi a versare a lei, col loro sangue, la dottrina tutta quanta. E' la Chiesa, dove Pietro è parificato, nella passione, al Signore; dove Paolo è coronato del martirio di Giovanni [...] Vediamo perciò che cosa essa abbia appreso, che cosa abbia insegnato e che cosa attesti: e con lei che cosa attestino le Chiese d'Africa." Tertulliano, La prescrizione contro gli eretici, 36


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[Modificato da Polymetis 13/11/2006 1.44]

[Modificato da Polymetis 13/11/2006 1.55]

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13/11/2006 10:06
 
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“Vuoi una contro-bibliografia? Non vorrei giocare agli aristotelici dell’università di Padova. “

Non metto in dubbio che vi siano, in questo campo, autori che dicono tutto e il contrario di tutto. Proprio per questo ho analizzato le bibliografie per gli esami universitari di Storia del cristianesimo antico di diversi atenei e in tutti ho trovato come testo base di riferimento per l’esame proprio il manuale di Filoramo. Dunque date le premesse mi sembra più che sensato accettare come fondate le tesi esposte in questo testo. Non ho ovviamente ne il tempo ne la possibilità materiale di consultare tutte le fonti antiche, proprio per questo mi sono affidato al testo di riferimento dei corsi di storia del cristianesimo della stragrande maggioranza delle università italiane.

Leggendo il libro è più che evidente che il primato di Roma sia dovuto a ciò che ho già esposto, ovvero alla vittoria della corrente di Paolo di cui la comunità romana Roma fu la più importante. Inoltre il contrasto con Pietro non pare affatto appianato a Gerusalemme, ma sembra sia una interpretazione lucana per far apparire la predicazione di Paolo approvata dallo stesso Pietro, come ho già evidenziato nei post precedenti.

Sembra che Pietro con la comunità romana poco avesse a che fare anche se effettivamente gli storici tendono a ritenere veritiera l’ipotesi di un suo viaggio a Roma. Tuttavia quella comunità seguiva pienamente la teologia paolina che era in contrasto con quanto stabilito proprio dal concilio di Gerusalemme nel quale si stabilì che anche i genitli dovevano comunque attenersi ad alcune leggi giudaiche in merito alla purezza dei cibi et similia.

“Non c’è stato alcuno scisma all’interno della grande Chiesa, solo opinioni in attrito che poi hanno trovato un punto di compromesso. “

Non si tratta di scisma perché la struttura della Grande Chiesa nasce quando il contrasto tra i giudeocristiani e i paganocristiani o ellenisti si sta già risolvendo a favore di questi ultimi.

“Il che infatti al massimo era un punto a sfavore. “

Non sono d’accordo su questo punto o almeno non lo sono gli autori del testo che sto studiando. In nessuna parte si dice che il fatto che Roma fosse la “capitale” dell’impero avrebbe scoraggiato i paganocristiani a ritenere la comunità in essa costituita la più importante, ma anzi, a mio modo di vedere si legge l’esatto contrario.

“quello che contesto è l’interpretazione riduttiva secondo cui Roma sarebbe divenuta importante solo perché vi ha predicato Paolo. Le fonti dicono altro”

I motivi sono effettivamente molteplici, ma quello che comprendo io è che non c’entra proprio nulla Pietro, ma che l’attribuzione anche al “primo” apostolo della comunità non sia altro che uno stratagemma utilizzato al fine di dare un fondamento apostolico di prim'ordine al primato romano. Per dirla tutta è ovvio che la corrente vincente dello scontro Paolo vs Pietro/Giacomo, riscrisse almeno in parte la storia. Occorre valutare dunque criticamente gli scritti dei padri che scrivono, appunto, dopo che il contrasto fu appianato e che la corrente paolina ebbe la meglio. Difatti gli stessi padri giudicarono eretici i giudeocristiani ancora rimasti quando, invece, molte comunità erano direttametne riconducibili alla predicazione apostolica.

“La persecuzione romana non ha colpito i giudeo-cristiani ma i cristiani, anzi, i cristiani di Roma vi erano ancora più soggetti perché rifiutavano di onorare il genio dell’imperatore sotto il suo naso”

Secondo la logica del martirio allora i cristiani romani potevano vantare ancor di più un primato !

“E non c’entra nulla col gradimento o meno del governo”

Non era un “gradimento” ma sicuramente nei vangeli o scritti indirizzati ai giudeocristiani (vedi Matteo) era improponibile un riferimento del genere e difatti solo negli scritti rivolti agli ellenisti troviamo questo invito, perché ?

Saluti
Andrea
13/11/2006 11:37
 
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Calma, calma, cerchiamo di analizzare con serenità le cose senza montare su una crociata. Una volta tanto il più calmo è barnabino, incredibile!
Intanto vorrei glossare la nota di poly secondo cui Roma era in odio ai cristiani. Questo è vero solo in parte, infatti tutto ciò che abbiamo di pesantemente negativo su Roma proviene esclusivamente da fonti giudaiche o giudaico-ellenistiche, mentre l'atteggiamento dei cristiani di seconda generazione o provenienti dalle file del paganesimo è quello tipico della cultura del tempo: Roma da una parte, i barbari dall'altra. E' chiaro che si cerca un'assimilazione e non un contrasto.
Questa postulata preminenza di Roma è poi tutta da discutere. A Roma non ci sarà un teologo degno di questo nome fino al IV secolo, e in tutte le dispute a cavallo tra il terzo ed i quarto è come se non esistesse. Non è un caso se al concilio di Nicea ci sono esclusivamente vescovi orientali, e solo due delegati da occidente.
Anche l'espressione divenuta famosa "Roma locuta, causa finita" è un'invenzione (il "causa finita" è stato interpolato).
In altre parole, nessuno contesta la presenza e la predicazione di Pietro e Paolo a Roma. Nessuno contesta il primato nei termini espressi dai concili. Quello che tuttavia appare è che

1) Non c'è evidenza per dimostrare che Pietro si stato il primo vescovo della città
2) Non c'è evidenza che Pietro godesse di un primato sugli apostoli di qualche tipo
3) Non c'è evidenza che questo postulato primato si debba in qualche modo tramandare
4) Non c'è evidenza che l'origine del primato (così come emerge dal lessico conciliare) sia da ricercare nella funzione di Pietro più che nella funzione di Roma in quanto centro dell'ecumene romano.

Dico queste cose in tutta serenità, perché credo nel primato così come è espresso nei concili, e sono un lettore ed estimatore di Benedetto XVI. Però dobbiamo leggere le fonti in maniera onesta e non spingerci oltre ciò che è possibile dimostrare con il peso dell'evidenza.

Cordialità,
13/11/2006 11:51
 
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Caro Polly,


Torna l’hobby di rispondere al 2% delle argomentazioni…



Non è colpa mia se sei grafomane. [SM=g27988]


E' già un passo avanti, basta che qualcuno mi spieghi cosa vuol dire primato onorario



Per gli storici significa che da tale primato basato sul "rango" politico della città non ne derivava alcuna conseguenza di carattere pratico. Le altre chiese piccole o grandi continuavano ad agire come ritenevano più opportuno. Potevano interpellare Roma ma spesso cercavano altre soluzioni ai loro problemi dottrinali. I vescovi di Roma più ambiziosi cercarono e a volte riuscirono ad indurre altri vescovi a seguire il loro parere ma questo avvenne di rado.

Secondo gli storici indipendente la storia della letteratura e della dottrina cristiana indica che Roma non occuppò un ruolo privilegiato nella formazione delle dottrine e dei dogmi, sebbene molti teologi si recassero a Roma per molto tempo i vescovi romani non esercitarono alcun ruolo creativo. Cipriano nel III secolo sulla questione del doppio battesimo degli eretici di fatto trascurò la diversità di posizione tar la sua chiesa e quella di Roma.


Finora i testativi di non leggere quello che c’è scritto per motivi ideologici gli ho visti nella tesi avversa, frasi patristiche di una chiarezza sconcertante dilatate con ogni sorta di marchingegno ermeneutico



A me pare esattamente il contrario, ovvero che tu leggi quello che non c'è scritto. Vedi come cambiano i punti di vista quando c'è di mezzo l'emotività. Quella che per te è "chiarezza sconcertante" per altri è "sconcertante chiarezza" nell'assenza di qualunque attestazione di "primato" sulle altre chiese.

La prova è che SOLO i cattolici vi leggono questa chiarezza e non i PROTESTANTI o gli ORTODOSSI e perfino quelli INDIPENDENTI. O tutti sbagliano oppure, forse, dobbiano esiste un compromesso. Quello proposto dagli studiosi indipendenti e che ti ho riportato mi pare quello più realistico.


Innanzitutto è un offesa dire che cattolici e protestanti non sono indipendenti



Sarà anche un'offesa ma su questo tema ti posso giurare che dopo aver letto uno o due giudizi e senza leggere il nome dell'autore ti posso dire senza sbagliare la sua religione! E così, quando dico "non indipendenti" non intendo che abbiano pressioni esterne ma semplicemente che scatta l'emotività.


La lista di esempi di imposizione dottrinale fatta da Roma tra II e III secolo che t’ho scritto aspetta ancora una risposta



Come ti ho detto gli storici non schierati sono concordi nel sostenere che quelle sono solo rare eccezioni che non dimostrano che Roma avesse un "primato" o che le altre chiese fossero obbligate a seguire l'opinione del vescovo di Roma o di interprellarlo.


cosa debba la sua tradizione privilegiata se non al fatto che lì v’era il magistero di Pietro e Paolo nessuno ha saputo spiegarlo con fonti dei Padri



In ogni chiesa si vantavano discendenze apostoliche, Pietro (ammesso che la visitasse) non visitò solo Roma ma anche Antiochia e altre città. Lo stesso possiamo dire per Paolo. E ovvio che Roma vantava una posizione centrale a livello geografico e sociale e in funzione di questa vanta un "rango" maggiore. Solo in un secondo tempo (alla seconda metà del II secolo) si cercò di rafforzare questo "rango" anche con una discendenza apostolica "maggiore" rispetto ad altre citta, non a caso Ireneo dice che a Roma oltre a Pietro e Paolo vi fu anche Giovanni che subì il martirio da cui, però, si salvò miracolosamente.


Qui siamo al doppio delirio per lo storico, perché siccome tu non hai a che fare con le fonti antiche vivi la pia illusione che l’unico modo per dimostrare che tutte le Chiese si riferivano a Roma per risolvere le controversie sia di trovare in ogni singola Chiesa attestazione di questo fatto



Io ti riporto solo il parere di insigni storici non schierati. A me pare più assurdo pensare che poichè qualche chiesa si era rivolta a Roma per derimere una controversia allora Roma dobbiamo pensare ad un suo "primato" per di più di derivazione petrina.


Questa tradizione non ha nulla di tardo, come già spiegato la prima attestazione è nel I secolo (la Bibbia stessa ed Ignazio), ne seguono nel II secolo



Nel NT non esiste alcuna attestazione che Pietro fosse a Roma. Invece le attestazioni di Ignazio sono insufficienti. Egli cita solo Pietro e Paolo insieme. Non ci vedo nulla di strano infatti Paolo era stato a Roma e Pietro non vi era stato ma era comunque considerato una autorità dai cristiani di origine giudaica. Pietro e Paolo scrivevano lettere e dunque non c'era bisogno che fossero a Roma di persona per dare delle direttiva. Ignazio dice solo che non poteva comandare (per iscritto!) nulla come potevano fare loro. Non ci sono accenni al fatto che Pietro fisse fisicamente a Roma, che ne fosse il vescovo o che abbia fondato quella chiesa. Leggerlo è una forzatura. Insomma, il 180 a me pare piuttosto tardo, visto il silenzio del NT e quello di molti altri autori. Come ti ho detto Ireneo dice anche che Giovanni fu martirizzato a Roma prima di fuggire in Asia Minore. L'impressione è che Ignazio per impressionare i lettori utilizzasse tradizioni non troppo verificabili storicamente parlando.


Oggi quasi nessuno, indipendentemente dalla sua confessione, nega che Pietro sia stato a Roma. Chi lo fa come voi ricicla solo materiale da fondamentalismo americano



Miegge non mi pare un "fondamentalista" eppure era scettico. Le origini di questa posizione non hanno certo radici "fondamentaliste" (semmai spesso erano i sostenitori di "Pietro a Roma" ad essere fondamentalisti) ma nelle chiese valdesi poi in Marsilio e altri. Il Gibbon (che proprio fondamentalista non era) è del parere che Pietro non fosse a Roma.

Il parere di Harnack che tu citi è quello del primo novecento ma non è del tutto corretto perchè in seguito altri criticano di nuovo Pietro a Roma: Guignebert in Francia, Adolf Bauer a Vienna, E. T. Merrill in Inghilterra, H. Dannenbauer e Johannes Haller in Germania.


E’ proprio il caso che i tdG si diano una svegliata e mollino gli opusculi di propaganda da cui attingono.



Caro amico, mi ero proposto di non intervenire oltre perchè sei incapace di gestire la tua emotività e discutere con me in termini non insultanto verso coloro che hanno un parere diverso dal tuo.

Io qui ti ho citato non opuscoli di propaganda ma pareri di studiosi che ritengo indipendenti, in quanto non cattolici o protestanti. Essi mi sembrano contrari alla tua tesi. Tutto qui.

Shalom

[Modificato da barnabino 13/11/2006 12.03]

13/11/2006 14:00
 
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In settimana ho visto un programma che parlava proprio di queste cose , mi sembra ulisse

www.media.rai.it/mpmedia/0,,ulisse^13372,00.html

dategli un occhio non è che c'è qualche notizia in più ??
15/11/2006 03:46
 
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Pars I

Per Spirito

“Non metto in dubbio che vi siano, in questo campo, autori che dicono tutto e il contrario di tutto. Proprio per questo ho analizzato le bibliografie per gli esami universitari di Storia del cristianesimo antico di diversi atenei e in tutti ho trovato come testo base di riferimento per l’esame proprio il manuale di Filoramo. Dunque date le premesse mi sembra più che sensato accettare come fondate le tesi esposte in questo testo.”

E qui a Venezia non si fa eccezione, per gli esami di storia del cristianesimo si usano i manuali da Filoramo e Menozzi, che hanno colmato una lacuna importante nei manuali universitari del settore. Quello che sto dicendo è che trovare un testo in bibliografia per gli esami di una disciplina ci dice solo che l’impianto dell’opera è buono e che gli autori sono studiosi quotati, non ci dice nulla col fatto che l’autore sia specialistista in questa o quell’altra materia che trovi esposta nel corso di un manuale che analizza 4 secoli. Vorrei far capire che il fatto di trovare un manuale in bibliografia per corsi universitari generici che introducono alla storia del cristianesimo non significa che per un corso monografico (quelli che attualmente si fanno nel II modulo), troveresti questa stessa opera che è propedeutica. Ci sono motli studiosi di storia del cristianesimo e ognuno con ambiti d’indagine diversificati, per questo dire che un manuale è ovunque non vuol dire che tutte le sue letture su tutti gli argomenti rappresentino il top della specializzazione. Quello che avresti dovuto fare con quel manuale dopo averlo letto è consultare la bibliografia specialistica che trovi consigliata a fine volume. Un manuale per forza di cose è generico, ad esempio Filoramo non è specializzato sul primato petrino ma sullo gnosticismo. Inoltre se dovessimo guardare la diffusione dei manuali per stabilire cosa è vero su ciascun argomento che presentano saremmo nei guai. Ad esempio fino a non molto tempo fa tutti usavano il Jedin, che ormai risente dei suoi 40 anni, e fa a pugni con le idee di Filoramo e Lupieri su una marea di questioni, specie di storia conciliare.

“leggendo il libro è più che evidente che il primato di Roma sia dovuto a ciò che ho già esposto”

E questo esitto te l’ha reso evidente con delle fonti? Finora io ho visto solo Padri della Chiesa che elogiano Roma per la sua tradizione apostolica privilegiata, se ne trovi qualcuno che le attribuisca supremazia perché capitale dell’impero fammi sapere, fino ad allora io da antichista mi rifiuto di discutere su degli ipse dixit, specie se non da monografie ma da manuali.

“ovvero alla vittoria della corrente di Paolo di cui la comunità romana Roma fu la più importante”

E perché mai il paolinismo sarebbe più forte a Roma che a Corinto? Per la precisione il centro dei cristiani ellenisti era Antiochia.

“Inoltre il contrasto con Pietro non pare affatto appianato a Gerusalemme, ma sembra sia una interpretazione lucana per far apparire la predicazione di Paolo approvata dallo stesso Pietro, come ho già evidenziato nei post precedenti.”

Tu non hai evidenziato con delle fonti, hai riportato una lettura. Gli Atti degli apostoli fanno vedere come il contrasto tra Pietro e Paolo si sia appianato a Gerusalemme, se hai altre fonti antiche che siano in contrasto con la ricostruzione “mielosa” di Luca vorrei sapere quali siano. Ovviamente il fatto che Paolo e Pietro si siano riconciliati non dice nulla sul fatto che i cristiani provenienti dal giudaismo si siano tutti messi il cuore in pace, io sto parlando di loro due, non di cosa facciano le frange estremistiche di insoddisfatti,m perché la storia è piena di folle che rigettano gli accordi stipulati dai loro capi con la parte avversa, ma ciò non permette di dire che i loro capi non esitano o che l’accordo che hanno raggiunto sia stato reso di latte e miele dalla storiografia, semplicemente gente non disposta a scendere a compromessi c’è dovunque. Anche l’IRA all’inizio degli anni venti rigettò gli accordi raggiunti dai suoi capi a Londra sulla costituzione dello stato irlandese e formò dunque un nuovo movimento indipendente. Questo m’è venuto in mente solo perché ho di recente visto un il documentario sulla questione irlandese che ha visto quest’anno la palma d’oro a Cannes, penso che l’esempio possa essere chiarificatore su quanto intendo.

“Tuttavia quella comunità seguiva pienamente la teologia paolina che era in contrasto con quanto stabilito proprio dal concilio di Gerusalemme nel quale si stabilì che anche i genitli dovevano comunque attenersi ad alcune leggi giudaiche in merito alla purezza dei cibi et similia.”

Il Concilio di Gerusalemme ha stabilito solo queste cose:
1)asternervi dalle carni offerte agli idoli (idolotiti)
2)dal sangue
3)dagli animali soffocati
4)Dall’impudicizia (unioni illegittime, sia a livello di fornicazione sia a livello di incesto)
E l’ha fatto per una banale ragione: il quieto vivere coi giudeo-cristiani.
Ora mi dici dove Paolo avrebbe invitato a violare queste norme?L’unica cosa cui immagino poresti appigliarti è la carne sacrificata agli idoli, ma anche qui Paolo agisce nel solco del Concilio di Gerusalemme, e dice una cosa banalissima: a chi sono sacrificate le carni? Agli idoli. Gli idoli esistono? No. Dunque a chi sono sacrificate quelle carni? A nessuno, è come mangiare carne normale. Voi l’avete capito, ma ciononostante alcuni si scandalizzano per via delle loro precedenti usanze, e, se così è, voi dovete astenervi da quella carne per non essere motivo di scandalo per altri. “Per questo, se un cibo scandalizza il mio fratello, non mangerò più carne, per non dare scandalo al mio fratello” (1Cor 8,13) “Perciò è bene non mangiare carne, né bere vino, né altra cosa per la quale il tuo fratello possa scandalizzarsi” (Rm 14,21)
E’ tutta questione di opportunità.

“Non si tratta di scisma perché la struttura della Grande Chiesa nasce quando il contrasto tra i giudeocristiani e i paganocristiani o ellenisti si sta già risolvendo a favore di questi ultimi.”

Non è chiaro cosa intendi con “la struttura della grande chiesa nasce”. Le nostri fonti, sin dal NT, ci dicono che era già presente la tripartizione diakonoi, presbyteroi, episkopoi, cioè quella della Chiesa attuale. E’ ovvio che la Chiesa delle primissime origini non funzionasse con la struttura episcopale, ciò è dovuto al banalissimo fatto che c’erano ancora gli apostoli e i vescovi sono i successori degli apostoli, e dunque non devono reggere una comunità se loro sono presenti.
Furono gli apostoli stessi, non certo malati di cripto-anarchia come i protestanti, a stabilire nelle comunità che fondavano gli episkopoi che loro volevano. Da un punto di vista meramente organizzativo o i dodici erano dei meri sprovveduti e volevano che alla loro morte la Chiesa piombasse nel caos con nessuna voce in grado di dire che cosa fosse giusto, oppure avevano lasciato il potere in mano a della gente in grado di dirigere il gregge al posto loro. In questa chiave di retta trasmissione del deposito di fede ad esempio Clemente d’Alessandria ci dice che Giovanni si trasferiva di città in città per fondare comunità e “stabilirvi dei vescovi” (Quis dives salvetur, 42) Paolo stesso ci parla della trasmissione della Traditio accanto allo scritto: “le cose che hai udito da me in presenza di molti testimoni, trasmettile a persone fidate, le quali siano in grado di ammaestrare a loro volta anche altri.” (2 Tm 2,1)
Gli apostoli nominavano tali ministri a governare le chiese che fondavano, cito un dizionario biblico per chiarire la questione: “Probabilmente il supremo governo di ogni comunità continuava a rimanere nelle mani dell’apostolo che l’aveva fondata, sotto la direzione del quale i vescovi locali dovevano amministrare gli affari. Dato che sia prima della fine del I secolo si trovano chiese sotto un unico vescovo (ad es. Ignazio) si può presumere che uno dei membri del collegio fosse eletto a succedere all’apostolo, dopo la morte di lui, come capo monarchico della Chiesa” (John L. Mckenzie, Dizionario Biblico, Assisi, 1981, Cittadella Editrice, pag. 1032)
Dunque un problema gestionale. Come osserva giustamente Girolamo la Chiesa è fondata su Pietro, "affinché, istituito un capo, fosse eliminata l'occasione dello scisma" (Adv. Jovinianum 1,26).a trasmissibilità del magistero e dell’incarico apostolico è il fulcro dell’organizzazione della Chiesa primitiva. Clemente Romano che fu collaboratore di San Paolo(Ef 4,3), già nel 96 ci raccontava la storia della Chiesa in modo assai diverso da come se la sognano i luterani, conferma cioè, lui che la storia della Chiesa evidentemente la conosceva meglio di chiunque altro, che i vescovi sono una creazione degli apostoli:
“Gli apostoli predicarono il Vangelo da parte del Signore Gesù Cristo che fu mandato da Dio. Cristo fu inviato da Dio e gli apostoli da Cristo. Ambedue le cose ordinatamente secondo la volontà di Dio. Ricevuto il mandato e pieni di certezza nella risurrezione del Signore nostro Gesù Cristo e fiduciosi nella parola di Dio con l'assicurazione dello Spirito Santo, andarono ad annunziare che il regno di Dio stava per venire. Predicavano per le campagne e le città e costituivano le primizie del loro lavoro apostolico nei vescovi e nei diaconi dei futuri fedeli. E questo non era nuovo; da molto tempo si era scritto intorno ai vescovi e ai diaconi. Così, infatti, dice la Scrittura: "Stabilirono i loro vescovi nella giustizia e i loro diaconi nella fede" (Ai Corinzi, 42,2-4)

“. In nessuna parte si dice che il fatto che Roma fosse la “capitale” dell’impero avrebbe scoraggiato i paganocristiani a ritenere la comunità in essa costituita la più importante”

Senti, se la risposta alle argomentazioni altrui dev’essere “non c’è scritto nel testo di Filoramo” allora è inutile che ci scriviamo. Io non ti ho chiesto cosa ci sia in quel testo, ti sto chiedendo prove di quello che afferma e confutazioni di quello che ti scrivo io: questo è dialogo. Ora io vorrei proprio sapere com’è che una serie di popoli orientali, per giunta occupati di recente come i greci (Pidna dava ancora il sangue alla testa), si possa sognare di dire che il punto di massimo prestigio della loro religione debba coincidere col punto più alto dell’odiato sistema politico. Non è certo un mistero che per i greci i romani sono sempre stati barbari anche dopo che li avevano conquistati, è barbaro infatti chiunque non parli greco, e i greci stessi non si sono mai sognati di imparare latino, e questo perché i romani avevano imparato il greco. Ma queste sono nozioni da ginnasio, io vorrei parlare di cose più serie. I cristiani odiavano l’impero, Babilonia la grande, fautore delle persecuzioni contro di loro.

“I motivi sono effettivamente molteplici, ma quello che comprendo io è che non c’entra proprio nulla Pietro”

E da che fonti antiche l’hai capito? Dove hai trovato un Padre della Chiesa che dia preminenza a Roma perché essa era la capitale dell’impero romano? Al massimo c’è secoli dopo una sorta di teologia della sostituzione, ossia Roma politica è crollata e noi siamo i prosecutori del suo universalismo però in ambito spirituale.

“ma che l’attribuzione anche al “primo” apostolo della comunità non sia altro che uno stratagemma utilizzato al fine di dare un fondamento apostolico di prim'ordine al primato romano”

Ma tu non puoi sapere se sia uno stratagemma o la banale verità. Non puoi fare il processo alle intenzioni di qualcuno che scrive duemila anni fa se non hai neppure un’alternativa basata su dei testi. Io finora ho visto solo testi che attribuiscono il primato di Roma alla tradizione apostolica privilegiata dovuta a Pietro e Paolo, la tua alternativa, cioè quella della preminenza politica, in base alla quale vorresti dichiarare tendenziose le fonti che danno la I versione non è comprovata da alcun testo antico; almeno finora, ognuno ha da imparare dal prossimo e se conosci qualche testo in proposito sono ansioso di leggerlo. Dire che le fonti che ci stanno scomode sono false o tendenziose, e senza disturbarsi a provare ciò, è un procedimento molto comodo per sbarazzarci di pezzi di letteratura che mandano in frantumi le nostre teorie. Inoltre non esiste solo la Chiesa di Roma, che poteva raccontarsela come voleva, il problema è se questo benedetto primato fosse avvertito anche dalle altre chiese.

“. Per dirla tutta è ovvio che la corrente vincente dello scontro Paolo vs Pietro/Giacomo, riscrisse almeno in parte la storia.”

Difficile provare che un testo è stato riscritto che non puoi produrre un’originale diverso. Qui occorre fare dei debiti distinguo, perché sto discutendo con persone diverse di cose diverse. Quella che in genere viene chiamata “grande Chiesa”, cioè colei che discende episcopalmente dagli apostoli nel II secolo, ha le sedi episcopali in mano a gente che con la corrente giudaizzante non c’entravano nulla. Con Teodoro sto discutendo del primato nella Chiesa episcopale che io e lui riteniamo ortodossa in un arco di tempo che va dal II al VI secolo, tu invece vuoi parlare con me dello scontro tra cristiani gentili e giudeocristiani, che a queste date erano già considerati dalla grande chiesa degli eretici. Io non sto discutendo se i giudeo-cristiani fossero nel giusto o meno (cioè più vicini all’insegnamento di Gesù), sto discutendo se in quella che dal II secolo in poi si chiama grande Chiesa, e che coi giudeo-cristiani non c’entra più nulla, ci fosse un primato petrino. In quest’ambito non c’entra lo scontro tra cristiani gentili e giudeo-cristiani ma tra le tendenze universalistiche di Roma e l’autonomia dei vari vescovi locali.

“Difatti gli stessi padri giudicarono eretici i giudeocristiani ancora rimasti quando, invece, molte comunità erano direttametne riconducibili alla predicazione apostolica.”

Questo perché a parere dei Padri non seguivano i vescovi legittimi ma stavano intransigenti nelle loro posizioni giudaizzanti. Il problema in questo caso era l’ortodossia di queste correnti, a loro volta divise in settuncole, alcuni pro e alcuni contro la divinità di Cristo(gli ebioniti), quest’ultimo fu in particolare il punto d’attrito.

“Secondo la logica del martirio allora i cristiani romani potevano vantare ancor di più un primato!”

Ma non è questa la ragione del primato, infatti la persecuzione è giunta ai margini dell’impero. Clemente ad esempio scrive ai Corinzi e nell’incipit parla della persecuzione cui sono sottoposti tutti i cristiani dell’impero.

“Non era un “gradimento” ma sicuramente nei vangeli o scritti indirizzati ai giudeocristiani (vedi Matteo) era improponibile un riferimento del genere”

Matteo non è indirizzato ai giudeo-cristiani ma ai cristiani dell’area gerosolimitana, che aveva già dei gentili come si vede dagli Atti. Date a Cesare quel che è di Cesare ti dice nulla?

Per Teodoro

“Intanto vorrei glossare la nota di poly secondo cui Roma era in odio ai cristiani. Questo è vero solo in parte, infatti tutto ciò che abbiamo di pesantemente negativo su Roma proviene esclusivamente da fonti giudaiche o giudaico-ellenistiche, mentre l'atteggiamento dei cristiani di seconda generazione o provenienti dalle file del paganesimo è quello tipico della cultura del tempo: Roma da una parte, i barbari dall'altra.”

Veramente per qualsiasi greco, che sia pagano o cristiano, funziona il detto: “i greci da una parte, i barbari dall’altra”, e Roma come sappiamo non fa eccezione. Un cristianesimo come quello orientale, di matrice greca, si sentiva occupato da Roma a livello politico-militare. Come è noto l’Apocalisse non è scritta per caso ma per rincuorare le sette chiese dell’Asia minore (e dunque comunità greche) dinnanzi alla persecuzione di Babilonia la grande. Parli di un atteggiamento mutato nella seconda generazione dei cristiani provenienti dalle file del paganesimo, e mi interesserebbe sapere da che testi l’hai evinto perché la seconda generazione è proprio quelle delle persecuzioni di Domiziano.

“A Roma non ci sarà un teologo degno di questo nome fino al IV secolo”

Questo è molto interessante. La domanda è: perché nelle controversi a cavallo tra II e V secolo Roma si pone sempre dalla parte giusta (o almeno con quella che a lungo andare risulterà la prospettiva vincente) dato che i migliori teologi si trovano nell’oriente greco? Nei Dialogi di Anselmo di Havelberg, scritti attorno al 1150, l’interlocutore greco Niceta spiega l’assenza di eresie a Roma, a differenza delle chiese dell’Oriente, con la mancanza di vivacità spirituale e di percezione dei problemi (“nimia negligentia investigandae fidei”), mentre, al contrario, le mote eresie dell’Oriente sarebbero il rovescio della medaglia di un loro atteggiamento mdi domanda, di ricerca, di dibattito intellettuale (Dialogi III, 11, in PL 188, 1223ss.)In senso positivo si potrebbe definire questo atteggiamento di Roma, che rappresenta una costante in quasi tutta la storia della chiesa e che, in ogni caso, si presenta già chiaramente al tempo delle controversie sulla festività della Pasqua e sul battesimo degli eretici, come fedeltà alla tradizione. La Chiesa romana non è direttamente presente nelle lotte spirituali dell’Oriente. Di queste lotte essa viene a conoscenza e si sforza di assumere una posizione, non sempre in modo del tutto felice; non sempre infatti essa comprende tutte le finezze delle controversie. Ma soprattutto essa ha il suo supporto nella tradizione e non nella speculazione- a questo ha certamente contribuito anche il sobri spirito latino, incline piuttosto alla positività. Non sempre da Roma viene la vera riposta teologica; tuttavia la Chiesa di Roma, col suo atteggiamento tradizione, rafforza la resistenza alle eresie. (da K. Schatz, Il primato del papa, Brescia, 1996, Queriniana, pag. 53-54)

“e in tutte le dispute a cavallo tra il terzo ed i quarto è come se non esistesse.”

Scusami ma questa proprio non la capisco. Roma ha preso parte, tra le altre:
-Alla controversia sulla festività della pasqua
-Alla controversia sul battesimo degli eretici
-Alla controversia sulla penitenza (papa Cornelio e scisma di Novaziano)
-La richiesta di Cipriano a papa Stefano perché deponesse il vescovo Marciano di Arles.
-Nella controversia ariana Atanasio ed Eustazio deposti dai detrattori dell’homousios (sinodo di Tiro 335) si appellano a Roma che invece li reintegra (sinodo di Roma 341). Una particolare funzione chiave, come grado della consapevolezza del primato, riveste la lettera di accompagnamento che il vescovo Giulio I di Roma indirizzò ai vescovi orientali in occasione del sinodo romano del 341:
“Se, come dite voi, esisteva un errore, il giudizio doveva essere dato in base al canone ecclesiastico e non nel modo attuatosi. Si sarebbe dovuto scrive a noi tutti, affinché da tutti venisse definito il giusto. Erano vescovi quelli di cui si trattava, e non erano delle chiese qualunque, ma chiese che gli apostoli stessi avevano guidato. Perché non ci è stato scritto nulla, in particolare sulla Chiesa di Alessandria? San sapete che il diritto consuetudinario era di scrivere innanzitutto a noi e così, in base a questo, stabilire il giusto? Se c’era qualcosa da presentare contro il vescovo di Alessandria, questa chiese di cui avrebbe dovuto essere informata. Ma adesso quelli, senza averci informati e dopo aver proceduto a loro arbitrio, vogliono che noi, senza aver investigato su quei fatti, siamo d’accordo con loro. Non sono affatto queste le disposizioni di Paolo, e neppure ciò che i Padri ci hanno tramenato. E’ una modalità estranea, un uso nuovo. Ciò che io scrivo è per il bene di tutti, accoglietelo con animo ben disposto. Poiché ciò che noi abbiamo ricevuto dal beato apostolo Pietro, questo io vi rendo manifesto” (in Atanasio, Apologia contra Arianos 35, in PG 25, 308A/B)
Si nota qui da parte del vescovi di Roma una comprensione della sua responsabilità per la communio
-Quanto alle dispute sulla rimozione dei vescovi il Sinodo di Sardica (oggi Sofia) del 342. Nel canoni di Sardica troviamo quanto segue:
can III “Il vescovo Ossio disse: Se però un vescovo è stato condannato in una causa e tuttavia crede di avere buone ragioni perché ol giudizio debba essere rivisto, onoriamo la memoria, se siete d’accordo, del santo apostolo Pietro: si scriva al vescovo di Roma o da parte di coloro che hanno esaminato il caso, oppure dai vescovi che risiedono nella provincia vicina; se egli (il vescovo di Roma) ha deciso che il giudizio debba essere rivisto, ciò sia fatto, e a lui staa costituire i giudici; ma se egli, nell’esame della questione è pervenuto alla conclusione che il caso è risolto nel senso che ciò che è stato deliberato non venga rimesso in questione, allora ciò che egli ha deciso deve essere confermato.
can IV Il vescovo Gaudenzio disse: A tale deliberato che, come voi l’avete proposto, è sacro, si dovrebbe aggiungere, col vostro assenso, ancora questo: Se un vescovo è stato deposto in forza dl giudizio dei vescovi che hanno giurisdizione sil territorio vicino, ed egli ha comunicato che il caso dovrebbe essere trattato nella città di Roma, allora in nessun caso, in seguito all’appello, si deve eleggere alla sede un altro vescovo al posto di colui che sembra deposto, prima che la causa sia stata decisa in forma definitiva dal giudizio del vescovo di Roma.
Can V In vescovo Ossio disse: C’è accordo sul fatto che se un vescovo è accusato e i vescovi della sua regione, riuniti insieme, hanno pronunciato un giudizio e lo hanno deposto dalla sua dignità ed egli ha interposto una specie di appello ed è ricorso al beato vescovo della chiesa di Roma, e se questi vuole ascoltarlo e ritiene giusto rinnovare l’esame della questione, si degni egli (il vescovo di Roma) di scrivere ai vescovi che vivono nella provincia vicina; costoro devono esaminare con cuira ogni cosa e prendere la decisione definiva in tutta verità. Se però colui che pretende che la sua causa venga di nuovo ascoltata e dietro suo istanza il vescovo di Roma ha anche ceduto ad inviare da parte sua un presbitero, sarà in potere del vescovo (di Roma) fare ciò che vuole o ciò che a lui sembra necessario. Se egli ha deciso di inviare presbiteri che insieme ai vescovi (della provincia vicina) giudicheranno, con l’autorità (di colui) che li ha mandati, così deve avvenire. Se invece pensa che i vescovi possano da soli portare a conclusione la controversia, egli agirà come sembrerà bene alla sua sapientissima volontà.
-Alla controversia antiochena del 379 e al relativo sinodo papa Damaso impone con un diktat le condizioni di communio da lui dettate e le formule di fede da lui elaborate
-Persino nella legge imperiale Teodosio per mettere fine alle controversie nel 380 stabilì che per tutto l’impero dovesse valere la fede annunciata da S. Pietro ai romani ed ora proclamata da Damaso di Roma e da Pietro d’Alessandria.
-Giovanni Cristostomo espulso da Costantinopoli nel 404 si appellò a Roma (PG 47, 11s
-Per finirla col citare casi di vescovi rimossi che si appellano a Roma e sono davvero troppi chiudo col pensiero di Teodoreto che ci spiega dove stia la grandezza di Roma. Essa per il nostro autore consiste nella fede, secondo Rm 1,8 (“La fama della vostra fede si spande in tutto il mondo”) e inoltre nel possesso delle tombe di Pietro e Paolo. Con un paragone molti disuso in oriente eglia ferma che Pietro e Paolo, come il sole, sono sorti in oriente, e tramontati in Occidente, dove oggi, mediate la cattedra del vescovo romano, illuminano la terra. (Lettera 113 Sources Chrétiennes 111, 56-5[SM=g27989]

“Non è un caso se al concilio di Nicea ci sono esclusivamente vescovi orientali, e solo due delegati da occidente.”

Non è esatto, oltre ai due delegati mandati in sua vece da papa Silvestro(i presbiteri Vito e Vincenzo), abbiamo il già citato per Sardica Ossio di di Cordova, Ceciliano di Cartagine. Roma è rappresentata dunque. Ad ogni modo nessuno nega che quattro delle cinque sedi della futura pentarchia siano orientali, questo perché il cristianesimo è nato in Oriente e di fatto all’inizio Roma fu solo la testa di ponte di un cristianesimo tutto orientale, col passare degli anni emerse anche in area latina la chiesa nord africana, la chiesa delle Gallie, e quella spagnola. E’ una costante che il papa non si scomodi per i Concili ecumenici, che essendo tenuti in quella che allora era l’altra parte del globo erano troppo distanti, ciononostante ha sempre mandati dei delegati per parlare in sua vece con delle lettere che di solito hanno dato le linee guida. Roma ha anche fatto sì con la sua costanza che i grandi Concili ecumenici non venissero rovesciati una volta chiusi dagli imperatori e dagli eretici di turno. Anzi, nella patristica ricorre spesso l’affermazione che affinché un concilio ecumenico sia valido doveva essere rappresentata Roma. Ad esempio per il legato Romano Lucenzio a Calcedonia, il crimine di Dioscoro, architetto del celebre “brigantaggio di Efeso” , consisteva nel fatto che “egli ha osato tenere un concilio senza l’autorità della cattedrà apostolica, cosa che non è mai accaduta prima né poteva accadere” (Acta Conciliorum Oecumenicorum II 3 I 40) I Padri Conciliari accolsero la tesi di Lucenzio e nel loro scritto all’inperatore marciano affermarono che Dioscoro aveva “abbaiato contro la cattedra apostolica stessa” e aveva addirittura “tentato” di scomunicare Leone (ivi II, 3 II (9[SM=g27989] 83s.). Prendiamo poi in esame il II Concilio di Nicea che per motivare che il precedente Concilio di Hiera non era valido ha la seguente motivazione formulata dal legato romano Giovanni Diacono. Hiera non ha validità “perché non vi partecipò il papa di Roma e neppure i vescovi a lui vicini, né per mezzo di legati né per mezzo di una lettera, come è legge per i Concili. Ma anche i patriarchi dell’Oriente di Alessandria, Antiochia e della città Santa (Gerusalemme) non furono d’accordo.” (Sacrorum Conciliorum Nova et Amplissima Collectio, a cura di G. D. Mansi et al., 13, 208s.)
Si noti la differenza. Da una parte Roma, dall’altra “gli altri”. Roma deve partecipare, gli altri devono essere solo d’accordo. Nelle storia della chiesa greche di Socrate e Sozomeno questa formulazione resa in modo tale che papa Giulio risulta non essere stato convocato al Concilio “contro la legge” essendo contrario ai canoni decidere qualcosa sulle chiese in assenza del vescovo di Roma. (Socrate, Storia Ecclesiastica, II 17 PG 67, 220 A)
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“anche l'espressione divenuta famosa "Roma locuta, causa finita" è un'invenzione (il "causa finita" è stato interpolato)”

A me risulta che sia banalmente una frase di Agostino. “Per tale questione già due concili hanno invitao lettere alla sede apostolica. Di là tornano poi anche i rescritti- ça questione è chiusa (causa finita est).” (PL 38,734) C’è quale codice in cui manca?
Non ci si può certo sognare che Agostino non riconoscesse una preminenza a Roma. E’ noto che Agostino aveva invito gli atti dei concili africani contro i pelagiani a Roma perché avessero conferma, e scriveva al papa: “Noi non riversiamo il nostro piccolo ruscello nella Tua ampia fonte per accrescerla, bensì vogliamo… che da Te venga attestato se anche il nostro sia pur piccolo ruscello nasce dalla medesima corrente del Tuo, tanto copioso, e che possiamo essere consultati della Tua risposta sulla comune partecipazione all’unica grazia” (Corpus Scriptorum Ecclesiasticorum Latinorum, 44, 688

“1) Non c'è evidenza per dimostrare che Pietro si stato il primo vescovo della città”

Credo che testimonianza più antica che chiami Roma cattedra di Pietro sia Cipriano, ma su ciò non ho alcuna certezza. Vescovo o no ciò che contava per i Padri non era che Pietro fosse stato o non fosse stato il vescovo di Roma bensì che in quella città ci fosse una tradizione privilegiata in quanto frutto della catechesi di Pietro e Paolo, e, per di più, aveva la tomba di entrambi. Questo è un tema molto importante nei Padri, il misticismo della visita ad limina apostolorum

“2) Non c'è evidenza che Pietro godesse di un primato sugli apostoli di qualche tipo”.

Non solo dai tre passi classici riguardanti Pietro (Mt 16,13-19; Lc 22,31ss; Gv 21,15-17) ma anche da diversi altri testi, compreso quello della prima testimonianza di Pietro sulla risurrezione(1Cor 15,5), emerge la posizione di leader di Pietro nella cerchia dei dodici. Oltre ai 4 testi sopramenzionati e che non sto a citare perché tutti li conosciamo a memoria si possono fare altri rilievi.
Pietro non solo fa parte dei tre discepoli che accompagnano il Salvatore quando opera la risurrezione della figlia di Giairo (Mt 5,37), nella trasfigurazione (Mc 9,1) e nell’agonia degli orti degli Ulivi (Mc 14,33), ma in ognuno di questi casi è citato per primo.
Così pure, egli sta in testa a tutti i cataloghi del collegio apostolico (Mc 3,16-19); Mt 10,2-4;Lc 6,14-16), e nel Vangelo di Matteo è detto espressamente: “il primo, Simone, chiamato Pietro” (non essendo né il più anziano né il primo degli apostoli scelti da Gesù, è probabile che si intenda "primo" in autorità).
Nessuna meraviglia, quindi, se in parecchie circostanze, questo Apostolo occupa il primo posto.
- Quando i discepoli si mettono alla ricerca di Gesù, Marco dice semplicemente: “Simone e i suoi compagni” (Mc 1,36)
-Pietro è ricordato 165 volte nel N.T.
- Quando si tratta di rivolgere domande al Salvatore, spesso è Pietro a prendere l’iniziativa parlando a nome di tutti.
- Gesù gli dà un soprannome simbolico. “Cefa”, che significa “pietra” (Gv 1,42);
- A Cafarnao alloggia nella sua casa (Mc 1,29);
- Sul lago di Tiberiade insegna dalla barca di Pietro (Lc 5,3);
- Lo beneficia di una pesca miracolosa (Lc 5,3-10) che prefigura la pesca miracolosa che Pietro operò il giorno di Pentecoste quando si convertirono oltre tremila persone;
- Gli permette di camminare sui flutti (Mt 14,27-36);
-Quando gli esattori del didramma (pezzo di moneta greca d’argento, del valore di due dracme = al mezzo siclo giudaico) si volgono a Pietro come alla persona più in vista del collegio apostolico, Gesù ne fa un suo associato con un titolo eccezionale, e gli dice: “Và al mare, getta l’amo ed il primo pesce che viene prendilo, aprigli la bocca e vi troverai una moneta d’argento. Prendila e consegnala a loro per me e per te”. (MT 17,24-27).
-Gesù manda Pietro, con Giovanni, a preparare l’ultima cena. (Lc 22,8 ).
Dopo la risurrezione, l’angelo, parlando con le donne, ha un particolare ricordo per lui. Anche in altre occasioni viene distinto dal resto dei dodici: “Ora, andate, dite ai discepoli e a Pietro che Egli vi precede in Galilea. Là lo vedrete, come vi ha detto” (Mc 16,7).
-Gesù lo degna di un’apparizione personale, come si rileva da Lc 24,34 e da 1 Cor 15,5: “…davvero il Signore è risorto ed è apparso a Simone…;” “…e che apparve a Cefa e, quindi, ai dodici”.
- Pietro propone e dirige l'elezione di uno che prenda il posto di Giuda, il traditore (cf Atti 1, 15).
- Pietro è il portavoce ufficiale di tutta la comunità il giorno di Pentecoste. Tutti avevano ricevuto la forza dello Spirito Santo, ma Pietro parla a nome di tutti ai Giudei convenuti a Gerusalemme Primo e secondo discorso di Pietro ai Giudei con la conseguente conversione di migliaia di persone (At 2,14 e ss.)
-Pietro guarisce uno storpio (At 3,1-11);
- Davanti al Sinedrio Pietro parla con coraggiosa franchezza nel nome di Gesù Cristo Nazareno, come nello stesso nome aveva detto allo storpio: “Alzati e cammina” (At 1,15-22);
-Nell’episodio di Anania e Saffira è Pietro che interviene a correggerli e, per le sue parole ispirate, i due coniugi subiscono la punizione della morte subitanea che consente di scuotere ed aprire gli occhi a tutti i fedeli e agli stessi Apostoli presenti al fatto (At 5,1-11);
-Ancora davanti al Sinedrio “Pietro e gli altri Apostoli risposero: bisogna obbedire piuttosto a Dio che agli uomini” (At 5,29). Ennesimo caso di Pietro distinto dal resto dei 12.
- A Simon Mago, Pietro risponde: “Va in perdizione tu ed il tuo denaro” (At 8,18-24);
- A Pietro l’angelo invia il centurione Cornelio e, con la visione di Joppe, Dio gli “ha insegnato a non considerare come profano e immondo nessun uomo” (At 10,2[SM=g27989];
-Ai circoncisi di Gerusalemme Pietro dà istruzioni circa la volontà di Dio di accettare tutti gli uomini nella Chiesa fondata da Cristo. Dopo le parole di Pietro i giudei cristiani “rimasero persuasi e resero gloria a Dio” (At c. 11).
- Nel Cap. 12,1-9 degli Atti è raccontato l’episodio della miracolosa liberazione dalla prigione e l’interesse di tutti i fedeli oranti per Pietro prigioniero;
- Sulla questione della circoncisione sorse una grande discussione tra gli Apostoli e gli Anziani, e fu Pietro che autorevolmente risolse il caso con queste parole: “Fratelli, voi sapete che Dio già da tempo scelse me tra di voi affinché per bocca mia i gentili udissero la parola del Vangelo e credessero...” (Atti 15,1-35).
E’ tale il prestigio di Pietro che la S. Scrittura ci fa notare:
- Che i fedeli ponevano all’ombra del passaggio di Pietro gli ammalati perché fossero guariti (At 5,15);
- Pietro corsero al sepolcro di Gesù, Giovanni (che era più giovane) arrivò per primo ma non entrò, preferì aspettare Pietro, e fu Pietro ad entrare per primo nel sepolcro
-Che Paolo va a rapporto da Pietro. Egli dice: “dopo tre anni andai a Gerusalemme per consultare Cefa, e rimasi presso di lui quindici giorni” (Gal 1,1[SM=g27989].
Inoltre, Pietro ci dice che non è permessa l’interpretazione personale (soggettiva) della S. Scrittura (2 Pt 1,19-20);
- e che ci sono persone ignoranti e poco mature che deformano il significato di alcune cose delle Lettere di Paolo, al pari delle altre Scritture, per loro propria rovina” (2 Pt 3,15-16). www.cristianicattolici.net/course.html

Continua...

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Ά όταν έκτιζαν τα τείχη πώς να μην προσέξω.
Αλλά δεν άκουσα ποτέ κρότον κτιστών ή ήχον.
Ανεπαισθήτως μ' έκλεισαν απο τον κόσμο έξω
(Κ. Καβάφης)
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