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L'autorità romana

Ultimo Aggiornamento: 14/02/2007 15:53
16/11/2006 14:54
 
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"Nelle fonti che citi non riesco davvero a vedere il primato petrino, non è che devo "confutare" qualcosa di quello che dici, e proprio non ne leggo gli estremi e come me tanti studiosi non cattolici."

Peccato, perché quelle citazioni specie da Clemente sono piuttosto esplicite. Ma visto che neppure ti sei degnato di finire il mio post non pretendo che tu capisca.

"Leggere nelle fonti citate che Pietro fu a Roma, che ne fu vescovo, che trasmise una fantomatica successione apostolica a Lino e che questo rese Roma la "cattedra di Pietro" mi pare davvero oltre ogni possibile lettura equilibrata di quei testi"

Come dicevo non mi importa che tu ci creda, mi basta che sia il parere della Chiesa antica. Ho citato e analizzato in base alle fonti patristiche l'intervento della Chiesa di Roma nelle controversie di II e III secolo, e sopratutto in base a cosa pretendesse di agire.

"se non altro perchè prima del 180 non ne abbiamo nessuna notizia fondata. Una questione importante come questa che parte dal buio totale su Pietro nelle fonti del I secolo"

Buio totale? E' evidente che non hai letto il mio post, e io non ho altro tempo da perdere con chi pretende di aver ragione non argomentando. Tra l'altro viene da chiedersi cosa tu pensi che sia rimasto della letteratura cristiana del I secolo visto che gli accenni non ti bastano. Credi che sia rimasta un biblioteca o invece una raccolta di testi racchiudibili in un volumetto di medie dimensioni?

"per arrivare ad lentamente ad arricchirsi sempre di più di particolari sempre più vividi sulla la vita e la morte dell'apostolo man mano che passano i decenni"

Ma quale pia favola? Tutto ciò che ci può essere di agiografico è la morte a testa in giù, che infatti è una notizia tarda, quanto al resto alla crocifissione la notizia più antica è nel Vangelo di Giovanni cap. 21.

"con Roma certo importante ma senza alcuna posizione "creativa" o "autoritativa" a livello dottrinale.Questa è la posizione che ha il consensus accademico"

Ma chi, me lo dici? Gli studiosi generalmente sostengono che la Chiesa di Roma fosse il punto di riferimento dottrinale, e cioè, per usare una distinzione classica, che avesse auctoritas pur senza potestas, cosa del resto ovvia e che il dialogo ecumenico cogli ortodossi ha chiarito da secoli. Cioè Roma come luogo della Traditio privilegiata a cui guardare per dirimere le controversie, senza tuttavia poteri canonisticamente definiti quanto ad interferenza nel clero locale, se non il fatto che un vescovo rimosso potesse appellarsi a Roma per essere reintegrato. Come già detto tu stai contestando una definzione di papato che non mi appartiene, e questo perché non hai letto il mio intervento dove ho portato i testi coi risultati raggiunti dal dialogo ecumenico cogli ortodossi.


per Spirito

"Certamente, ma questo non significa che le tesi esposte siano diciamo così “eterodosse”, ovvero non in linea con il consensus accademico"

Non esiste un consensus accademico su questa questione.

"Non saranno approfondite o adatte a specialisti di settore, ma se nel manuale scorgo che il primato di Roma è dovuto a motivi diversi dalla presenza di Pietro io devo credere a questi studiosi quotati o no ? Io dico di si ! Altrimenti sarebbero stati smentiti ed il loro manuale non sarebbe presente come testo per tutti gli esami di storia del cristianesimo."


Continui a non capire. Il fatto che un manuale sia in una bibliografia vuol dire che il docente è d'accordo col suo impianto generale, non che sia d'accordo con tutte le testi espresse dall'autore. Per adottare un testo non occorre considerarlo Vangelo.

"Tu mi chiedi di non parlare per ipse dixit, ma nel manuale vengono effettivamente argomentate le tesi, cosa devo fare, riportare intere pagine del libro ?"

Ho anch'io i volumi di Filoramo e Menozzi, altrimenti non starei qui a criticare. Basta che mi dici le pagine dove a tuo avviso con le fonti antiche viene provato che il prestigio di Roma quale centro cristiano è dovuto al fatto che era la capitale dell'impero, io dal canto mio ho già portato le fonti patristiche che dicono il contrario, specie nel post a teodoro. Se queste fonti non esistono allora è solo l'intepretazione di un autore su un argomento.

"Prendo un manuale accreditato da tutte le università italiane, quindi vagliato da tutti gli studiosi del settore, vi scorgo una tesi, la propongo come tesi accreditata e tu mi dici che sono ipse dixit ?"

Se a questo mondo per discutere bastassero i manuali saremmo davvero messi male. Quel testo tratta di quattro secoli, se tu vivi nella pia illusione che chiunque consigli quei manuali sia d'accordo con tutte le letture che lì vengono fatte per ciascun fatto accaduto nell'arco di quei quattro secoli non posso che lasciarti nella tua pia illusione. Il mondo accademico è un po' più diversificato.

"vaglielo a dire a Lupieri e Filoramo e a tutti coloro che lo mettono in bibliografia."

Glielo vado a dire volentieri, vedo il prof. Vian lunedì e così gli chiedo perché abbia messo in bibliografia quel testo, ma tanto credo di sapere già cosa mi risponderà.

"Come già detto fa tutta un’analisi del contesto storico, letterario, in cui nascono i testi antichi e arriva a queste conclusioni, credi che lui non conosca le fonti ?"

E io ti potrei rispondere: il manuale del Jedin, professore all'università di Bonn, usato soprattutto il Germania, è di parere contrario: credi che lui non conosca le fonti?
Devi renderti conto di uno degli assunti dell'ermeneutica storica: non esistono i fatti, esistono le interpretazioni.

"O credi che le legga "male" ? Se così fosse non sarebbe nelle bibliografie di tutte le università non credi ?"

E non si può leggere male uno o più argomenti ma mantenere un buon impianto generale? Non si può essere specialisti su quattro secoli di storia, ci sono letture più qualificate e letture meno qualificate su ciascun manuale.

"Certamente essendo la tradizione direttamente derivata da Paolo"

No, quelle fonti dicono Paolo e Pietro, le ho riportate.

"che divenne, come diviene chiaro anche in Atti, ancor più importante di Pietro."

??

"Inoltre non basta che una fonte dica una cosa per ritenere che questa cosa sia vera !"

Ma di fonti opposte non ne ho vista ancora una, ergo...

"Se gli autori ritengono che alcune fonti non siano attendibili dal punto di vista storico"

Quali fonti non sarebbero attendibili e perché?

Ad maiora
---------------------
Ά όταν έκτιζαν τα τείχη πώς να μην προσέξω.
Αλλά δεν άκουσα ποτέ κρότον κτιστών ή ήχον.
Ανεπαισθήτως μ' έκλεισαν απο τον κόσμο έξω
(Κ. Καβάφης)
17/11/2006 01:07
 
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Caro Polymetis,

Non voglio continuare a polemizzare con te su questo argomento. Ti lascio alle tue convinzioni. Se ritieni di vedere nelle citazioni fatte espliciti riferimenti alla presenza di Pietro a Roma, alla sua morte in quella città e al fatto che ne fu il primo vescovo sei libero di crederci, ti ho solo detto che io, come molti storici non cattolici, non ci leggiamo tutto questo. Io vi leggo una forzatura.

Gli argomenti che porti sono poco signifcative a mio avviso, per esempio la questione della Pasqua. In quella circostanza Policarpo sostiene la sua posizione invocando l'autorità di Giovanni mentre Aniceto secondo Eusebio la fa risalire al costume presbiteri (e non episcopi) prima di lui e non all'autorità maestosa di Pietro. Eppure tale allusione sarebbe stata di gran peso da contrapporre all'autorità di Giovanni.


Tra l'altro viene da chiedersi cosa tu pensi che sia rimasto della letteratura cristiana del I secolo visto che gli accenni non ti bastano.



Abbiamo il silenzio totale di una ventina di libri e lettere. Niente male, non credi? E per il secolo successivo solo accenni ambigui.

A me sembra che una tradizione che parte dal silenzio più totale per arricchirsi di dettagli sempre più fantasiosi man mano che passano i secoli abbia tutte le caratteristiche si una leggenda così come Ireneo usa altre leggende come la presenza ed il martirio di Giovanni a Roma. Siamo nel campo del mito e non della storia.


quanto al resto alla crocifissione la notizia più antica è nel Vangelo di Giovanni cap. 21



Se queste sono le tue "evidenze" allora è tutto chiaro. Qui non si accenna minimamente al luogo della morte (che certo era conosciuo nel 100 circa) e non si parla di crocifissione a testa in giù.

Le prime testimonianze di crocifissione di Pietro non sono tratte da questo testo per ma Origene, citato da Eusebio, sembra ricavare la "crocifissione a testa in giù" più che da Giovanni 21 (che pure egli cita nel suo Contro Celso II ma senza far alcun riferimanto alla crocifissione) dagli Atti di Pietro 38, un testo gnosticizzante della fine del II secolo in cui Pietro assumerebbe la forma di Adamo che con il suo peccato precipita a testa in giù. Di fatto non si parla di crocifissione per poi arricchirla di un dettaglio ma si parte direttamente parlando dalla ipotetica crocifissione "rovesciata".

E' assai strano che se Giovanni avesse fatto un riferimento alla eventuale crocifissione a Roma nessuno vi facesse riferimento preferendo gli Atti di Pietro che parlavano di una crocifissione a testa in giù.

Insomma in quelle che tu leggi come prove "inequivocabili" altro vi leggono "accenni" poco significativi.

Shalom

[Modificato da barnabino 17/11/2006 1.10]

25/11/2006 23:19
 
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“Che cosa rimane da fare, metodologicamente, se non accettare il martirio di Pietro a Roma come un fatto?... A mio avviso questa conclusione è inevitabile, se ci si serve dei metodi e degli angoli visuali validi nell’ambito dello studio storico-critico del I e del II secolo dell’era cristiana” (K. Aland, Der Tod des Petrus in Roma, 1959, cit in. O. Cullmann, Il primato di Pietro, Bologna, Il Mulino, 1965, pag. 101)


Oscar Cullmann (pur favorevole alla tesi di Pietro a Roma) deve ammettere:
"Questi testi tardivi che affermano, ormai in crescente numero che Pietro è venuto a Roma e vi ha subito il martirio, non presentano alcun interesse storico, se non per chi si occupa di storia dei dogmi, perchè a lui mostrano la storia della tradizione" (O. Cullmann, op. cit., p.102)



Qui ci sono due problemi. In primis hai tagliato quanto scritto prima, ed è ciò che illumina le affermazioni successive. In secondo luogo la traduzione nell’edizione italiana è diversa (hai tradotto direttamente dall’originale o hai una versione italiana diversa? Citazione completa: “non è però corretto attribuire a tali tendenze l’invenzione del soggiorno e del martirio di Pietro a Roma: la funzione di esse può essersi limitata a sottolineare e a prolungare tradizioni più correnti. D’altra parte questi testi più tardivi, che con forza e uniformità sempre maggiori attestano che Pietro è stato a Roma e vi è morto martire, dal punto di vista storico possono avere per noi interesse soltanto per ciò che riguarda la storia dei dogmi, in quanto attestano lo sviluppo della tradizione”(pag. 154-155)
Quindi non definisce i testi “tardivi” ma solo “più tardivi” degli altri, il che è una constatazione temporale e non un giudizio, e non si dice che non hanno “alcun interesse storico”, né tanto meno che possano aver inventato tradizioni così dal nulla.


“Come ti ho detto Ireneo dice anche che Giovanni fu martirizzato a Roma prima di fuggire in Asia Minore. L'impressione è che Ignazio per impressionare i lettori utilizzasse tradizioni non troppo verificabili storicamente parlando.”



a)Non so di che testo di Ireneo stai parlando, probabilmente ti confondi con Tertulliano
b) Ireneo, vescovo proveniente dall’Asia minore ed in seguito venuto a Roma, è uno dei meglio informati su tradizioni di qualunque tipo grazie al suo legame con Policarpo.
c)Io non ho nessun problema a credere che anche Giovanni sia passato per Roma, ma visto che non so neppure di che testo tu stia parlando sospendo il giudizio prima di analizzarlo. Spero che non si riveli un altro caso di Gesù sopravvissuto alla crocifissione e morto a 50 anni.


“ti ho solo detto che io, come molti storici non cattolici, non ci leggiamo tutto questo. Io vi leggo una forzatura.”



Il fatto che ci siano opinioni diverse su una medesima questione non implica logicamente che tutte queste siano ugualmente probabili. Il mondo è bello perché vario, io mi sono limitato ad esporre i documenti che a mio avviso chiariscono la posizione del cristianesimo primitivo, compito benevolo lettore farsi un’opinione.


“In quella circostanza Policarpo sostiene la sua posizione invocando l'autorità di Giovanni mentre Aniceto secondo Eusebio la fa risalire al costume presbiteri (e non episcopi) prima di lui e non all'autorità maestosa di Pietro.”



Questa non è una questione dogmatica ma di tradizione ecclesiale, è della stessa importanza del digiuno del venerdì e del giorno di carnevale.
Innanzitutto vediamo come questa sia solo l’ennesima conferma del primato d’auctoritas romano, infatti Policarpo va a consultare la Chiesa di Roma. Aniceto e Policarpo non riuscirono a trovare un accordo sulla questione quartodecimana e così riconobbero vicendevolmente valide entrambe le prassi ecclesiali. Il che era una soluzione saggia, nulla vietava che potessero coesistere insieme: celebrarono la comunione eucaristica e si separarono in pace (Dalla lettera di Ireneo a Vittore, in Eus, Storia Ecclesiastica, 24,16). Policarpo in quell’occasione si richiamò a Filippo e a Giovanni, di cui era allievo. Perché Roma non si richiama a Pietro? Aniceto non poteva gloriarsi, come Policarpo, di rapporti diretti con gli apostoli. Inoltre un mancato richiamo agli apostoli di Roma si può facilmente spiegare con la coscienza che la comunità di Roma aveva del fatto che la cerimonia pasquale era stata introdotta di recente e non risaliva all’età apostolica. (Per tutto questo si veda O. Cullmann, Il primato di Pietro, pag. 153). Non ci si è cioè richiamati a Pietro perché si sapeva che non fu lui l’iniziatore di questa tradizione.


“Abbiamo il silenzio totale di una ventina di libri e lettere. Niente male, non credi?”



Non se questi scritti parlano di tutt’altro fuorché Roma. Gli argumenta e silentio notoriamente non valgono nulla, valgono qualcosa solo nel caso ci sia un silenzio su qualcosa in un testo che tratta proprio di quell’argomento. Ad esempio se mi dicono che Cesare è il comandante della campagna in Gallia ma in un testo coevo sulla guerra gallica nessuno mi nomina mai Cesare posso pensare che ci sia sotto qualcosa. Ora analizzando la miseria che c’è rimasta dell’epoca apostolica bisogna considerare quali testi avrebbero avuto l’occasione di parlare di Pietro a Roma, perché degli altri è ovvio che l’assenza di menzioni su Pietro a Roma è equivalente all’assenza di menzioni della ricetta per cucinare i cannelloni, giacché semplicemente quell’argomento non c’entra nulla col testo. Si ha occasione di parlare di Pietro a Roma ovviamente se si parla di Roma. Analizziamo dunque nei Padri Apostolici quanti scritti ci siano rimasti che parlino della comunità di Roma o di Roma in generale.

-Ignazio di Antiochia, (otto lettere di una paginetta ciascuna rimaste, parla di Pietro e Paolo proprio nelle lettera ai romani, proprio come in quella agli Efesini che erano depositari dell’insegnamento di Paolo parlo di lui) 8
-Pseudo-Barnaba, (sopravvissuta una lettera di otto paginette su questioni giudaiche, non parla né di Roma né di Pietro) 1
-Erma (Uno scritto rimasto, Il pastore d’Erma, un’opera in visioni che ha tutto fuorché la realtà di cui occuparsi, credo che sarebbe più probabile trovare menzione di Pietro in un libro di oroscopi) 1
-Policarpo di Smirne, (1 lettera di una paginetta rimasta, non parla né di Roma né di Pietro) 1
-Papia di Ierapoli (Rimasti solo frammenti, parla della predicazione di Pietro a Roma e della stesura del Vangelo di Marco su richiesta dei romani che ne derivò, in Eus, op. cit., II, 15, 2) 0
-Anonimo, Didaché(5 paginette,Non parla né di Roma né di Pietro)1
-Clemente Romano (vescovo di Roma, parla del martirio di Pietro e Paolo definendoli “nostri apostoli”. Vedere il seguito.) 1
-Anonimo, A Diogneto (Sopravvissuta una lettera di 4 paginette, Non parla né di Roma né di Pietro)1

Ho dimenticato qualcuno? Vediamo dunque. Voi amici lettori siete riusciti a contare 20 opere?Io ne ho contate 14, di cui 7 sono lettere di Ignazio scritte ad altre comunità come Efeso o Tralle, ergo ridicolo domandarsi perché non ci parli della comunità di Roma. Delle restanti 7 opere apostoliche nessun altra c’entra qualcosa con Roma o parla di quella chiesa tranne l’epistola di Clemente che parla della comunità romana per confrontarla con quella di Corinto, e infatti saltano fuori Pietro e Paolo, tra le sette rimanenti c’è l’ottava lettera di Ignazio che abbiamo lasciato fuori dal computo precedente, cioè quella ai Romani, della quale abbiamo già discusso. Alla luce dei fatti parandosi dietro una quantità così misera di fonti, fonti brevissime e non storiografiche, e per giunta fonti che parlano di tutt’altro fuorché l’argomento in questione, un argumentum e silentio vale meno di una cicca. Questo signori miei si chiama metodo storco-critico, ed è il motivo per cui oggigiorno i biblisti protestanti non contestano più la venuta di Pietro a Roma.


“Se queste sono le tue "evidenze" allora è tutto chiaro. Qui non si accenna minimamente al luogo della morte (che certo era conosciuo nel 100 circa) e non si parla di crocifissione a testa in giù.”



Io non ho detto che ho cercato in questa fonte il luogo del martirio. Ho detto che la Tradizione consta di due elementi: il martirio è avvenuto a Roma e fu una crocifissione. Di queste due facevo unicamente notare come la seconda sia attestata nel NT.

E ora vorrei aprire una parentesi su delle nuove fonti, l’attestazione della morte di Pietro a Roma negli apocrifi dei primi due secoli.
Il primo passo è tratto da un testo apocrifo del I secolo (per la datazione si veda Cullmann, op.cit. pag. 150), l’Ascensione di Isaia, composto in tre parti e contenente una piccola apocalisse cristiana(Asc. Is: 3,13-4,18 ). Per chi volesse leggerlo in italiano lo potete trovare in M. Erbetta, Gli apocrifi del Nuovo Testamento, tomo III, 175-204. In questa apocalisse si trova un passo che dovrebbe riferirsi al martirio di Pietro. Si parla di un re ingiusto, di un matricida, nel quale si sarebbe incarnato Beliar(=il diavolo). In una finta profezia si predice che avrebbe perseguitato la piantagione piantata dai dodici apostoli del Diletto (del Figlio Diletto) e che uno dei dodici sarebbe stato dato in sua mano (Asc. Is 4,2 s.). Non c’è alcun dubbio che col re matricida si voglia indicare Nerone,. Questo nome si era attaccato saldamento all’imperatore. (Dione Cassio 62,18,4; Or. Sib. 4,121)Egli ha perseguitato la piantagione del diletto, cioè la Chiesa. Quando, in un siffatto contesto, si menziona uno dei dodici apostoli, non può trattarsi che di Pietro. Paolo non appartiene al gruppo dei dodici apostoli. Se il nome di Pietro non viene fatto esplicitamente ciò è dovuto allo stile apocalittico che procede per riferimenti indiretti. “Dato in mano a qualcuno” è una formulazione già di per sé minacciosa; ma se la mano di un matricida quella in cui si cade, può trattarsi solo del peggio. Merita di osservare che il passo connette ancora una volta la persecuzione della comunità e il destino di Pietro con Nerone. C’è uno stretto nesso tra questo testo e il frammento Rainer dell’Apocalisse di Pietro, anch’esso di fine I secolo (E. Peterson, Das Martyrium des hl. Petrus nach der Petrus-Apocalypse, in Frühkirke, Judentum und Gnosis, Roma, 1959, 88-91; O. Cullmann, op. cit. pag. 151)). Il passo rilevante ai nostri scopi recita: “Ecco, o Pietro, ti ho rivelato e spiegato tutto. Ora va nella città della prostituzione e bevi il calice che ti ho promesso dalle mani del figlio di colui che si trova nell’Ade. Cos la sua distruzione avrà inizio, ma tu sarai invece degno della promessa”. Anche qui collimano nello stesso discorso Nerone, Pietro e l’orizzonte escatologico. Importante è anche la concentrazione su Pietro che contraddistingue questa tradizione. Essa è più antica di quella che pone Pietro e Paolo in parallelo. Dovrebbe essere sorta come tradizione autonoma: essa ci diviene accessibile verso gli anni novanta del I secolo, cioè trent’anni dopo gli eventi. Questa distanza cronologica relativamente breve garantisce l’attendibilità del martirio romano di Pietro. In questa medesima decade rientra la composizione della prima lettera di Clemente, della piccola apocalisse contenuta nell’Ascensione di Isaia, dell’Apocalisse di Giovanni e certamente anche del testo contenuto nel frammento Rainer (da Gnilka, op. cit. pag. 114-115)
A ciò si aggiunga la testimonianza dello steso Pietro, o chi per lui, che scrive da Roma “vi saluta la comunità che sta in Babilonia”, che i commentari e la Bibbia stessa nell’Apocalisse identificano con Roma. Sull’identificazione nel tardo giudaismo e nel cristianesimo primitivo di Babilonia con Roma si possono vedere gli Oracoli Sibillini V, 59; Ap. Bar. 11,1; 67,7; e IV Esdra 3,1.18.21. Per il cristiani: Papia e Clemente Alessandrino (in Eus, Storia Ecclesiatica II, 15,2), Tertulliano, Adv. Judeos 9; Adv. Marcionem 3,13, molteplici in Origene ed Agostino, ecc. Per un elenco H. Fuchs, Der geistige Widerstand gegen Rom, 1938, pag 74 ss. E B. Altaner, art. Babylon, in Reallexikon fü Antike und Christentum, I, coll. 1121 ss, e O. Cullmann, op. cit. pag. 111(nota 65). Per i passi nella letteratura rabbinica Strack- Billerbeck, III, 816 e inoltre Num. R. 7; Midr. Ps 121). Ma ovviamente si veda l’Apocalisse, che da sola basta. Su questo lascio la parola al GLNT: la città di cui si profetizza la distruzione esiste già nel presente: Ap 17,18 “he gynê… estin hê (si noti l’articolo determinativo) polis hê megalê hê echousa(al presente!) basileian epi tôn basileôn tês gês, e non può che essere Roma, infatti sta sui sette monti (i sette colli di Roma), si è prostituita coi re della terra, anzi è la loro sovrana, e controlla i traffici commerciali in tutto il mondo. E’ l’impero romano. Tra l’altro il GLNT sulla questione Pietro a Roma ha questa esplicita uscita: la storicità della sia permanenza e del suo martirio in Roma non può più ormai essere messa in dubbio (vol. II, pag 10-12) Si aggiunga poi che apprendiamo da Giuseppe Flavio di come verso la metà del primo secolo gli Ebrei avevano abbandonato Babilonia e si erano trasferiti nella città di Seleucia (Ant. Giud. XVIII,9.8 ), e dunque sebbene abbiamo testimonianze di attività giudaica a Babilonia nei secoli successivi non sono credibili in questo periodo. L’interpretazione di Babilonia nell’epistola petrina come la città mesopotamica, e riferisco gli ipsissima verba di Cullmann visto che mi si accusa di portare solo studiosi cattolici, non è affatto verosimile né si appoggia alla tradizione cristiana posteriore, la quale non conosce in quelle regioni attività missionario di Pietro bensì solo dell’Apostolo Tommaso; si aggiunga il fatto che anche il Talmud babilonese menziona soltanto a partire dal III secolo la presenza di cristiani in questa regione (pag. 113)

Di particolare nota, tanto per ricordarci che la comunità di Roma non s’è inventata un mito da sola ma anche le altre comunità Asia sapevano che Pietro era stato là, la lettera di Dionigi di Corinto ai Romani del 170 d.C. riportata da Eusebio, II, 25,8 dove si menziona la predicazione dell’apostolo nell’Urbe. In un prossimo futuro faremo uno scandaglio più accurato di Ignazio e Clemente, ma per oggi basta, ergo

Continua…
Stationis primae finis, sed non itineris nec investigationis

[Modificato da Polymetis 26/11/2006 14.40]

26/11/2006 09:08
 
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Veramente un'ottimo lavoro quello di Polimetis.
26/11/2006 13:08
 
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Sarà un ottimo lavoro ma ero morto di sonno ed è da rivedere. Nel rileggerlo ho notato errori di sintassi, di ortografia(italiana e latina), e di battitura grandi come una casa. Mai postare di notte senza rileggere...

[Modificato da Polymetis 26/11/2006 13.23]

26/11/2006 22:04
 
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“Non esiste un consensus accademico su questa questione. “

Mi risulta un’altra cosa, ma non ne sono certo.

“Continui a non capire. Il fatto che un manuale sia in una bibliografia vuol dire che il docente è d'accordo col suo impianto generale, non che sia d'accordo con tutte le testi espresse dall'autore. Per adottare un testo non occorre considerarlo Vangelo.”

Si ma quando mi presento davanti al docente ed inizio ad esporre la mia tesi in linea con il testo, di certo il professore non può ribattere che la mia tesi è infondata, perché gli contesterei che il testo di riferimento dal quale studiare me lo ha dato lui ! E’ come se si inserisse un testo di quantistica che parla della teoria delle stringhe ed io dicessi che concordo con tale teoria ed il professore mi dicesse: “quella teoria non ha basi scientifiche”, io gli risponderei: “ma professore il libro che lei ha messo in bibliografia sostiene l’opposto !!”

“Se queste fonti non esistono allora è solo l'intepretazione di un autore su un argomento. “

Non credo che esista una fonte che dice: “Roma divenne la Chiesa più importante per questioni politiche e perché era la comunità fondata dal vinvicore della diatriba teologica contro i giudeocristiani” come potrebbe ? Tu sai bene che la storia la fanno i vincitori ! Ma se serissimi studiosi sostengono una tesi del genere, devono averla elaborata proprio dallo studio di tutte le fonti, dei contesti storico-sociali, ecc…

“E io ti potrei rispondere: il manuale del Jedin, professore all'università di Bonn, usato soprattutto il Germania, è di parere contrario: credi che lui non conosca le fonti?
Devi renderti conto di uno degli assunti dell'ermeneutica storica: non esistono i fatti, esistono le interpretazioni. “

Bene allora a me basta questa interpretazione per ora, perché è la più diffusa in ambito accademico.

“No, quelle fonti dicono Paolo e Pietro, le ho riportate.”

Non sono ritenute storicamente attendibili.

“Ma di fonti opposte non ne ho vista ancora una, ergo... “

Non è necessario che vi siano, basta studiare i vari contesti storico culturali.

“Quali fonti non sarebbero attendibili e perché?”

Ad esempio Ireneo che nel suo scritto contro le eresie cerca di fondare l’autorità romana sui più importanti apostoli. Il suo intento è chiaramente apologetico e soprattutto fa di tutto per evidenziare come la sua visione teologica (quella paolina) sia quella ortodossa tramandata da Gesù a Pietro e a tutti gli apostoli. Siccome all’epoca era ancora vivo il ricordo di Pietro, oltre a Paolo dovette nominare Pietro quale cofondatore della comunità romana.

Saluti
Andrea

[Modificato da spirito!libero 26/11/2006 22.07]

27/11/2006 01:44
 
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“Si ma quando mi presento davanti al docente ed inizio ad esporre la mia tesi in linea con il testo, di certo il professore non può ribattere che la mia tesi è infondata, perché gli contesterei che il testo di riferimento dal quale studiare me lo ha dato lui !”

Non funziona così, esistono le lezioni. Se il docente non è d’accordo in alcuni punti col manuale basta che spieghi a lezione il suo punto di vista.

“Non credo che esista una fonte che dice: “Roma divenne la Chiesa più importante per questioni politiche e perché era la comunità fondata dal vinvicore della diatriba teologica contro i giudeocristiani” come potrebbe ? Tu sai bene che la storia la fanno i vincitori ! Ma se serissimi studiosi sostengono una tesi del genere, devono averla elaborata proprio dallo studio di tutte le fonti, dei contesti storico-sociali, ecc…”

Aspetto di sapere quali siano perché i contesti sono una cosa talmente sfumata che ognuno identifica il contesto che vuole, non essendo oggetti concreti ma paradigmi analitici devono per forza essere costruiti a partire da delle fonti che li suggeriscano. Io aspetto ancora di sapere quali siano, non discuto su degli ipse dixit.

“Bene allora a me basta questa interpretazione per ora, perché è la più diffusa in ambito accademico.”

Te lo ripeto: hai fatto una statistica? E non mi dire che quel manuale è molto diffuso, perché ti ho già detto che non vuol dire alcunché, non occorre che perché un manuale sia buono io debba essere d’accordo con tutte le sue tesi, specie questa che è così dibattuta. Anche qui a Venezia viene adottato, eppure il docente di storia del cristianesimo è un esponente di azione cattolica.

“Non sono ritenute storicamente attendibili.”

Da chi, perché, e su che basi.

“Non è necessario che vi siano, basta studiare i vari contesti storico culturali.”

E in base a che cosa li hai ricavati? L’unico contesto che io vedo nelle fonti è un odio viscerale per Roma imperiale in quanto persecutrice, l’apprezzamento della Chiesa di Roma in quanto sede del martirio di due apostoli, una presa di distanza dal potere politico in generale perché come dice la lettera a Diogneto bisogna essere nel mondo ma non del mondo.

“Ad esempio Ireneo che nel suo scritto contro le eresie cerca di fondare l’autorità romana sui più importanti apostoli. Il suo intento è chiaramente apologetico”

A questo ho già risposto: perché fare apologia dovrebbe equivalere a mentire? Ireneo è un vescovo di origine orientale, non ha mai avuto problemi a tenere la parte dei suoi fratelli greci quando serviva come nella disputa sulla Pasqua, ma soprattutto è il discepolo di un discepolo di Giovanni, ergo un testimone privilegiato della tradizione. Non sta inventando ma descrive una situazione, e da come la descrive la presuppone già nota. Inoltre se sta solo facendo apologia menzognera come tu sostieni è un tantino idiota. Non ha senso dire agli gnostici: ci sono molte chiese ma cito Roma perché è la più famosa, la Chiesa grandissima e antichissima a tutti nota, se poi questo non fosse vero. Proprio perché la sua autorità era grande cita Roma, non avrebbe avuto senso fare il contrario: i suoi lettori non erano dei tordi. Inoltre io vorrei proprio sapere perché siamo nuovamente caduti nel paradigma “colpevole fino a prova contraria”. Non capisco perché se una persona espone quella che è la sua opinione, allora, per il solo fatto che si difende, diventa automaticamente inaffidabile. Ma che follia è mai questa? Di questo passo i processi nei tribunali si chiuderebbero tutti con una condanna. Si dubita di una testimonianza solo se altri testimoni dicono il contrario, ed io non li ho ancora visti. Ma come, dall’alto della nostra ignoranza sul II secolo pensiamo di saperne di più su quel periodo di uno dei maggiori vescovi dell’ecumene?

“fa di tutto per evidenziare come la sua visione teologica (quella paolina) sia quella ortodossa tramandata da Gesù a Pietro e a tutti gli apostoli.”

Non capisco il problema. Una persona persona non ha il diritto di dire quella che crede sia la verità? Tu parti a priori dal postulato che menta.

“Siccome all’epoca era ancora vivo il ricordo di Pietro, oltre a Paolo dovette nominare Pietro quale cofondatore della comunità romana.”

Non capisco nulla di questa argomentazione. Le attestazioni del martirio di Pietro a Roma sono del I secolo, dunque non è che debba citare Pietro, lo fa è basta perché è corretto. Inoltre non è che “allora” era “ancora” vivo il ricordo di Pietro, il ricordo dell’apostolo infatti è vivo quanto ora e non capisco cosa voglia dire quell’ “ancora”.

Ad maiora

[Modificato da Polymetis 27/11/2006 1.48]

27/11/2006 17:48
 
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“Aspetto di sapere quali siano perché i contesti sono una cosa talmente sfumata che ognuno identifica il contesto che vuole”

Li ho riportati nei post precedenti nelle citazioni del testo di Lupieri.

“Te lo ripeto: hai fatto una statistica? E non mi dire che quel manuale è molto diffuso, perché ti ho già detto che non vuol dire alcunché, non occorre che perché un manuale sia buono io debba essere d’accordo con tutte le sue tesi”

Non sono d’accordo, ma anche ammettendo questa tua tesi, mi bastano i nomi che ho segnalato precedentemente perché io possa accettarne le teorie sul primato di Roma. I professori universitari di storia del cristianesimo che ho citato ed altri autorevoli studiosi (Mieier) sostengono che Roma divenne la chiesa preminente solo dopo il 4° secolo e che la comunità presumibilmente non fu fondata da Pietro ma da Paolo. Per me questo è, per ora, sufficiente.

“Da chi, perché, e su che basi.”

Evidentemente da tutti coloro che non credono alla fondazione della comunità da parte di Pietro. Sul perché ho già risposto.

“per il solo fatto che si difende, diventa automaticamente inaffidabile. Ma che follia è mai questa?”

Per ora non ho trovato nulla che confronti le citazioni di Ireneo con le tesi esposte, non appena avrò del materiale che attendo ne riparleremo. Tuttavia, non può certo essere sufficiente una citazione patristica per sostenere una tesi storicamente insostenibile.

“Si dubita di una testimonianza solo se altri testimoni dicono il contrario, ed io non li ho ancora visti”

Ma tu mi chiedi una cosa che è impossibile ! Tu mi chiedi una testimonianza precedente ad Ireneo che confuti la citazione futura di Ireneo !! Ma ti rendi conto dell’assurdità ? Semplicemente nessuno si era preso la briga si dire ciò che era ovvio, ossia che Pietro anche se andò a Roma, con quella comunità non centrava nulla ! Sai bene che il primato di Roma fu stabilito nel quinto secolo, se fosse come dici tu, perché non venne ritenuta tale sin dal II, III o IV secolo ? e ci volle un concilio per stabilirlo ?

“Al di sopra dell'organizzazione metropolitana, i vescovi delle tre sedi principali di Roma, Alessandria ed Antiochia, e poi, dalla fine del IV secolo, anche di quella di Costantinopoli, cominciano a esercitare una certa funzione di controllo sulle grandi aree soggette alla loro influenza; a partire dal V secolo essi sono chiamati patriarchi. La prima a conquistare una tale funzione centrale è Alessandria, già per la sua posizione naturale di unica grande città in un'area, per il resto, puramente agricola; poi viene Antiochia ed infine Roma, anche se, in un primo momento, soltanto per l'Italia centrale e meridionale”

(Verlag, Würzburg 1990. Traduzione italiana a cura di L. Sartori: Il Primato del Papa. La sua storia dalle origini ai nostri giorni, Queriniana, Brescia 1996)

Saluti
Andrea

[Modificato da spirito!libero 27/11/2006 17.50]

27/11/2006 19:51
 
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“Li ho riportati nei post precedenti nelle citazioni del testo di Lupieri.”

E dove mai delineerebbero il contesto da te affermato? Io ho banalmente chiesto di documentare in base a cosa si possa dire che Roma divenne preminente nel cristianesimo in base alla sua autorità imperiale. Inoltre non scorgi la contraddizione? Adesso mi dici che la preminenza di Roma è attestata solo dal IV secolo, cioè quando Roma era in declino e i centri di potere dell’impero erano stati spostati ad oriente, neppure era più capitale. Ma allora com’è possibile che si sia affermata nel IV secolo perché c’entro di potere imperiale? Sarebbe dovuta diventare chiesa Madre Nicomedia!

“ma anche ammettendo questa tua tesi, mi bastano i nomi che ho segnalato precedentemente perché io possa accettarne le teorie sul primato di Roma.”

Dev’essermi sfuggito, che professori hai citato a parte quelli all’interno del manuale di Filoramo e Menozzi?

“I professori universitari di storia del cristianesimo che ho citato ed altri autorevoli studiosi (Mieier) sostengono che Roma divenne la chiesa preminente solo dopo il 4° secolo”

Forse intendi Meier. Se è così, dove l’avrebbe affermato?

“e che la comunità presumibilmente non fu fondata da Pietro ma da Paolo.”

Non l’ha fondata nessuno dei due, e non è questo il senso della discussione. Non sto parlando di chi abbia portato la prima predicazione cristiana a Roma ma di chi abbia dato una struttura a quella chiesa.

“Evidentemente da tutti coloro che non credono alla fondazione della comunità da parte di Pietro.”

Mi spieghi dove io avrei affermato che la comunità di Roma è stata fondata da Pietro? Ho discusso con teodoro proprio di questo nell’intepretazione del passo di Ireneo.

“Per ora non ho trovato nulla che confronti le citazioni di Ireneo con le tesi esposte”

Infatti non ho citato solo Ireneo. Ho imbottito mio maxi post a Teodoro e Barnaba con citazioni di padri della Chiesa orientali ed esempi di interventi romani in Oriente (anche prima di Ireneo). Ma l’hai letto?

“Ma tu mi chiedi una cosa che è impossibile ! Tu mi chiedi una testimonianza precedente ad Ireneo che confuti la citazione futura di Ireneo !! Ma ti rendi conto dell’assurdità ?”

No, non ti ho domandato questo: ti ho chiesto una citazione che dica che Roma vada onorata particolarmente non in quanto sede del martirio di due apostoli ma in quanto capitale dell’impero romano.

“Sai bene che il primato di Roma fu stabilito nel quinto secolo, se fosse come dici tu, perché non venne ritenuta tale sin dal II, III o IV secolo ? e ci volle un concilio per stabilirlo ?”

Scusa ma siamo al delirio. Perché mai il primato di Roma fu stabilito nel V secolo? E di che Concilio stai parlando? Inoltre i Concili non creano dogmi, li ribadiscono. Forse hai in mente Nicea, che non è del V secolo ma di inizio IV, dove si legge: “In Egitto, nella Libia e nella Pentapoli siano mantenute le antiche consuetudini per cui il vescovo di Alessandria abbia autorità su tutte queste province; anche al vescovo di Roma infatti è riconosciuta una simile autorità. Ugualmente ad Antiochia e nelle altre province siano conservati alle chiese gli antichi privilegi.” Can VI

Questo passo, che non c’entra nulla col primato petrino inteso come auctoritas bensì tratta della giurisdizione romana come potestas, riguarda l’impossibilità di essere ordinato vescovo senza il consenso del metropolita. Non so se hai ben chiara la differenza tra il problema della giurisdizione romana in oriente, che si può dire non è mai esistita se non con la possibilità per un vescovo deposto di appellarsi a Roma, e dall’altra parte il problema del primato d’auctoritas dottrinale di Roma che con la giurisdizione ecclesiastica non c’entra nulla.

“perché non venne ritenuta tale sin dal II, III o IV secolo”

Non a caso ho riempito il mio post per Barnaba e Teodoro del 15/11 con esempi di esercizio del primato romano. Ripeto: l’hai letto?



“Al di sopra dell'organizzazione metropolitana, i vescovi delle tre sedi principali di Roma, Alessandria ed Antiochia, e poi, dalla fine del IV secolo, anche di quella di Costantinopoli, cominciano a esercitare una certa funzione di controllo sulle grandi aree soggette alla loro influenza; a partire dal V secolo essi sono chiamati patriarchi. La prima a conquistare una tale funzione centrale è Alessandria, già per la sua posizione naturale di unica grande città in un'area, per il resto, puramente agricola; poi viene Antiochia ed infine Roma, anche se, in un primo momento, soltanto per l'Italia centrale e meridionale”
(Verlag, Würzburg 1990. Traduzione italiana a cura di L. Sartori: Il Primato del Papa. La sua storia dalle origini ai nostri giorni, Queriniana, Brescia 1996)



Questa cosa è divertentissima. La citazione è copiata da qui, e anche l’assurdo modo di sare le coordinate: mondodomani.org/reportata/florio01.htm#rif11
Premessa. Hai copiato le coordinate dalla nota 8, ma non sapendo il tedesco hai scambiato verlag per il nome dell’autore(invece vuol dire casa editrice), che infatti non hai messo, ed è il buon Schatz, un gesuita!, di cui non conosci il pensiero. Il sottoscritto invece il libro ce l’ha, e siccome non hai le coordinate mentali del dibattito in testa hai frainteso completamente quanto afferma. Continui imperterrito a scambiare il problema della giurisdizione con quello dell’autorità dottrinale, quanto invece il buon Schatz ha riempito le prime 105 pagine del suo libro con esempi di intervento dell’autorità romana e su attestazioni del primato nei primi 4 secoli. Io ho solo un consiglio: non citare autori se non ne consoci il pensiero, e soprattutto non giocare con un dibattito storico così avanzato che richiede della categorie mentali proprie solo di chi è fa storia del dogma. Schatz stesso per chiarire il suo pensiero sul primato cita un testo di Wojtowytsch. Riprendo parte di quanto avevo già scritto a Barnabino. Si tratta qui di “riconoscere un’autorità superiore dei successori di Pietro, che tuttavia non può essere descritta adeguatamente con concetti giuridici. In linea di principio il vescovo di Roma non aveva poteri maggiori degli altri. Tuttavia, nella gerarchia delle autorità, il suo giudizio occupava il primo posto” (M. Wojtowytsch, Papsttum und Konzile von den Anfängen bis zu Leo I, Stuttgart, 1981, pag 392) Motivo per il quale scrive lettere, tutti si appellano a lui se in difficoltà, si vuole il suo parere, le sue lettere di comunione, ecc. Non è un mio obiettivo inquadrare il primato in categorie giuridiche, quelle verranno dopo come presa di consapevolezza del ruolo romano in un Oriente che si sbriciolava a suon di sinodi creati ad hoc per contraddire i propri avversari cristologici. Roma col suo ruolo chiave esercitato per uscire da questa situazione ha preso coscienza anche canonistica della sua posizione, con l’affermazione raggiunta anche nei Concili orientali che alcuni sinodi precedenti non erano validi perché Roma non vi aveva partecipato. Quello che gli eretici negano è l’esistenza di un primato di autorità dottrinale che esisteva in nuce sin da inizio II secolo (o fine I, Clemente). Di difendere l’esistenza di un primato giurisdizionale non importa niente a nessuno, ergo inutile che mi attacchi su questo punto, perché confonderesti ius e lex, consuetudine e norma.
27/11/2006 20:47
 
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“Roma divenne preminente nel cristianesimo in base alla sua autorità imperiale”

Non cambiare le carte in tavola io non ho detto questo. Io ho ricavato da ciò che ho letto, che Roma non sia divenuta la Chiesa preminente perché Pietro ne fu primo vescovo e fondatore ma perché fu una delle comunità paoline più importanti (dunque della corrente cristiana che vinse), perché fu Paolo a dirigerla e perché era il centro sociale dell’impero, non in base all’autorità imperiale, ci mancherebbe !!

“Inoltre non scorgi la contraddizione? Adesso mi dici che la preminenza di Roma è attestata solo dal IV secolo, cioè quando Roma era in declino e i centri di potere dell’impero erano stati spostati ad oriente, neppure era più capitale”

Nessuna contraddizione, difatti io non ho detto che nel II secolo Roma assunse l’autorità che dopo gli fu attribuita nel IV, ho detto che iniziò ad assumere “più importanza” il che è ben diverso.

“Forse intendi Meier. Se è così, dove l’avrebbe affermato?”

Allora anche tu non leggi i post, ti riporto quanto scrisse Teodoro:

“Pietro, origine di un primato" apparso a firma di J.P.Meier nel 2004. Pur non condividendo in pieno le tesi del grande Maier (di cui tutti credo conosciamo "Gesù, un ebreo marginale"), secondo cui il monoepiscopato sarebbe ravvisabile a Roma solo a partire dalla metà del II secolo, è lecito chiedersi quale fosse la struttura ecclesiale romana dalla comparsa dei primi cristiani (tra la fine degli anni 30 e gli inizi degli anni quaranta) all'arrivo di Paolo intorno all'anno 61. Chi resse la chiesa in questo lungo periodo (vent'anni!)? Se c'è un periodo in cui si può evocare una fase collegiale o un putativo collegio presbiterale come fa il prof.Meier, è proprio questo ventennio a dover essere chiamato in causa. Nessuno mette in dubbio che Pietro e Paolo godessero di autorità indiscussa, ma questo non fa automaticamente di Pietro il "primo vescovo di Roma". Tutto invece lascia pensare che l'istituto monoepiscopale sia stato introdotto a partire dalla scomparsa degli apostoli. Questi di certo avranno consacrato il primo vescovo Lino, ma nulla ci autorizza allora a identificare uno dei due apostoli come il primo vescovo della città, né come il fondatore di una comunità che esisteva già da lungo tempo e che evidentemente si reggeva in maniera collegiale almeno fino alla introduzione (a sua volta messa in discussione da Meier) del monoepiscopato.”

“Non l’ha fondata nessuno dei due, e non è questo il senso della discussione”

Intendevo dire fondata come autorità direttiva (cioè il primo apostolo che la diresse).

“Non sto parlando di chi abbia portato la prima predicazione cristiana a Roma ma di chi abbia dato una struttura a quella chiesa. “

Appunto Paolo.

“Infatti non ho citato solo Ireneo. Ho imbottito mio maxi post a Teodoro e Barnaba con citazioni di padri della Chiesa orientali ed esempi di interventi romani in Oriente (anche prima di Ireneo). Ma l’hai letto? “

No, me lo sono perso, lo vado a leggere, abbi pazienza sono a lavoro e sono ovviamente continuamente distratto e disturbato.

“ti ho chiesto una citazione che dica che Roma vada onorata particolarmente non in quanto sede del martirio di due apostoli ma in quanto capitale dell’impero romano. “

Ma come ho detto sopra, io non affermo esattamente questo ! Anche se fosse così, sarebbe impossibile trovare una citazione del genere. I detrattori non sapevano alcunché dell’autorità di una singola chiesa piuttosto che un’altra, mentre gli apologeti, come Ireneo, non potevano ne avevano alcun interesse a dire una cosa del genere.

“Scusa ma siamo al delirio. Perché mai il primato di Roma fu stabilito nel V secolo? E di che Concilio stai parlando?”

Errore di battitura volevo scrivere IV.

“Forse hai in mente Nicea”

Esatto.

“Questo passo, che non c’entra nulla col primato petrino inteso come auctoritas”

Noi stiamo parlando di Roma in qualità di Chiesa “prima” in ambito dottrinale non del primato di Pietro.

“Hai copiato le coordinate dalla nota 8, ma non sapendo il tedesco hai scambiato verlag per il nome dell’autore”

A volte sei irritante sai ? Meno male che non fai l’ispettore di polizia altrimenti. Comunque come ho già detto sopra ero in ufficio, ma è colpa mia, a volte la voglia di replicare mi fa far le cose male e di fretta. Dunque ho riportato quella citazione proprio perché veniva dal campo cattolico, visto che per te solo i cattolici sono studiosi seri assolutamente non di parte e con capacità ermeneutiche e storiche superiori ! e trovare un brano del genere da fonte cattolica mi ha oltremodo meravigliato e dunque l'ho riportato.

“Continui imperterrito a scambiare il problema della giurisdizione con quello dell’autorità dottrinale”

Questo può essere, anche perché siamo ai soliti giochi per salvare capra e cavoli e la citazione si Schatz che riporti sotto ne è la conferma. A me suona come dire:” si apparentemente la storia dice che il vescovo di Roma non aveva poteri maggiori degli altri, ma in realtà, anche se la storia dice tutt’altro, fidatevi di me, li vescovo di Roma era al primo posto !!” embè !

“soprattutto non giocare con un dibattito storico così avanzato che richiede della categorie mentali proprie solo di chi è fa storia del dogma”

Di certo io non faccio storia del dogma, mi occupo di cose serie, tu invece ? Tu fai come me, leggi e studi chi scrive libri in proposito. Sicuramente ne hai letto qualcuno più di me a tal proposito, ma ciò non toglie che io non sto esponendo farina del mio sacco, mi limito a riportare tesi e argomentazioni di accademici quotati e ben noti, il tuo unico problema è che non dicono quello che vorresti tu.


Saluti
Andrea

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