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L'autorità romana

Ultimo Aggiornamento: 14/02/2007 15:53
25/11/2006 23:19
 
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“Che cosa rimane da fare, metodologicamente, se non accettare il martirio di Pietro a Roma come un fatto?... A mio avviso questa conclusione è inevitabile, se ci si serve dei metodi e degli angoli visuali validi nell’ambito dello studio storico-critico del I e del II secolo dell’era cristiana” (K. Aland, Der Tod des Petrus in Roma, 1959, cit in. O. Cullmann, Il primato di Pietro, Bologna, Il Mulino, 1965, pag. 101)


Oscar Cullmann (pur favorevole alla tesi di Pietro a Roma) deve ammettere:
"Questi testi tardivi che affermano, ormai in crescente numero che Pietro è venuto a Roma e vi ha subito il martirio, non presentano alcun interesse storico, se non per chi si occupa di storia dei dogmi, perchè a lui mostrano la storia della tradizione" (O. Cullmann, op. cit., p.102)



Qui ci sono due problemi. In primis hai tagliato quanto scritto prima, ed è ciò che illumina le affermazioni successive. In secondo luogo la traduzione nell’edizione italiana è diversa (hai tradotto direttamente dall’originale o hai una versione italiana diversa? Citazione completa: “non è però corretto attribuire a tali tendenze l’invenzione del soggiorno e del martirio di Pietro a Roma: la funzione di esse può essersi limitata a sottolineare e a prolungare tradizioni più correnti. D’altra parte questi testi più tardivi, che con forza e uniformità sempre maggiori attestano che Pietro è stato a Roma e vi è morto martire, dal punto di vista storico possono avere per noi interesse soltanto per ciò che riguarda la storia dei dogmi, in quanto attestano lo sviluppo della tradizione”(pag. 154-155)
Quindi non definisce i testi “tardivi” ma solo “più tardivi” degli altri, il che è una constatazione temporale e non un giudizio, e non si dice che non hanno “alcun interesse storico”, né tanto meno che possano aver inventato tradizioni così dal nulla.


“Come ti ho detto Ireneo dice anche che Giovanni fu martirizzato a Roma prima di fuggire in Asia Minore. L'impressione è che Ignazio per impressionare i lettori utilizzasse tradizioni non troppo verificabili storicamente parlando.”



a)Non so di che testo di Ireneo stai parlando, probabilmente ti confondi con Tertulliano
b) Ireneo, vescovo proveniente dall’Asia minore ed in seguito venuto a Roma, è uno dei meglio informati su tradizioni di qualunque tipo grazie al suo legame con Policarpo.
c)Io non ho nessun problema a credere che anche Giovanni sia passato per Roma, ma visto che non so neppure di che testo tu stia parlando sospendo il giudizio prima di analizzarlo. Spero che non si riveli un altro caso di Gesù sopravvissuto alla crocifissione e morto a 50 anni.


“ti ho solo detto che io, come molti storici non cattolici, non ci leggiamo tutto questo. Io vi leggo una forzatura.”



Il fatto che ci siano opinioni diverse su una medesima questione non implica logicamente che tutte queste siano ugualmente probabili. Il mondo è bello perché vario, io mi sono limitato ad esporre i documenti che a mio avviso chiariscono la posizione del cristianesimo primitivo, compito benevolo lettore farsi un’opinione.


“In quella circostanza Policarpo sostiene la sua posizione invocando l'autorità di Giovanni mentre Aniceto secondo Eusebio la fa risalire al costume presbiteri (e non episcopi) prima di lui e non all'autorità maestosa di Pietro.”



Questa non è una questione dogmatica ma di tradizione ecclesiale, è della stessa importanza del digiuno del venerdì e del giorno di carnevale.
Innanzitutto vediamo come questa sia solo l’ennesima conferma del primato d’auctoritas romano, infatti Policarpo va a consultare la Chiesa di Roma. Aniceto e Policarpo non riuscirono a trovare un accordo sulla questione quartodecimana e così riconobbero vicendevolmente valide entrambe le prassi ecclesiali. Il che era una soluzione saggia, nulla vietava che potessero coesistere insieme: celebrarono la comunione eucaristica e si separarono in pace (Dalla lettera di Ireneo a Vittore, in Eus, Storia Ecclesiastica, 24,16). Policarpo in quell’occasione si richiamò a Filippo e a Giovanni, di cui era allievo. Perché Roma non si richiama a Pietro? Aniceto non poteva gloriarsi, come Policarpo, di rapporti diretti con gli apostoli. Inoltre un mancato richiamo agli apostoli di Roma si può facilmente spiegare con la coscienza che la comunità di Roma aveva del fatto che la cerimonia pasquale era stata introdotta di recente e non risaliva all’età apostolica. (Per tutto questo si veda O. Cullmann, Il primato di Pietro, pag. 153). Non ci si è cioè richiamati a Pietro perché si sapeva che non fu lui l’iniziatore di questa tradizione.


“Abbiamo il silenzio totale di una ventina di libri e lettere. Niente male, non credi?”



Non se questi scritti parlano di tutt’altro fuorché Roma. Gli argumenta e silentio notoriamente non valgono nulla, valgono qualcosa solo nel caso ci sia un silenzio su qualcosa in un testo che tratta proprio di quell’argomento. Ad esempio se mi dicono che Cesare è il comandante della campagna in Gallia ma in un testo coevo sulla guerra gallica nessuno mi nomina mai Cesare posso pensare che ci sia sotto qualcosa. Ora analizzando la miseria che c’è rimasta dell’epoca apostolica bisogna considerare quali testi avrebbero avuto l’occasione di parlare di Pietro a Roma, perché degli altri è ovvio che l’assenza di menzioni su Pietro a Roma è equivalente all’assenza di menzioni della ricetta per cucinare i cannelloni, giacché semplicemente quell’argomento non c’entra nulla col testo. Si ha occasione di parlare di Pietro a Roma ovviamente se si parla di Roma. Analizziamo dunque nei Padri Apostolici quanti scritti ci siano rimasti che parlino della comunità di Roma o di Roma in generale.

-Ignazio di Antiochia, (otto lettere di una paginetta ciascuna rimaste, parla di Pietro e Paolo proprio nelle lettera ai romani, proprio come in quella agli Efesini che erano depositari dell’insegnamento di Paolo parlo di lui) 8
-Pseudo-Barnaba, (sopravvissuta una lettera di otto paginette su questioni giudaiche, non parla né di Roma né di Pietro) 1
-Erma (Uno scritto rimasto, Il pastore d’Erma, un’opera in visioni che ha tutto fuorché la realtà di cui occuparsi, credo che sarebbe più probabile trovare menzione di Pietro in un libro di oroscopi) 1
-Policarpo di Smirne, (1 lettera di una paginetta rimasta, non parla né di Roma né di Pietro) 1
-Papia di Ierapoli (Rimasti solo frammenti, parla della predicazione di Pietro a Roma e della stesura del Vangelo di Marco su richiesta dei romani che ne derivò, in Eus, op. cit., II, 15, 2) 0
-Anonimo, Didaché(5 paginette,Non parla né di Roma né di Pietro)1
-Clemente Romano (vescovo di Roma, parla del martirio di Pietro e Paolo definendoli “nostri apostoli”. Vedere il seguito.) 1
-Anonimo, A Diogneto (Sopravvissuta una lettera di 4 paginette, Non parla né di Roma né di Pietro)1

Ho dimenticato qualcuno? Vediamo dunque. Voi amici lettori siete riusciti a contare 20 opere?Io ne ho contate 14, di cui 7 sono lettere di Ignazio scritte ad altre comunità come Efeso o Tralle, ergo ridicolo domandarsi perché non ci parli della comunità di Roma. Delle restanti 7 opere apostoliche nessun altra c’entra qualcosa con Roma o parla di quella chiesa tranne l’epistola di Clemente che parla della comunità romana per confrontarla con quella di Corinto, e infatti saltano fuori Pietro e Paolo, tra le sette rimanenti c’è l’ottava lettera di Ignazio che abbiamo lasciato fuori dal computo precedente, cioè quella ai Romani, della quale abbiamo già discusso. Alla luce dei fatti parandosi dietro una quantità così misera di fonti, fonti brevissime e non storiografiche, e per giunta fonti che parlano di tutt’altro fuorché l’argomento in questione, un argumentum e silentio vale meno di una cicca. Questo signori miei si chiama metodo storco-critico, ed è il motivo per cui oggigiorno i biblisti protestanti non contestano più la venuta di Pietro a Roma.


“Se queste sono le tue "evidenze" allora è tutto chiaro. Qui non si accenna minimamente al luogo della morte (che certo era conosciuo nel 100 circa) e non si parla di crocifissione a testa in giù.”



Io non ho detto che ho cercato in questa fonte il luogo del martirio. Ho detto che la Tradizione consta di due elementi: il martirio è avvenuto a Roma e fu una crocifissione. Di queste due facevo unicamente notare come la seconda sia attestata nel NT.

E ora vorrei aprire una parentesi su delle nuove fonti, l’attestazione della morte di Pietro a Roma negli apocrifi dei primi due secoli.
Il primo passo è tratto da un testo apocrifo del I secolo (per la datazione si veda Cullmann, op.cit. pag. 150), l’Ascensione di Isaia, composto in tre parti e contenente una piccola apocalisse cristiana(Asc. Is: 3,13-4,18 ). Per chi volesse leggerlo in italiano lo potete trovare in M. Erbetta, Gli apocrifi del Nuovo Testamento, tomo III, 175-204. In questa apocalisse si trova un passo che dovrebbe riferirsi al martirio di Pietro. Si parla di un re ingiusto, di un matricida, nel quale si sarebbe incarnato Beliar(=il diavolo). In una finta profezia si predice che avrebbe perseguitato la piantagione piantata dai dodici apostoli del Diletto (del Figlio Diletto) e che uno dei dodici sarebbe stato dato in sua mano (Asc. Is 4,2 s.). Non c’è alcun dubbio che col re matricida si voglia indicare Nerone,. Questo nome si era attaccato saldamento all’imperatore. (Dione Cassio 62,18,4; Or. Sib. 4,121)Egli ha perseguitato la piantagione del diletto, cioè la Chiesa. Quando, in un siffatto contesto, si menziona uno dei dodici apostoli, non può trattarsi che di Pietro. Paolo non appartiene al gruppo dei dodici apostoli. Se il nome di Pietro non viene fatto esplicitamente ciò è dovuto allo stile apocalittico che procede per riferimenti indiretti. “Dato in mano a qualcuno” è una formulazione già di per sé minacciosa; ma se la mano di un matricida quella in cui si cade, può trattarsi solo del peggio. Merita di osservare che il passo connette ancora una volta la persecuzione della comunità e il destino di Pietro con Nerone. C’è uno stretto nesso tra questo testo e il frammento Rainer dell’Apocalisse di Pietro, anch’esso di fine I secolo (E. Peterson, Das Martyrium des hl. Petrus nach der Petrus-Apocalypse, in Frühkirke, Judentum und Gnosis, Roma, 1959, 88-91; O. Cullmann, op. cit. pag. 151)). Il passo rilevante ai nostri scopi recita: “Ecco, o Pietro, ti ho rivelato e spiegato tutto. Ora va nella città della prostituzione e bevi il calice che ti ho promesso dalle mani del figlio di colui che si trova nell’Ade. Cos la sua distruzione avrà inizio, ma tu sarai invece degno della promessa”. Anche qui collimano nello stesso discorso Nerone, Pietro e l’orizzonte escatologico. Importante è anche la concentrazione su Pietro che contraddistingue questa tradizione. Essa è più antica di quella che pone Pietro e Paolo in parallelo. Dovrebbe essere sorta come tradizione autonoma: essa ci diviene accessibile verso gli anni novanta del I secolo, cioè trent’anni dopo gli eventi. Questa distanza cronologica relativamente breve garantisce l’attendibilità del martirio romano di Pietro. In questa medesima decade rientra la composizione della prima lettera di Clemente, della piccola apocalisse contenuta nell’Ascensione di Isaia, dell’Apocalisse di Giovanni e certamente anche del testo contenuto nel frammento Rainer (da Gnilka, op. cit. pag. 114-115)
A ciò si aggiunga la testimonianza dello steso Pietro, o chi per lui, che scrive da Roma “vi saluta la comunità che sta in Babilonia”, che i commentari e la Bibbia stessa nell’Apocalisse identificano con Roma. Sull’identificazione nel tardo giudaismo e nel cristianesimo primitivo di Babilonia con Roma si possono vedere gli Oracoli Sibillini V, 59; Ap. Bar. 11,1; 67,7; e IV Esdra 3,1.18.21. Per il cristiani: Papia e Clemente Alessandrino (in Eus, Storia Ecclesiatica II, 15,2), Tertulliano, Adv. Judeos 9; Adv. Marcionem 3,13, molteplici in Origene ed Agostino, ecc. Per un elenco H. Fuchs, Der geistige Widerstand gegen Rom, 1938, pag 74 ss. E B. Altaner, art. Babylon, in Reallexikon fü Antike und Christentum, I, coll. 1121 ss, e O. Cullmann, op. cit. pag. 111(nota 65). Per i passi nella letteratura rabbinica Strack- Billerbeck, III, 816 e inoltre Num. R. 7; Midr. Ps 121). Ma ovviamente si veda l’Apocalisse, che da sola basta. Su questo lascio la parola al GLNT: la città di cui si profetizza la distruzione esiste già nel presente: Ap 17,18 “he gynê… estin hê (si noti l’articolo determinativo) polis hê megalê hê echousa(al presente!) basileian epi tôn basileôn tês gês, e non può che essere Roma, infatti sta sui sette monti (i sette colli di Roma), si è prostituita coi re della terra, anzi è la loro sovrana, e controlla i traffici commerciali in tutto il mondo. E’ l’impero romano. Tra l’altro il GLNT sulla questione Pietro a Roma ha questa esplicita uscita: la storicità della sia permanenza e del suo martirio in Roma non può più ormai essere messa in dubbio (vol. II, pag 10-12) Si aggiunga poi che apprendiamo da Giuseppe Flavio di come verso la metà del primo secolo gli Ebrei avevano abbandonato Babilonia e si erano trasferiti nella città di Seleucia (Ant. Giud. XVIII,9.8 ), e dunque sebbene abbiamo testimonianze di attività giudaica a Babilonia nei secoli successivi non sono credibili in questo periodo. L’interpretazione di Babilonia nell’epistola petrina come la città mesopotamica, e riferisco gli ipsissima verba di Cullmann visto che mi si accusa di portare solo studiosi cattolici, non è affatto verosimile né si appoggia alla tradizione cristiana posteriore, la quale non conosce in quelle regioni attività missionario di Pietro bensì solo dell’Apostolo Tommaso; si aggiunga il fatto che anche il Talmud babilonese menziona soltanto a partire dal III secolo la presenza di cristiani in questa regione (pag. 113)

Di particolare nota, tanto per ricordarci che la comunità di Roma non s’è inventata un mito da sola ma anche le altre comunità Asia sapevano che Pietro era stato là, la lettera di Dionigi di Corinto ai Romani del 170 d.C. riportata da Eusebio, II, 25,8 dove si menziona la predicazione dell’apostolo nell’Urbe. In un prossimo futuro faremo uno scandaglio più accurato di Ignazio e Clemente, ma per oggi basta, ergo

Continua…
Stationis primae finis, sed non itineris nec investigationis

[Modificato da Polymetis 26/11/2006 14.40]

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