Chi pronuncia l'effettiva disassociazione
Scusate se mi intrometto in questa discussione.
Non ho mai partecipato prima a questo forum.
Fino ad ora ho partecipato solo sul forum InfoTdG, dove continuo a contribuire.
Per chi desidera conoscere la mia esperienza, seguite il link:
http://www.infotdgeova.it/nicodemo.htm
Brevemente, sono un testimone che ha smesso di frequentare due anni fà.
Sono praticamente nato nella “verità”, battezzato nella mia adolescenza.
Ho servito come anziano per circa 30 anni.
La ragione per cui scrivo questo post, è che uno di voi mi ha inviato il link su questa discussione, per sapere cosa ne penso.
In generale sono d’accordo con il pensiero di BIKKI, FALLACARA ED IL GABBIANO ed altri.
Ho molto da dire sul soggetto che si sta discutendo, ma non ho tempo in questo momento, e mi voglio solo limitare a correggere certi dettagli inerenti alla procedura di disassociazione.
In particolare, vorrei correggere la sorella Ebe, che comprensibilmente, quando si parla di anziani, procedure teocratiche, Circolari dell’Organizzazione, non può sapere tutto, e quello che pensa di sapere in generale, se non è ciò che si può leggere (senza poi cercare di dare interpretazioni), sulle publicazioni dell’Organizzazione, è solo ciò che ha forse visto, ma che non è necessariamente la regola dell’Organizzazione, o solo ciò che altri, forse anche certi anziani non sempre con la dovuta conoscenza o esperienza, le hanno detto.
Il punto che faceva la sorella Ebe è che, al termine delle riunioni insieme al Comitato Giudiziario, gli anziani dicano al proclamatore che stanno “giudicando”, “
che la loro decisione era quella di raccomandare ( che vale a dire proporre ) alla Congregazione Centrale la mia disassociazione alla luce dei principi biblici che avevo violato.”
Se i suoi anziani hanno fatto
realmente ciò la sorella ha scritto, significa soltanto che non hanno capito quale è la prassi.
Sono dell’opinione che la sorella Ebe, invece, non ricordi esattamente ciò che le fù detto allora.
Sono stato non solo anziano per circa 30 anni, ma ho anche avuto molti incarichi nell’Organizzazione, e sono stato usato perfino come insegnante alla scuola degli anziani.
Ho partecipato a decine di comitati giudiziari e perfino comitati di appello.
Perciò, la prassi che vi spiegherò brevemente è quella che era in vigore fino a poco fà, quando ero ancora anziano, e non mi sembra che nulla sia cambiato nel frattempo.
Quando una persona è accusata o sospettata di aver violato una delle regole per le quali “non merita il regno di Dio”, ossia opere della carne, come dice Paolo, l’anziano che ne viene a conoscenza informa il Sorvegliante che Presiede.
Egli, dopo essersi accertato che per il “peccato”, esiste il motivo per formare un comitato giudiziario, invita due anziani a incontrare il “peccatore” per accertarsi dei fatti, ossia se si è ben capito di cosa si tratta, sia che la cosa sia stata confessata o riportata da altri.
Una volta comprese le implicazioni, SE il caso richiede un comitato giudiziario, allora se ne forma subito uno, il quale si occuperà della cosa.
Per esempio, nel caso ci fosse la testimonianza di un sol testimone, NON SI FORMA NESSUN COMITATO GIUDIZIARIO. Dunque anche se il peccato è grave, non si può sempre formare un comitato giudiziario. Ci si limiterà ad avvertire e dare suggerimenti appropriati secondo il caso.
Nel caso c’è la base per un comitato giudiziario, con tanto di scrittura che sostiene il caso e con almeno una confessione o due testimoni, allora la persona è invitata ad assistere al suo comitato giudiziario. La si deve informare in anticipo circa il peccato del quale viene accusata, e quando avrà luogo l’incontro con il Comitato Giudiziario.
Durante le riunioni del comitato, a volta a volta si ascoltano i testimoni, non in presenza dell’accusato, ne in presenza di altri testimoni, e alla fine, dopo forse una o due riunioni, il comitato, mentre l’accusato è ancora lì con loro, prende la decisione.
Per farlo, lasciano uscire l’accusato, che poverino rimane sulle spine per a volte anche un ora, e i tre membri del comitato rivedono i dettagli a loro disposizione.
Se c’è evidenza del peccato, ci sono due testimoni, si considera se ci sono le basi per usare misericordia. Se ci sono, l’accusato non verrà disassociato, ma gli saranno dati dei consigli e delle restrizioni, e non si annuncerà nulla in Sala.
Se invece, non ci sono le basi per usare misericordia, il comitato richiama l’accusato, e gli comunicano SEDUTA STANTE, che è stato disassociato.
NON C’E NESSUN BISOGNO DI PROPORRE NULLA ALLA BETEL.
Insieme alla comunicazione della sua disassociazione, si informa il colpevole impenitente, che se pensa si siano fatti degli errori nella procedura, esso ha 7 giorni per formulare un appello.
Se fosse vero ciò che ha affermato la sorella Ebe, allora non si direbbe alla persona che si ha appena disassociato che ha 7 giorni per appellarsi. Si aspetterebbe PRIMA che la Betel confirmi la disassociazione, e poi la si comunicherebbe all'interessato, e solo ALLORA inizierebbero i 7 giorni.
Questo solo fatto spiega perché il concetto che la Betel deve prima confermare la disassociazione non ha nessun senso.
Durante quei 7 giorni, non viene fatto nessun annuncio.
Poi si incoraggia il colpevole a pregare e cercare di tornare nell’ovile. Se penserà di essere pronto, allora protrà fare richiesta di riammissione, a suo tempo.
Però, immediatamente dopo la fine della riunione, si compilano i moduli di DISASSOCIAZIONE, e senza dover attendere NESSUNA RISPOSTA dalla società, dopo 7 giorni sono liberi di annunciarlo in sala.
Dunque, ribadisco ciò che hanno già detto altri, la pratica interna dell’Organizzazione non corrisponde affatto a ciò che è stabilito dagli statuti dell’Ente legale CCTdG.
Spero questo chiarisca che i soli che assumono tutta la responsabilità e l’onere di disassociare sono i tre componenti del comitato giudiziario. NON LA SOCIETA, che comunque anche se volesse intervenire, probabilmente non potrebbe farlo entro i 7 giorni, sapendo che ci vuole tempo per compilare i moduli di disassociazione e per farli pervenire per posta alla Betel.
Se ricordate il caso Pucci, in soli 45 minuti se ben ricordo, oltre 300 persone vennero “espulse” dalla CCTdG, sede centrale di Roma, cosa umanamente impossibile.
Per me, quella rappresenta solo la facciata “legale” che la CCTdG vuole dare alle effettive espulsioni già avvenute ciascuna individualmente a tutti gli effetti pratici, nelle rispettive congregazioni locali nelle settimane se non mesi precedenti all’atto “legale”, fatto assolutamente non contemplato da nessuno degli statuti vigenti dell’Organizzazione.
Con il tempo potrò darvi ulteriori informazioni se necessario.
Prima le Libertà e i Diritti Umani Fondamentali
Nick!
[Modificato da Cerebrale 27/07/2006 0.04]