“Tre che cosa? Di persone ne sono sempre rivelate due, e non equiparate.”
Ma davvero? Io invece vedo che di versetti in cui Dio si rivela in modo trinitario siamo pieni. Cosa può mai voler dire “battezzate tutte le genti nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo” se quest’ultimo altro non fosse che la forza impersonale burattino di YHWH? Che senso ha battezzare “nel nome” di una forza impersonale quando è già stato citato chi la controlla? E’ la stessa assurdità in cui ci si imbatte con leggendo Romani e credendo che lo Spirito sia una forza impersonale. “lo stesso modo anche lo Spirito viene in aiuto alla nostra debolezza, perché nemmeno sappiamo che cosa sia conveniente domandare, ma lo Spirito stesso intercede con insistenza per noi, con gemiti inesprimibili”(Rm 8,26) Qui siamo davanti ad un paradosso molto divertente se lo vediamo dal punto di vista dei TdG. Avremmo infatti che la forza impersonale di Dio, che come tale è pilotata da Geova a mo' di burattinaio, intercede presso di lui a favore dei credenti. Sarebbe cioè come se Geova sofrisse di una disassociazione mentale, sarebbe come un burattinaio che si fa convincere di qualcosa dalla marionetta inanimata che lui stesso pilota. Evidentemente a forza di muovergli la bocca coi fili s’è convinto che abbia vita propria…
Meditiamo su questo versetto: “Vi sono poi diversità di carismi, ma uno solo è lo Spirito(III), vi sono diversità di ministeri, ma uno solo è il Signore(II); vi sono diversità di operazioni, ma uno solo è Dio(I), che opera tutto in tutti.”(2Cor 1,21-22)
Siccome però sappiamo che YHWH è sia Spirito(Gv 4,24) sia Signore, e per bocca di Paolo stesso, allora o questo versetto ci sta dicendo che c’è un solo Dio e un solo Signore perché sia il padre, che il Figlio che lo Spirito sono il medesimo Dio e il medesimo Signore, oppure la scrittura si contraddice (il che ovviamente non sarebbe un problema se discutessi con qualcuno di serio, ma visto che i tdG credono all’inerranza delle Scritture les jeux sont faits…)
“Allora si è rivelato o non si è rivelato in visione?”
Sì, ma ho semplicemente detto che se anche non l’avesse fatto non sarebbe un problema, giacché la Bibbia usa una molteplicità di linguaggi.
“Questa interpretazione più che discutibile è semplicemente ridicola.”
Oltre agli insulti hai qualcosa che sia un’argomentazione? Ho solo fatto notare che il Giovanni l’acqua
viva è un simbolo dello Spirito Santo.
“La grazia e l'amore sono prerogative di persona”
Ma davvero? E il tenere uniti spiritualmente può essere frutto di una forza impersonale? Ma stai parlando di pezzi di legno incollati col vinavil o di persone? Se c’è una osa che Cristo insegna è che la vera unione può essere solo all’insegna di una persona: Dio.
Ma visto che sei interessato a caratterizzare l’amore come prerogativa di una persona vorrei intrattenerti con una piccola analisi pneumatologica che a suo tempo fede un certo vescovo di Ippona tanto avversato dai TdG. L’analisi della pneumatologia biblica conduce Agostino alla tesi per cui accanto all’espressione “Spirito Santo", anche i termini "amore" (caritas) e "dono" (donum) sono in senso stretto nomi dello Spirito Santo. Cominciamo con l'analisi della parola "amore", che è all'origine di questa formulazione di Agostino. (De Trin. XV, 17,27-18,32. 6 XV 17,31)
a) Il testo centrale, a partire dal quale egli sviluppa questa sua tesi, si trova nella prima lettera di san Giovanni:
Dio è amore (1 Gv 4,16). Agostino constata che questa espressione concerne anzitutto e fondamentalmente Dio come Trinità, ma che, tuttavia, esprime un elemento caratteristico dello Spirito Santo. C'è qui qualcosa di simile a quello che si verifica per i termini "sapienza" e "parola", che, da un lato, esprimono in generale delle qualità di Dio, ma che in un senso specifico sono dalla Bibbia relazionate al Figlio. Agostino trova la dimostrazione del senso pneumatologico di
caritas nel contesto della pericope di 1Gv 4,7-16 (XV,17,31). Qui è per lui decisivo un confronto testuale tra i versetti 12 + 16b e il verso 13:
Versetto 12: Se ci amiamo tra di noi, Dio rimane in noi.
Versetto 16b: Dio è amore, e chi rimane nell'amore, rimane in Dio.
Versetto 13: Da questo riconosciamo che noi rimaniamo in Lui ed Egli in noi, poiché Egli ci ha fatto dono del suo Spirito.
In un caso è l'amore che fa rimanere, nell'altro è lo Spirito Santo; nella struttura delle proposizioni citate il pennuta subentra all'amore e viceversa. O, alla lettera: «Lo Spirito Santo, di cui Egli ci ha resi partecipi, fa rimanere noi in Dio e Dio in noi; ma questo lo opera l'amore. Egli stesso, lo Spirito, è dunque Dio come amore». Per spiegare, Agostino aggiunge che Rm 5,5 dice:
L’ amore di Dio si è riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo, che ci è stato dato.
Mi pare che queste osservazioni risultino sostanzialmente congruenti: il dono di Dio è lo Spirito Santo. Il dono di Dio è l'amore, Dio si comunica nello Spirito Santo come amore. Anzitutto: la presenza dello Spirito Santo si manifesta essenzialmente nella modalità dell'amore. Essa è criterio dello Spirito Santo rispetto allo spirito malvagio; essa è, anzi, la presenza dello Spirito Santo stesso e, proprio in quanto tale, presenza di Dio. La sintesi essenziale e centrale di ciò che lo Spirito Santo è e opera non è, in definitiva, una "conoscenza", ma amore. Il concetto di spirito, la spiegazione di ciò che cristianamente è il totalmente altro di Dio, acquista contenuto, si concretizza ulteriormente. La piena spiegazione di questa affermazione si ha, poi, solo nella dimensione ecclesiologica, quando Agostino è, di fatto, costretto a chiedersi: «che cosa significa amore come criterio dello Spirito Santo e, quindi, anche come criterio dell'essere cristiani e della Chiesa?». Una importante precisazione si può derivare direttamente dall'analisi dello stesso testo giovanneo: criterio fondamentale dell'amore - che è in qualche modo il suo
opus proprium e, quindi, l' opus proprium dello Spirito Santo - è che esso realizzi un permanere. L'amore si dimostra nella costanza. Esso non può essere riconosciuto nell'istante e solo nell'istante, ma appunto nel fatto che rimane, che supera le oscillazioni e porta con sé qualcosa dell' eternità, e con ciò, a mio parere, è già data anche la stretta correlazione tra amore e verità: amore nel senso pieno può esserci solo dove c'è un permanere, dove c'è costanza. Proprio perché l'amore ha a che fare con il permanere, esso non può aver luogo dove capita, ma solo dove c'è eternità.
In questo modo viene delineandosi anche la struttura di fondo di un insegnamento sul discernimento degli spiriti e di un avviamento alla vita spirituale. Difatti, ora è chiaro che è sulla strada sbagliata chi cerca il
pneuma solo "al di fuori", in ciò che di volta in volta risulta imprevedibile. Chi lo fa, misconosce
l'opera fondamentale dello Spirito Santo: l'amore che unifica nel permanere. Qui si manifesta una decisione di grande peso: il pneuma deve essere cercato solo nella discontinuità o abita proprio nel "rimanere", nella costanza della fedeltà creatrice? Se la risposta come lo è la seconda, essa implica allora un'altra cosa: non c'è pneuma dove "si parla a nome proprio", dove "si cerca la propria gloria" e dove, per conseguirla, si creano delle fazioni. Lo Spirito si dimostra proprio nel «ricordare» (Gv 14,26) e nell'unire. Dovremo tornare ancora una volta su queste affermazioni, nelle quali la pneumatologia è divenuta per Agostino una concreta indicazione pratica. Intanto, però, proseguiamo con la nostra analisi.
b) Sia pur brevemente, vorrei, infatti, ricordare un secondo contesto scritturistico in cui Agostino ha trovato conferma al proprio modo di vedere, secondo cui con la parola "amore" la Sacra Scrittura intende riferirsi specificamente allo Spirito Santo.
Agostino mette ora a confronto i versetti 7 e 16 del quarto capitolo della prima lettera di san Giovanni e nell'interpretazione reciproca di questi due testi trova ancora una volta confermato quello che gli si era palesato dal confronto tra i versetti 12 e 16 e il versetto 13. Il versetto 16 dice:
Dio è amore. Nel versetto 7 si legge:
L'amore è da Dio. Da una parte, l'amore è dunque "Dio", dall'altra è "da Dio", vale a dire, mettendo insieme i due dati: esso è allo stesso modo "Dio" e "da Dio", esso è "Dio da Dio". Insieme con il nesso testuale precedentemente introdotto, questa constatazione pare chiarire ancora una volta che questo "Dio da Dio", questo Dio come forza del procedere e dell'incedere, come forza della nuova nascita, della nuova origine per l'uomo, è, appunto, lo Spirito Santo e che noi, in ciò che si è detto sull'amore, possiamo trovare una spiegazione di ciò che è lo Spirito Santo. (Per tutto questo si veda J. Ratzinger, La comunione nella Chiesa, Cinisello Balsamo, 2004, San Paolo, pag. 39-43)
“a comunione e opera di un elemento unificante e che ha la proprietà di un collante e non certo di una persona.”
E dunque sarebbero tenuti insieme da questa sorta di energia elettrica impersonale. Non c’è scritto: “la comunione allo Spirito Santo”, come nella vostra ridicola traduzione che dopo tre genitivi soggettivi guarda caso intende il terzo come genitivo oggettivo, bensì “la comunione dello Spirito Santo”, cioè l’azione parte dal soggetto.
(Da Mauri: per favore, come è stato fatto giustamente intendere, evitiamo appellativi dispregiativi a Geova)
[Modificato da MauriF 28/01/2007 10.44]